Buchi neri primordiali: se fossero loro la materia oscura?

[Figura 1. Crediti immagine: Pixabay]

5 – 70 – 25: queste sono le “misure” del nostro Universo. 

Ovvero, l’Universo è costituito per il 5% da materia barionica (la materia ordinaria, di cui siamo fatti), per il 70% da energia oscura, completamente sconosciuta, e per il rimanente 25% da materia oscura.

Che cosa sappiamo della materia oscura?

Innanzitutto, sappiamo (in maniera indiretta, non l’abbiamo osservata) che esiste, nonostante vi siano delle teorie cosmologiche, come le teorie MOND (MOdified Newtonian Dynamics), che vorrebbero farne a meno, andando a modificare la dinamica Newtoniana.

Perché dobbiamo ipotizzare l’esistenza della materia oscura? Non ci basta quella ordinaria?

Ci sono diversi indizi che portano alla necessità di introdurre questo nuovo tipo di materia. Una delle evidenze più belle, a mio parere, riguarda la curva di rotazione delle galassie.

Considerando la zona periferica di una galassia (alone della galassia), dalla meccanica classica uno si aspetterebbe una decrescita della velocità orbitale del gas in questa zona.

La velocità dovrebbe essere infatti:

v2=(GM)/r

dove M è la massa della galassia (in dettaglio, la massa entro il raggio r) e r la distanza dal centro.

Tuttavia, quello che si nota è che la velocità non diminuisce all’aumentare della distanza, ma rimane più o meno costante (v. Figura 2).

[Figura 2. Confronto tra la velocità di rotazione delle stelle osservata e quella attesa. Crediti immagine: Mario De Leo – Wikipedia]


Come risolvere il problema? 

Aumentando il valore al numeratore: visto che G è una costante, quello che possiamo aumentare è M.

Ma all’esterno della galassia non osserviamo grandi quantità di materia.

Quindi, che facciamo? Tarocchiamo i dati? 

Dove si nasconde la materia che ci aspettiamo?

Quello che vediamo noi è solo una parte, la parte relativa alla materia ordinaria, per la precisione.

D’altra parte, solo perché non vediamo qualcosa, non vuol dire che non esista.

Deve quindi esistere un tipo di materia che non interagisce elettromagneticamente (è quindi trasparente alla luce), ma interagisce gravitazionalmente.

Negli anni i fisici delle particelle e i cosmologi hanno ipotizzato diverse particelle che possedessero queste caratteristiche, come le WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles) o le ALPs (Axion – Like Particles).

Ad oggi non si ha evidenza sperimentale di nessuna di esse.

Un’altra ipotesi che ha iniziato a prendere piede dagli anni Settanta del secolo scorso, grazie ai lavori di Zel’dovich e Novikov e, successivamente, di Hawking, è quella che vede i buchi neri primordiali come possibili candidati per il ruolo di materia oscura.

Ora, tutti sappiamo cos’è un buco nero (ne abbiamo parlato in varie occasioni anche qui a Bar Scienza) e, di recente, è stato anche “fotografato” (espressione molto sbagliata, ma ci siamo capiti… se vi interessano approfondimenti su questa scoperta, vi rimando all’articolo di Benedetta).

Invece, che cos’è un buco nero primordiale?

Un buco nero primordiale è un buco nero che nasce nei primi istanti di vita dell’Universo.

Al momento questi buchi neri non sono stati confermati da osservazioni, pertanto si tratta di strutture ipotetiche

A differenza dei classici buchi neri, un buco nero primordiale non nasce mediante meccanismi astrofisici (es: come risultato di un evento di supernova), ma si genera come conseguenza di fluttuazioni di densità che avvengono durante l’inflazione (in questo articolo avevamo parlato del meccanismo di inflazione dell’Universo).

Per rendere il concetto, immaginate una tazza di latte con del muesli come il nostro Universo. Avrete delle zone con una densità media (il latte) e delle zone con un eccesso di densità (il muesli). In teoria avete anche delle zone con densità inferiore alla media, ma non ci interessano.

Ora, se andate a vedere il vostro muesli, la gran parte sarà costituito di piccoli fiocchi ma, ogni tanto, se siete fortunati, avrete dei fiocchi più grossi.

Ebbene, affinché si possa formare un buco nero primordiale, dobbiamo avere delle regioni con un eccesso di densità sufficiente… in pratica, ci interessano solo i fiocchi più grossi (e più buoni) del muesli. 

Nel tempo i cosmologi hanno proposto diversi meccanismi di formazione dei buchi neri primordiali. In base al particolare meccanismo e all’ampiezza della fluttuazione di densità si possono teoricamente avere buchi neri che coprono un ampio range di masse: da masse di 10-8 kg a masse pari a migliaia di volte la massa solare.

Hawking ha proposto un meccanismo di evaporazione dei buchi neri (che non spiegherò qui).

Secondo tale risultato, un buco nero evaporerebbe in un tempo dipendente dalla sua massa, pari a 

dove M* è la massa del Sole.

Vediamo quindi che solamente buchi neri con una massa superiore a 1015 g hanno tempi di evaporazione superiori a una decina di miliardi di anni.

Pertanto, solamente eventuali buchi neri primordiali con una massa superiore a tale valore possono essere sopravvissuti fino a oggi (ricordiamo che il nostro Universo ha un’età stimata di 13,8 miliardi di anni).

Nel corso degli anni sono stati condotti studi per cercare di capire se tali buchi neri possano effettivamente essere la materia oscura che stiamo cercando.

[Figura 3. Limiti posti da studi teorici e osservazioni sulla frazione di buchi neri primordiali che possono costituire la materia oscura in funzione della massa del buco nero. Crediti immagine: B. Carr, F. Kuhnel, “Primordial Black Holes as Dark Matter candidates”, ArXiv 2110.02821v3]


Nel grafico in Figura 3 vedete il risultato di questi studi, che raccolgono sia calcoli teorici, che analisi di dati di varia natura (eventi di microlensing gravitazionale, analisi della CMB, sistemi binari, …).

Sull’asse verticale è riportata la frazione di buchi neri primordiali che può costituire la materia oscura, sull’asse orizzontale è riportata la massa del buco nero primordiale (in grammi e in masse solari).

In corrispondenza di ogni valore di massa è previsto un limite per la frazione di buchi neri primordiali che possono formare la materia oscura. 

Tale limite è evidenziato dalle zone colorate, dove ogni colore indica un vincolo ottenuto attraverso un’analisi differente (in rosso il limite dovuto all’evaporazione dei buchi neri, in blu il limite dovuto agli studi su effetti di microlensing gravitazionale, in grigio il limite dovuto agli studi delle onde gravitazionali, in verde i limiti dovuti a effetti dinamici, in arancio il limite dovuto alla CMB, in viola il limite dovuto agli studi su strutture a grande scala, in azzurro il limite dovuto a calcoli di accrescimento).

In pratica, i valori possibili della frazione sono quelli al di sotto delle zone colorate.

Ad esempio, come anticipato, a causa dell’evaporazione avremo buchi neri primordiali con una massa di 1015 g non hanno rilevanza (la frazione di buchi neri primordiali di tale massa che possono costituire materia oscura è inferiore a 0,000001).

In generale, vediamo che vi sono limiti importanti su un ampio range di masse. Quindi, buchi neri primordiali con quelle masse non possono essere candidati al ruolo di materia oscura.

Ma non disperiamo… esiste infatti una finestra, nell’intervallo tra 1017 g e 1022 g, in cui, per il momento, non abbiamo limiti (in realtà esiste un’altra finestra, tra 1046 g e 1050 g, ma questa si ritiene meno probabile).

Ed è proprio in questa finestra che si concentreranno gli studi dei prossimi anni.

Tuttavia, le masse di eventuali buchi neri primordiali in questa finestra sono troppo piccole per riuscire a scoprire l’eventuale presenza di tali corpi con effetti di lente gravitazionale.

La formazione di tali buchi neri produce onde gravitazionali con frequenze di 10-3 Hz, una frequenza che LISA (Large Interferometer Space Antenna) sarà in grado di studiare.

Non ci resta quindi che aspettare.

L’ipotesi che la materia oscura sia costituita da buchi neri primordiali è, a mio parere, molto affascinante (anche se a diversi fisici non piace).

Tuttavia, come abbiamo visto, vi sono parecchie limitazioni in base agli studi condotti fino ad oggi.


Andrea Marangoni

Laurea Magistrale in Fisica con una tesi sui dischi circumstellari presso l’Università degli Studi di Padova.

Appassionato di scienza fin da bambino, tifoso della Juventus, nel tempo libero mi piace dedicarmi all’attività fisica. 

“I’m just a mad man in a box”.

Fonti: