Come gli studi sui geni miglioreranno le nostre cure: la Farmacogenomica

Il codice genetico degli esseri viventi racchiude tutte le informazioni che riguardano l’organismo: da caratteristiche estetiche come l’altezza, il colore degli occhi, la forma dei capelli, a come assimiliamo il cibo, come ci muoviamo ed è stato dimostrato che anche certi aspetti del nostro carattere e delle nostre tendenze comportamentali possono avere un’influenza genetica.

Diversi studi a questo proposito sono stati effettuati nell’ambito della psicologia criminale, ma potrebbero estendersi anche ad aspetti più comuni del nostro comportamento. Ad esempio, potrebbe esserci stata una predisposizione genetica a rendervi timidi quella volta e ad impedirvi di farvi avanti con la persona che vi piaceva tanto. Ricordate?

[di Alexis Reyna, Unsplash]

Sì che lo ricordate.

Ma a parte il carattere e le emozioni, quello che è certo, e che potrà costituire un enorme passo in avanti per la medicina, è il legame tra codice genetico e risposta individuale ai farmaci.

La farmacogenomica, come viene chiamata questa branca della biologia e della farmacologia, studia sia il genoma e i suoi prodotti, sia la risposta a livello cellulare ai principi attivi dei farmaci, al fine di trovare delle correlazioni. Si tratta quindi di individuare i geni coinvolti nelle reazioni biochimiche della risposta farmacologica, sequenziarli e analizzare la loro variabilità all’interno della popolazione (cioè quante diverse “versioni” del gene esistono).

La risposta interindividuale ai farmaci (che riguarda cioè più individui) tiene già conto di altri fattori (come sottolineato nei foglietti illustrativi che non leggiamo attentamente), quali ad esempio l’età, il sesso, l’etnia, altre patologie in corso, alimentazione e assunzione simultanea di altri medicinali.

Uno studio della risposta su base genetica può portare notevoli vantaggi; ad esempio, la riduzione del numero di casi di effetti indesiderati o di reazioni avverse ai farmaci, in quanto è possibile determinare se un individuo tollera un determinato farmaco e a quale dosaggio, permettendo una migliore impostazione della terapia.

Se ci pensate, questo ha un enorme conseguenza in termini di costi e di tempo: si evita infatti di somministrare un farmaco inutile se non dannoso ad un paziente e si può impostare una cura adatta il prima possibile.

Attualmente la farmacogenomica trova applicazione nel trattamento di malattie di diversa natura, come il morbo di Alzheimer, l’asma o la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).

Prendiamo quest’ultimo esempio per capire meglio il meccanismo. Prima di iniziare la terapia classica con l’Abacavir, i pazienti che presentano infezione da HIV vengono sottoposti ad un test di screening per una particolare variante genetica (chiamata HLA-B*5701) che, se presente, provoca una reazione avversa al farmaco. A questi pazienti quindi, servirà impostare una terapia differente, cosa possibile solo grazie a questo test di screening su base genetica (la cui importanza è notevole se consideriamo che tale variante è presente nel 5-8% dei pazienti affetti; una percentuale alta visto il numero di malati AIDS nel mondo, che supera i 30 milioni di individui).

Questo approccio è comunque ben lontano dall’essere di uso più “comune”, sia perché gli studi sono ancora in corso, sia perché le spese sono ancora troppo elevate (potrebbe servire infatti il sequenziamento dell’intero genoma, analisi che attualmente ha un costo che si aggira intorno al migliaio di euro). Tuttavia, la Food & Drug Administration mostra come siano ormai note 362 interazioni tra gene e principio attivo; numero che è sicuramente destinato a crescere. Negli Stati Uniti e in altre parti del mondo molte farmacie hanno messo a disposizione dei points of care testing (ossia analisi in prossimità del sito di cura) in cui raccogliere campioni utili da inviare ai laboratori di genetica per l’estrazione e il sequenziamento di tutto o parte del DNA.

Questo ramo potrebbe quindi conoscere degli interessanti sviluppi entro il prossimo decennio, non senza il rischio di sollevare delle questioni etiche molto importanti, ma delle quali vi parlerò più avanti.

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Davide Ghisi Laurea triennale in Scienze della Comunicazione, Tecniche di Laboratorio biomedico e laurea magistrale in Biotecnologie Mediche. Percorso di studi contorto, persona semplice. Mi appassiona tutto ciò che siamo e che facciamo.

Fonti:

  • “Impact of Behavioral Genetic Evidence on the Adjudication of Criminal Behavior”, Appelbaum, P., S. and Nicholas Scurich, N., J Am Acad Psychiatry Law., 2014;
  •  https://ghr.nlm.nih.gov/primer/traits/temperament ;
  • Ma, J., D., Lee, K., C., Kuo, G., M., HLA-B*5701 testing to predict Abacavir hypersensitivity, Plos Curr., 2010; 
  • “Pharmacogenomics and the Future of Pharmacy”, Sederstrom, J., Drug Topics, 2018;
  • https://www.fda.gov/drugs/science-research-drugs/table-pharmacogenomic-biomarkers-drug-labeling .
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