Il linguaggio della complessità
Difficoltà

Viviamo in un universo meraviglioso: stelle di plasma infuocato, galassie che si scontrano e asteroidi che viaggiano come proiettili impazziti nel cosmo, ma anche atomi perfettamente impacchettati in cristalli purissimi e molecole alla base della vita di creature meravigliose.

Troviamo tutto questo nell’universo, in perfetto equilibrio tra caos e ordine.

Ma dove finisce il caos e inizia l’ordine? É un quesito strettamente legato al concetto di complessità.

[di SofieZborilova da Pixabay]

Cos’è la complessità? Come stabiliamo che un essere umano è complesso e una particella, un protone per esempio, è semplice? E soprattutto, se un protone è semplice e un corpo umano, composto da protoni, è complesso, la domanda che sorge spontanea è:

Da dove deriva questa complessità?

L’universo al microscopio

Quando guardiamo un corpo umano ci focalizziamo su pochi elementi come il viso, gli occhi e i capelli. Ma così facendo stiamo solamente “vedendo” quel corpo, non lo stiamo guardando realmente, nel suo insieme.

Cambiamo, allora, punto di vista.

Prendiamo, per esempio, l’occhio. Questo è uno degli organi più complessi dell’intero corpo umano. Tra le varie componenti dell’occhio troviamo la retina, uno strato spesso poco più di un capello umano che contiene i fotorecettori grazie ai quali riusciamo a vedere e distinguere i colori.

Nello spessore di pochi capelli umani troviamo oltre cento milioni di fotorecettori – coni e bastoncelli per gli amici biologi – ognuno dei quali contribuisce alla nostra vista.


Ciascuno di questi fotorecettori è una cellula lunga meno di 100 micrometri contenente, tra i vari organuli, un nucleo delle dimensioni di pochi micrometri, circa 20 volte più piccolo di un capello umano. Il nucleo contiene il patrimonio genetico dell’individuo: patrimonio che è codificato nella doppia elica del DNA. Questa molecola, spessa circa 2 nanometri contiene coppie di basi azotate (le famose timina, adenina, citosina e guanina che abbiamo tutti studiato a scuola) in gran numero (un singolo cromosoma può contenerne diversi milioni).

[Per gentile concessione dell’autore]

Ciascuna di queste basi azotate è composta da un numero variabile di atomi di idrogeno, carbonio, ossigeno e azoto, delle dimensioni di 0,1 nanometri.

Ma possiamo andare ancora più in profondità. Gli atomi, infatti, sono ancora strutture complesse che presentano una semplicità intrinseca sottostante.

Gli atomi sono composti da un nucleo e da un certo numero di elettroni che vi “orbitano” attorno. Il numero di elettroni dipende dal tipo di elemento che stiamo considerando: atomi con un solo elettrone attorno al proprio nucleo saranno atomi di idrogeno, atomi con sei elettroni saranno atomi di carbonio e così via.

Se ingrandiamo ulteriormente troviamo il nucleo atomico. Questo è composto da protoni – in numero uguale agli elettroni – e neutroni. Ciascuno di essi è centomila volte più piccolo di un atomo ed è composto da particelle ancora più piccole: i quark e i gluoni.

Neutroni e protoni sono formati dai quark più comuni che si osservano in natura, i cosiddetti quark up e down. I gluoni fungono, invece, da collante tra i quark per consentire loro di formare strutture complesse come protoni, neutroni e altre particelle.

Siamo partiti da un occhio che contiene cento milioni di fotorecettori, i cui nuclei contengono miliardi di basi azotate, ognuna delle quali contiene una quindicina di atomi con un numero variabile di protoni e neutroni, composti dall’unità più elementare e intrinsecamente semplice che – al momento – conosciamo: il quark.

La complessità non sta solo nel numero

E’ dunque nel numero gargantuesco di elementi che sta la complessità? La singola unità, il quark, è semplice in quanto si tratta di un singolo elemento, di un’unità fondamentale? Mentre un occhio, un sistema macroscopico, è complesso in quanto formato da un gran numero di unità fondamentali?

Non solo.

La complessità di un sistema risiede anche, e soprattutto, nella complessità della descrizione che diamo di esso e del linguaggio che usiamo per descriverlo.

Il linguaggio naturale con cui descriviamo protoni, quark e gluoni è la meccanica quantistica che basa tutta la sua descrizione su una rigida formulazione matematica. L’occhio e i sistemi biologici, invece, trovano la loro descrizione nella biologia e nella biochimica.

Chiaramente biologia e meccanica quantistica sono due linguaggi estremamente differenti, ma allora come confrontare due sistemi che parlano lingue differenti?

Ci serve una traduzione. Possiamo quindi cercare una sorta di gerarchia tra linguaggi.

I sistemi biologici complessi, come possono essere piante, animali, o anche soltanto un singolo occhio – come detto in precedenza – trovano il loro linguaggio nella biologia. L’unità fondamentale di un sistema biologico è la cellula, la quale è composta da molecole che trovano una loro descrizione nella chimica. Queste molecole sono a loro volta composte da atomi, protoni e quark che vengono descritti dalla meccanica quantistica.

Ammettiamo di poter usare questa gerarchia per poter tradurre la descrizione di un sistema in un altro linguaggio.

In genere siamo portati ad affermare che la meccanica quantistica sia effettivamente un linguaggio complesso per descrivere quark che interagiscono tra di loro e che la biologia sia un linguaggio, per quanto complicato, più accessibile per descrivere un occhio.

Ma se uniformassimo il linguaggio, cercando di descrivere i miliardi di quark presenti in un singolo occhio umano tramite la meccanica quantistica? Ecco allora che emerge la complessità intrinseca di un sistema macroscopico.

La vera complessità di un sistema risiede nel modo in cui decidiamo di descriverlo. Esistono linguaggi più semplici, adatti a determinati sistemi, come l’occhio umano, ma la semplicità è solo apparente e nasconde una profonda complessità intrinseca.


Davide Laudicina

Laureato in Fisica Teorica all’Università di Milano-Bicocca, attualmente dottorando in fisica. Orgogliosamente Nerd, nel tempo libero ho sviluppato una dipendenza da serie TV, fumetti e libri e una malsana attitudine nel perdermi durante escursioni in montagna.

Fonti:

  • Gell-Mann, Murray. Il quark e il giaguaro: Avventura nel semplice e nel complesso. Bollati Boringhieri, 2017.