I segreti della schiuma del caffè
Difficoltà

Il caffè è una delle bevande più diffuse al mondo: bevuto quotidianamente da miliardi di persone, è preparato e consumato in molti modi diversi, che variano in base ai luoghi e alle tradizioni. Il nostro Paese è famoso nel mondo per essere la patria dell’espresso, una delle preparazioni più apprezzate della bevanda nera. La macchina espresso fu infatti inventata da Angelo Moriondo nel 1884 e poi perfezionata da Luigi Bezzera nel 1901. Più recentemente, l’invenzione delle capsule ha permesso di realizzare macchine compatte, che ci permettono di realizzare a casa un espresso di qualità simile a quello del bar.

Ciò che contraddistingue il caffè espresso rispetto a tutte le altre preparazioni e che giustifica il suo successo, è la leggera schiuma che si forma in superficie, chiamata tecnicamente crema. Quest’ultima dà al caffè una consistenza vellutata, che ne aumenta la piacevolezza in bocca. Inoltre impedisce l’evaporazione delle molecole dalla superficie del liquido, contribuendo a conservarne più a lungo gli aromi e la temperatura. Ma perché si forma la crema? Perché solo con la macchina a espresso e non con la moka? Ebbene, è tutta questione di… chimica! Indossiamo quindi il nostro camice e andiamo ad esplorare in dettaglio i misteri del caffè che beviamo tutti i giorni.

Come forse saprete, il caffè si ottiene a partire dai frutti di alcune piante, appartenenti alla specie Coffea arabica o Coffea canephora (conosciuta anche come robusta). I chicchi di caffè sono i semi contenuti all’interno dei frutti, che vengono tostati e poi macinati. La polvere così ottenuta viene infusa in acqua calda per produrre la bevanda caffè. I chicchi presentano originariamente un colore giallo-verde e contengono vari tipi di sostanze nutritive: principalmente carboidrati e zuccheri semplici, ma anche proteine, lipidi, acidi e ovviamente caffeina (di cui Maria ci aveva già parlato qui).

La tostatura è una prima tappa fondamentale, poiché è il processo che fornisce al caffè il suo caratteristico aroma. I chicchi vengono scaldati a una temperatura compresa tra 196 e 245° C, a seconda del grado di tostatura che si vuole ottenere. Si verificano a questo punto diverse reazioni chimiche. Innanzitutto, parte degli acidi viene liberata in aria, il che conferisce al caffè un gusto meno amaro di quello che avrebbe naturalmente. In secondo luogo, i carboidrati si scompongono in zuccheri semplici, che a loro volta caramellizzano, conferendo ai chicchi il colore bruno dorato che tutti conosciamo. Infine, i lipidi reagiscono tra loro e formano degli oli, che sono responsabili del caratteristico aroma del caffè tostato. Un prodotto secondario di tutte queste reazioni è l’anidride carbonica, che viene in parte rilasciata in aria e in parte intrappolata nei chicchi.

Dopo la tostatura, i chicchi sono macinati e ridotti in polvere. A questo punto, si può finalmente procedere alla preparazione del caffè. Nelle macchine espresso, ma anche nelle moke, la polvere di caffè viene pigiata all’interno di un filtro a imbuto, in modo da formare una massa compatta. Dell’acqua calda, a una temperatura compresa tra i 91 ed i 95° C, viene spinta attraverso questa massa: essa scorre negli interstizi tra i granelli di polvere ed estrae le sostanze nutritive, che si ritrovano quindi disciolte nella bevanda finale.

Il meccanismo illustrato fin qui è lo stesso sia per il caffè della moka sia per l’espresso. Ciò che fa davvero la differenza tra i due modi di preparazione non è quindi la temperatura, ma la pressione a cui l’acqua viene sottoposta. Le macchine espresso contengono una serie di pistoni e di valvole, progettati per portare l’acqua ad una pressione di 9-10 bar (1,013 bar è la pressione atmosferica al livello del mare). In tali condizioni, il tempo di infusione si riduce drasticamente rispetto ad altri metodi di preparazione, permettendo di ottenere una tazza di caffè in circa 30 secondi. Questa fu, peraltro, la ragione che spinse all’invenzione della macchina espresso.

L’alta pressione ha però anche un secondo significativo effetto: quello di estrarre dalla polvere di caffè non solo proteine e zuccheri, ma anche gli oli. Questi ultimi non sono solubili in acqua, ma si ritrovano nella bevanda finale sotto forma di microscopiche goccioline disperse nel liquido: un tale composto si definisce, in termini tecnici, un’emulsione. Il caffè espresso è quindi una miscela complessa: si tratta di un’emulsione di oli in un liquido, che a sua volta è una soluzione di proteine, zuccheri, acidi e caffeina disciolti in acqua.

[Percolazione dell’espresso e formazione della crema. Fonte: Wikipedia, Public Domain]

E la crema quindi cos’è? Dal punto di vista chimico, si tratta di una schiuma, ossia una miscela di bolle di gas immerse in un liquido. Il liquido è ovviamente il caffè che ho appena descritto, mentre le bolle sono costituite da anidride carbonica e hanno varie dimensioni, comprese tra i 10 ed i 100 micron. Per avere un buon espresso, la crema deve costituire almeno il 10% del volume totale della tazzina, che tipicamente è di 25-30 ml.

L’anidride carbonica è un prodotto delle reazioni chimiche che accompagnano il processo di tostatura, e che rimane in parte intrappolata nei chicchi. In seguito alla macinatura essa si volatilizza facilmente in aria: per tale motivo, al bar il caffè viene macinato sul momento o qualche minuto prima di preparare la bevanda, in modo da minimizzare la perdita del gas. Le bolle riescono a rimanere stabili a lungo grazie alle molecole organiche presenti nel caffè, in particolare gli zuccheri, che formano una pellicola resistente attorno alle bolle, impedendo loro di scoppiare. E’ stato infatti osservato che la crema può restare sulla superficie del caffè fino a 40 minuti.

Riassumendo, possiamo dire che la caratteristica principale dell’espresso è la sua cremosità, data dalla presenza di oli in emulsione e dalla crema, a loro volta conseguenza dell’alta pressione a cui viene spinta l’acqua nella macchina. La crema funge da isolante termico, rallentando il raffreddamento del liquido sottostante e mantenendo il caffè caldo più a lungo. Essa impedisce anche l’evaporazione degli aromi, motivo per cui il gusto dell’espresso è più deciso e persiste a lungo dopo aver finito di berlo.

La scienza del caffè è vastissima! Quello che ho raccontato oggi è una piccola goccia nell’oceano della conoscenza sui fenomeni chimici, fisici e biologici (nonché sociali e culturali) che si nascondono dietro la preparazione di una delle bevande più popolari al mondo. Se il tema vi interessa, potremo in futuro esplorarne altri aspetti. Nel frattempo, spero che il caffè del Bar Scienza sia stato di vostro gradimento!


Allegra Calabrese

Fonti