Cosa fa un Fisico nel XXI secolo
[da Needpix.com]

Da sempre l’uomo è rimasto affascinato dalla Natura e dai suoi fenomeni: i tuoni, il fuoco, il cielo stellato…

Per rispondere a questa sete di conoscenza, con il tempo si è inventato (o si è scoperto) e via via affinato un linguaggio che potesse descrivere in modo universale il mondo che ci circonda.

Nacquero così le prime figure di scienziati o, meglio, i primi filosofi naturali. 

Costoro cercavano di descrivere, attraverso modelli basati principalmente sulla simmetria (principio tuttora molto usato in Fisica Teorica), il moto dei pianeti e dei corpi celesti nel cielo.

Bisognerà però aspettare Galilei per poter parlare effettivamente di scienza.

Il fisico toscano, infatti, introdusse il concetto di “metodo scientifico”, che potremmo riassumere nella frase: “La teoria deve essere in accordo con l’esperimento”.

Fino ad allora i modelli, seppur cercassero di descrivere nel migliore dei modi i vari fenomeni, erano prevalentemente pure speculazioni, fondate su principi di estetica geometrica e, non di rado, sul principio di autorità.

Con il metodo sperimentale tutto questo viene meno: si può avere la teoria più sexy del mondo ma, se questa non prevede correttamente i risultati di un esperimento, non vale nulla.

Passano i secoli, si fanno più scoperte e gli strumenti matematici a disposizione degli scienziati migliorano sempre più. 

Si fanno passi da gigante nello studio del mondo microscopico (materia, atomi) e macroscopico (Universo).

Per il Fisico risulta necessario focalizzarsi principalmente sulla teoria e, di conseguenza, saper maneggiare molto bene la matematica, oppure sull’esperimento, inventando dei metodi per dimostrare o confutare le nascenti teorie.

Bene! 

Dopo aver riassunto in poche righe qualche millennio di storia della scienza, arriviamo agli ultimi anni, caratterizzati da uno strumento che nessuno scienziato aveva avuto prima: il computer.

L’enorme complessità dei fenomeni studiati dalla scienza odierna ha reso indispensabile l’affiancamento di questo strumento al cervello degli scienziati.

E non sto parlando solamente della complicatezza nello studio di violenti fenomeni che avvengono nell’Universo o, dall’altra parte, nello studio del mondo microscopico, dominato dalle leggi della Meccanica Quantistica.

Infatti, per avere a che fare con un fenomeno matematicamente complesso, basta osservare un fiume in regime turbolento: lo scorrere dell’acqua in tale regime, i vortici che si vengono a formare, non sempre sono esprimibili tramite semplici equazioni.

E, quando lo sono, vi sfido a trovare delle soluzioni per quelle equazioni.

E in tutti questi casi viene in aiuto il computer.

Già, ma come?

Questo strumento è estremamente rapido nello svolgere conti ma, tutto sommato, è stupido.
(P.S: mentre scrivo queste righe lo schermo mi è diventato viola)

Non possiamo quindi dire al computer: “Senti, ho questo problema: ho un fiume che scorre in regime turbolento, mi puoi calcolare le equazioni del moto e la traiettoria di una certa particella immersa nel fiume?

Il computer va istruito, gli va spiegato cosa deve calcolare e come lo deve calcolare: in pratica, dovete scrivere un programma.

E qui entra in gioco il Fisico Computazionale – scrivo fisico, ma ogni scienza ha il suo corrispettivo computazionale – ossia quella figura che si occupa di trascrivere in programmi la situazione da studiare o l’equazione da risolvere, o ideare algoritmi numerici.

Tutto semplice? Più o meno.

Infatti, uno dei problemi principali nella trasposizione del modello da studiare in un computer è quello che riguarda la discretizzazione.

Facciamo un esempio.

Consideriamo una stanza con un riscaldamento acceso e una finestra aperta.
(non fatelo, per amore dell’ambiente)

Se fossimo talmente bravi da riuscire a scrivere un’equazione che tenesse conto delle varie sorgenti di calore nella stanza e di come si muove l’aria all’interno, potremmo ricavarci una funzione temperatura T (x,t) che ci dà la temperatura esatta in ogni punto della stanza, ad ogni istante di tempo.

Questa cosa però è abbastanza difficile e, anche ammesso che riuscissimo a trovare una tale equazione (o un set di equazioni), non è detto che la sapremmo risolvere.

Non ci resta altro da fare che ricorrere all’aiuto del computer.

Nel fare questo dobbiamo però tenere presente che questo è rapido nel fare i conti, ma non può calcolare la temperatura in tutti gli infiniti punti della stanza.

Quello che dobbiamo fare è allora discretizzare la nostra stanza, cioè vederla come una scatola formata da un numero finito di punti, un po’ come le rappresentazioni dei cristalli, se volete.

Di conseguenza, tutte le operazioni che siamo soliti svolgere su carta e che hanno come riferimento un mondo continuo, devono essere tradotte nel programma mediante algoritmi che le discretizzino.

Una stanza è trasportata nel modello numerico in un insieme finito di punti
[di Prolineserver da Wikipedia]
CC BY-SA (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/)

Ovviamente, più punti abbiamo a disposizione nella nostra griglia, migliore sarà la nostra rappresentazione del modello reale.

Potremmo quindi pensare di fare una griglia finissima. 

Già, ma quanto?

Qui sta allo scienziato decidere un buon compromesso sulla base di diversi fattori, tra cui:

  • la potenza di calcolo della macchina su cui sta lavorando. Più punti nella griglia implicano infatti un maggior costo in termini di tempo macchina;
  • il modello che si sta studiando: se stiamo studiando l’evoluzione di un disco circumstellare avremo bisogno di una precisione differente da quella necessaria per lo studio di una particella in una scatola;
  • il tempo che si ha a disposizione per raggiungere un certo risultato.

Metodi numerici e algoritmi di questo tipo oggi vengono usati nelle situazioni più disparate, dallo studio dell’evoluzione di stelle e buchi neri all’interazione di biomolecole.

Risulta quindi necessario, per chiunque voglia intraprendere una carriera scientifica, vedere il computer come un amico e imparare a comunicare con questo nella sua lingua.

Andrea Marangoni
Laurea Magistrale in Fisica con una tesi sui dischi circumstellari presso l’Università degli Studi di Padova.
Appassionato di scienza fin da bambino, tifoso della Juventus, nel tempo libero mi piace dedicarmi all’attività fisica. 
“I’m just a mad man in a box”.

Fonti:

  • N. J. Giordano, “Computational Physics”, Prentice Hall (1997)

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