Negli ultimi giorni sono in tanti a chiedersi come mai Cina e Albania si mostrino cosi solidali nei confronti dell’emergenza sanitaria italiana.
Si tratta di vera e propria riconoscenza.
La Cina
Iniziamo dallo scenario sinico: accadde tutto il 12 Maggio del 2008.
Quel giorno la contea di Wenchuan, nella provincia di Sichuan, fu colpita da un terribile terremoto di magnitudo 8.0.
Erano le 2 e mezza del pomeriggio, i ragazzi erano a scuola e i loro genitori a lavoro.
Il terremoto fu avvertito persino a Pechino e Shanghai, a quasi 2000 chilometri di distanza.
I morti accertati ammontarono a circa 70.000, quasi 20.000 i dispersi.
Gli edifici non rispettavano nessuna norma antisismica quindi furono rasi al suolo nella quasi totalità e numerose famiglie rimasero senza casa per anni.
Molte altre si ritrovarono senza figli.
In Cina vigeva e vige tutt’ora la politica del figlio unico: in quell’occasione il governo diede la possibilità alle vittime del terremoto di rivolgersi alle cliniche della fertilità per richiedere gratuitamente una reversione della vasectomia.
Come se questo – permettetemi una piccola considerazione personale – potesse in qualche modo cancellare il dolore di una perdita così devastante.
In quell’occasione il chirurgo d’urgenza Carola Martino – presidente dell’Associazione Italiana Medicina delle Catastrofi – guidò l’ospedale da campo italiano che volò nelle zone maggiormente colpite per offrire soccorso alle vittime di quella sciagura.
Furono i primi a giungere in aiuto.
Misero a disposizione della popolazione cinese medici, tende, lampade scialitiche, respiratori, attrezzature per i prelievi, sterilizzatori ad alta pressione e anestetici.
In pochi giorni diedero vita ad una struttura di assistenza che contava 300 tende e 5000 coperti.
Tutto il materiale fu poi lasciato in dono al momento del rientro in Italia.
Ecco che oggi, a distanza di 12 anni, quell’atto di solidarietà importantissimo viene ricambiato con un gesto altrettanto determinante per le nostre sorti: il 13 Marzo scorso sono atterrati a Fiumicino rianimatori, infermieri e pediatri, sotto la guida del vicepresidente della Croce Rossa cinese, Yang Huichuan, e del professore di rianimazione cardiopolmonare Liang Zongan.
Al seguito, 30 tonnellate di forniture mediche tra ventilatori, respiratori, elettrocardiografi, migliaia di mascherine e molti altri dispositivi sanitari.
L’Albania
Volgiamo ora lo sguardo su ciò che accadde lungo le coste brindisine il 7 marzo del 1991.
Decine di imbarcazioni, tra cui le famose navi Lirja, Tirana e Legend, avanzavano verso il porto, con a bordo più di 25 mila cittadini albanesi in fuga dagli anni del terribile regime comunista di Enver Hoxha e Ramiz Alia.
L’allora giovane sindaco di Brindisi li accolse con un messaggio inequivocabile: “Hanno solo fame e freddo, aiutateli”.
Gli italiani aprirono le proprie braccia verso tutte quelle persone stremate. Offrirono loro un letto morbido in cui riposare, un buon pasto per sfamarsi e un bagno caldo per il ristoro fisico e psicologico.
Ogni condominio organizzava pranzi collettivi e metteva a disposizione le stanze libere.
Qualche mese dopo, l’8 agosto, 20 mila albanesi sbarcarono al porto di Bari a bordo della nave Vlora.
Il loro arrivo stavolta venne gestito diversamente: molti vennero rinchiusi nello Stadio della Vittoria, altri fuggirono via.
Ma tantissimi baresi furono all’altezza della stessa ospitalità che nel marzo precedente avevano mostrato i brindisini.
Noi abbiamo sempre ricevuto dall’Albania la medesima accoglienza.
Infatti, tra Durazzo, Valona e Scutari, ma soprattutto a Tirana, si contano circa 20 mila italiani che ivi vivono, lavorano e studiano.
Dopo 29 anni, possiamo affermare con certezza che l’Albania non ha dimenticato: “Non siamo privi di memoria: non possiamo non dimostrare all’Italia che l’Albania e gli albanesi non abbandonano mai un proprio amico in difficoltà”, ha esordito il primo ministro albanese Edi Rama, in occasione della partenza della spedizione in aiuto al nostro paese.
“Oggi siamo tutti italiani, e l’Italia deve vincere e vincerà questa guerra anche per noi, per l’Europa e il mondo intero. L’Italia è casa nostra da quando i nostri fratelli e sorelle ci hanno salvato nel passato, ospitandoci e adottandoci mentre qui si soffriva. È vero che tutti sono rinchiusi nelle loro frontiere, e Paesi ricchissimi hanno voltato le spalle agli altri. Ma poiché noi non siamo ricchi e neanche privi di memoria, non abbandoneremo l’Italia”.
Così, lo scorso 29 Marzo all’aeroporto Valerio Catullo di Verona, con un volo speciale, è atterrato un team composto di 10 medici e 20 infermieri provenienti da Tirana, atterrati a Fiumicino il giorno precedente e diretti agli ospedali di Brescia e Bergamo.
Non possiamo che ringraziare tutti coloro che si dimostrano presenti e solidali in questo momento così delicato per il nostro Paese, certi che il loro contributo avrà un grande peso nell’esito positivo della vicenda.
E suggerirei a tutti di dimostrare la nostra riconoscenza prestando attenzione alla “ramanzina” che ci ha rivolto il team cinese, che non ha certo tardato ad arrivare: “c’è ancora troppa gente per strada”.
Mi unisco al loro suggerimento e vi invito caldamente a continuare a rimanere in casa, soprattutto ora che iniziamo a cogliere i primi, deboli segnali propiziatori.
Facciamolo per noi, per i nostri cari, perché nessuno, giovane o anziano, venga privato del diritto di un’adeguata assistenza medica ospedaliera; perché gli sforzi eroici di tanti medici, virologi, biologi, farmacisti, tecnici di laboratorio, infermieri, non siano vani; perché i rischi che tanti di noi, fattorini, cassieri e personale delle pulizie, stanno affrontando non si traducano in contagi certi.
#andràtuttobene
#iorestoacasa
–
Doriana Donno
Mi sono commossa nel leggere fino in fondo ciò che hai scritto. In realtà avevo già ascoltato le parole del presidente albanese e anche la ramanzina del team cinese. Eppure leggere questo articolo mi ha fatto riflettere ancor di più.Sono d’accordo con quanto scritto da Umberto Eco, e cioè che la libertà di parola ha fatto si che la maggior parte delle persone potesse esprimersi solo per “dare aria alla bocca”.
Grazie per il tuo commento Donatella!