Quando ho iniziato la magistrale, non sapevo bene cosa avrei voluto fare nella vita.
Sapevo di voler studiare il comportamento animale, lavorare con gli animali (non importava di preciso quali) e, soprattutto, lavorare per gli animali.
Volevo trovare qualcosa che mi permettesse di aiutare umani e animali nella convivenza sullo stesso pianeta.
Il progetto di tesi che ho trovato, mi ha portato proprio sulla strada giusta: la valutazione del benessere animale, applicata nel campo dell’allevamento, in particolare agnelli e pecore.
In questo articolo, non voglio trattare l’allevamento dal punto di vista etico. Magari il prossimo articolo… Perché no?
Voglio qui introdurre il tema del benessere animale e come si è evoluto nella storia.
Quindi, detto questo: iniziamo il nostro viaggio!
La nostra storia comincia non troppo tempo fa, nel 1964, quando Ruth Harrison pubblicò un libro intitolato “Animal Machines”.
Il libro, che illustrava le condizioni di vita proprio degli animali d’allevamento, visti esclusivamente come prodotti, ponendo l’accento anche sul rischio per la salute umana, suscitò molto scalpore.
La reazione del pubblico fu così intensa che il Governo Britannico incaricò il professor Roger Brambell di investigare le pratiche di allevamento intensivo in Europa e, nel 1965, fu pubblicato il Brambell Commitee Report.
Nonostante le difficoltà nel definire il benessere animale, il Brambell Report ci fornisce una delle prime e più complete definizioni:
“benessere” è un termine ampio, che comprende la salute sia fisica che mentale dell’animale. Ogni tentativo di valutazione, di conseguenza, deve prendere in considerazione l’evidenza scientifica a disposizione circa le sensazioni degli animali, che possono derivare dalla loro struttura, dalle loro funzioni e anche dal loro comportamento.
Sulla base di questa definizione, nel Report è stata stilata una lista di principi per il buon allevamento che sono alla base di qualsiasi protocollo di benessere ancora oggi: le Cinque Libertà:
- libertà dalla sete, dalla fame e dalla malnutrizione;
- libertà dallo stress termico e fisico;
- libertà dal dolore, dalle ferite e dalle malattie;
- libertà di mostrare i pattern di comportamento tipici della specie;
- libertà dalla paura e dallo stress.
Dopo questo primo passo, ce ne sono stati molti altri nel corso degli anni, sia nei singoli stati che a livello europeo, specialmente per gli animali d’allevamento, come la “Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti” del 1976, la “Dichiarazione universale dei diritti degli animali” del 1978 e i “Trattati” di Amsterdam (1997) e di Lisbona (2007) che identificano gli animali come esseri senzienti.
E di passi se ne stanno facendo ancora oggi.
Infatti, le Cinque Libertà si focalizzano esclusivamente sulle esperienze negative, senza considerare che l’animale può provare anche esperienze positive.
Dunque, la qualità della vita animale viene oggi ad essere rappresentata da un bilanciamento tra esperienze negative ed esperienze positive, orientando i sistemi di allevamento da aspetti di mera sopravvivenza verso la necessità di fornire agli animali l’opportunità di vivere una vita che sia degna di essere vissuta.
Se ieri si poneva l’attenzione sulle esperienze negative, sulla necessità di ridurre e minimizzare lo stress, oggi ci si focalizza su fattori positivi, sviluppando misure per garantire un benessere animale “positivo” con particolare attenzione allo stato emotivo dell’animale.
E questi passi avanti non sono stati fatti solo per quanto riguarda gli animali d’allevamento, ma anche per gli animali ospitati nelle strutture zoologiche, che sono oggi delle importantissime oasi di conservazione e di ricerca, dove vengono rispettati i più alti standard di benessere.
Il concetto più ampio di benessere, oggi fondamentale, è quello della “One Health” per cui la salute umana è indissolubilmente legata a quella animale e a quella ambientale, basti pensare all’antibiotico-resistenza o alle zoonosi, malattie che si trasmettono da animali ad umani.
Questo è un approccio ideale, per raggiungere la salute globale, che ci fa capire come, senza rispetto per le forme viventi che con noi convivono su questo meraviglioso pianeta, anche noi non abbiamo molto futuro.
–
Isabella Manenti
Bergamasca, 25 anni. Da sempre appassionata di animali, mi sono laureata in scienze biologiche per poi intraprendere la strada dell’etologia. Mi rilassa stare in mezzo alla natura e osservarla, ascoltarla e annusarla, per ore.
Fonti ed approfondimenti:
- Webster, J. 2016. Animal welfare: freedoms, dominions and “a life worth living”. Anim. Open Access J. MDPI 6(6): p. 35;
- Mellor, D. J. 2016. Updating animal welfare thinking: moving beyond the “Five Freedoms” towards “A Life Worth Living”. Anim. Open Access J. MDPI 6(3): pp. 1–20;
- Destoumieux-Garzón, D. et al. 2018. The One Health Concept: 10 Years Old and a Long Road Ahead. Front. Vet. Sci. 5(14): pp. 1–13.
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