Addio notti stellate per Orbital Display e per 60 satelliti? No!

Prendo spunto da un articolo apparso sulla stampa recente (a questo link ne trovate la versione ospitata su Archive.org). Il giornalista, sfruttando un po’ la nostalgia del passato, alla “Una volta qui era tutta campagna”, ci annuncia: “Prepariamoci nuovi spunti romantici per le notti stellate, che non saranno mai più le stesse.

[Immagine di David Mark da Pixabay]

Accipicchia, direte voi: a cosa si deve questo “allarmismo”? Quasi con rassegnazione, l’Autore ci confida che dal 2021, con il lancio dei satelliti Orbital Display, il cielo notturno verrà popolato di “immensi banner luminosi su cui apparirà la pubblicità scritta in cielo, leggibile di notte da sette miliardi di umani.”
L’articolista rincara poi la dose: “Ma ancora di più dovremo già preoccuparci di 60 nuovi satelliti, che sono in orbita da qualche giorno.” E poi parte lo “spiegone” sul progetto Starlink, il quale usa satelliti ben diversi da quelli, per ora ipotetici, di Orbital Display.

Quello che però il giornalista forse ignora è che, proprio mentre sto scrivendo queste righe, in orbita bassa (la cosiddetta LEO, “Low Earth Orbit”) sopra di noi stanno orbitando più di 2000 satelliti operativi [1], di cui circa 900 americani. Ben più di sessanta, quindi.

Alcuni siti, come N2YO.com, sono in grado di seguire circa 19.700 oggetti, tra satelliti e detriti vari, lanciando l’allarme se qualche oggetto sta rientrando nell’atmosfera, come è ad esempio avvenuto in passato [2] per la stazione spaziale cinese Tiangong-1, ammarata nel Pacifico senza danni a persone o cose ad Aprile 2018.

Inoltre, il record di lancio di satelliti con un singolo volo appartiene all’India [3], che con la missione PSLV-37 avvenuta nel 2017, ha spedito in orbita un totale di ben 104 satelliti di diversi Paesi; Personalmente, non ricordo alcun lamento sui giornali a riguardo. Probabilmente perché, se a farlo è una società privata americana, “fa più notizia”.

Starlink, sviluppata dall’americana SpaceX, è un’innovativa costellazione di satelliti ad alta tecnologia in grado di portare la qualità dei servizi Internet a un livello mai visto prima, e di farlo anche in zone in precedenza inaccessibili o non convenienti, lanciando in orbita fino a un massimo di 12.000 satelliti.

Peraltro, i satelliti di Starlink stanno lentamente salendo di quota [4], come originariamente previsto, rendendosi sempre meno visibili. Ci potranno mettere qualche settimana, perché i loro motori, che utilizzano l’effetto Hall, forniscono una spinta estremamente bassa (ma eco-friendly), quindi le modifiche all’orbita sono molto lente. Gli unici problemi, come riportato correttamente dall’INAF [5], l’Istituto Nazionale di Astrofisica, potrebbero esserci per quanto riguarda la radioastronomia, in particolare per quella in banda K. Su Twitter [6] lo stesso Elon Musk ha escluso che questa porzione dello spettro elettromagnetico verrà utilizzata, per cui, al momento, dobbiamo fidarci.

Rimane Orbital Display, direte voi.

Su questo, basta una semplice ricerca sul sito [7] della “società” che ha partorito questa “geniale idea”, per leggere che, intanto, l’area di visibilità di queste scritte pubblicitarie sarà di 50 Km quadrati. Quindi, non proprio “leggibile di notte da sette miliardi di umani”, salvo spostamenti di masse poco agevoli.
In secondo luogo, questa società (composta, si legge sul sito, da tre persone) si aspetta di raccogliere 25 milioni di dollari entro il primo Ottobre 2019, con l’obiettivo (traducendo dal sito) di realizzare lo sviluppo del prodotto e la ricerca del design (sotto il profilo dello sviluppo ingegneristico e tecnico), di effettuare il test delle specifiche della prima formazione, i primi due cubesats, la realizzazione della stazione di controllo missione, test a terra, certificazioni, dimostrazione della tecnologia orbitale, e l’analisi dei test.

In definitiva, si direbbe che, di pronto, ci sia solo un sito. E poi, se voi voleste raccogliere 25 milioni di dollari entro quattro mesi, come vi definireste?
Il tempo dirà se questa idea prenderà corpo. Permettetemi un sano scetticismo, al momento.

Ad astra!

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Marco Cannavacciuolo
Appassionato di spazio sin da quando “divorava” il volume “Il mondo e lo spazio” di una famosa enciclopedia, è membro di un’associazione per la divulgazione astronomica e astronautica.
Collabora informalmente come astrofilo allo svolgimento di serate osservative in Liguria e frequenta un master in giornalismo e comunicazione.

Bibliografia e fonti:

  1. database della Union of Concerned Scientists, rintracciabile al sito: https://www.ucsusa.org/nuclear-weapons/space-weapons/satellite-database;
  2. N2YO.com. https://www.n2yo.com/satellite/?s=37820 ;
  3. ISRO (Indian Space Research Organisation, cioé l’agenzia spaziale indiana): https://www.isro.gov.in/launcher/pslv-c37-cartosat-2-series-satellite ;
  4. Phys.org. https://phys.org/news/2019-05-spacex-starlink-satellites-harder.html;
  5. INAF. https://www.media.inaf.it/2019/05/31/starlink-radioastronomia/ ;
  6. Elon Musk su Twitter https://mobile.twitter.com/elonmusk/status/1132905669110054912;
  7. startrocket.me https://startrocket.me/process/.