CRISPR/Cas9 : da sistema immunitario batterico a bisturi genetico

Come ottenere un premio Nobel nel giro di 8 anni? Semplice, basta scoprire il sistema CRISPR/Cas9.

Vi starete chiedendo: Hai sbattuto la testa Gioele? Si tratta di un interrogativo che mi pongono spesso anche amici e parenti… Ma ciò non è di certo l’argomento di questo articolo. Mi piacerebbe invece parlarvi di una tecnica di biologia molecolare che ha incantato milioni di scienziati in tutto il mondo, me compreso. Si tratta di una tecnica che ha molto da insegnare, sotto vari punti di vista…

Tanto la ricerca quanto l’azotata: una questione di base.

I batteri: sono un loro grande fan. Li seguo da quando li ho studiati come si deve al corso di microbiologia, (prima erano stati solo “ascolti” sporadici e passivi). Chi li considera una semplice cellula, chi la forma di vita più elementare che possa esistere. Chi invece li teme manco fossero la finanza che bussa alla porta… Qualcuno ha persino osato dire che noi siamo più evoluti di loro. Queste persone provassero ad andare a vivere a 2391 m di profondità con una temperatura di 300°C o ad usare il metano come nutrimento e poi ne riparliamo. Sono sottovalutati e bistrattati, sempre detto io… Menate da fanboy batterico a parte, è proprio grazie a degli studi compiuti su questi microscopici esserini che si è arrivati ad ottenere questo fenomenale strumento. Jennifer Doudna (chimica statunitense) ed Emmanuelle Charpentier (microbiologa francese) stavano compiendo degli studi “di base” sui batteri, in particolare stavano studiando come questi microrganismi sono capaci di difendersi dai batteriofagi: spietate ed efficienti macchine biologiche che infettano e fanno stragi di batteri. Funzionano come ogni altro virus esistente sul pianeta: entrano in modo scenografico nel batterio, si replicano e fanno scoppiare il malcapitato. Ridley Scott approved! In pratica la stessa cosa che fa quell’infame del Covid-19, solo che il batteriofago se la prende solo ed esclusivamente con una singola cellula: il batterio (ti piace vincere facile eh….). Usufruendo del comodo strumento della semplificazione, sferizziamo la nostra gallina (Big Bang Theory cit.). I batteri utilizzano l’enzima Cas9 per tagliare il DNA dei loro nemici virali ed impedirgli di replicare. 

Come riconoscono il DNA brutto e cattivo dei batteriofagi? Lo fanno sfruttando le stesse leggi biochimiche che governano la movimentata vita cellulare. Il DNA è composto da due filamenti, uno complementare all’altro, come un lungo Lego longilineo che si attacca con il suo sistema di pirulini e rientranze alla sua controparte (montare i set lego di Star Wars alla veneranda età di 24 anni ha la sua utilità a quanto pare, visto mamma?). Biologicamente abbiamo le basi azotate (i monomeri che costituiscono il DNA) che si appaiano secondo uno schema ben preciso: l’adenina con la timina e la guanina con la citosina. Quando questa affascinante ed elegante molecola viene trascritta in RNA per produrre poi le proteine, viene usato uno dei due filamenti per sintetizzare il suo complementare. Viene scelto uno dei due pezzi Lego per costruire la sua controparte seguendo le rientranze ed i pirulini (se vi è un pirulino ci vorrà la rientranza e viceversa). Quindi l’RNA trascritto è complementare (si attacca) ad uno dei due filamenti di DNA di origine. I batteri hanno quindi frequentato l’Università della Vita (a.k.a Evoluzione) ed hanno imparato a sfruttare a loro vantaggio questo sistema. A quanto pare mangiano pane e volpe a colazione… Una volta che il batteriofago inietta il suo DNA nel batterio quest’ultimo lo incorpora prontamente nel suo lungo ed unico cromosoma, in una regione chiamata CRISPR. Una volta fatto ciò il DNA virale viene trascritto in RNA che quindi potrà andare a spasso per la cellula a cercare ed attaccare il DNA virale di partenza (per i principi prima enunciati). Tutto molto bello ed affascinante sì, ma ciò non spiega come i batteri riescano poi a degradare il DNA estraneo… Ebbene si, hanno pensato anche a questo… La proteina Cas9 prima citata lega l’RNA che viene trascritto dal DNA virale e si fa guidare da esso sul DNA da eliminare. Una volta sul posto scatena tutta la sua potenza da tagliacarte d’ufficio. Si tratta di una sorta di sistema immunitario adattativo primitivo, in quanto la sequenza di DNA è specifica per ogni tipo di batteriofago e quindi il batterio è in grado di difendersi da varie minacce usando un’arma con dei proiettili specifici (la specificità è data dalla complementarietà RNA-DNA). Volendo fare un paragone piuttosto azzardato ma allo stesso tempo suggestivo, ciò richiama in un certo senso i nostri Linfociti B che producono un anticorpo specifico per ogni proteina … (in quest’ultimo caso vengono utilizzate proteine, non acidi nucleici e l’anticorpo ovviamente non riconosce la proteina specifica tramite complementarietà di basi ma tramite altri tipi di interazioni molecolari). 

1° Lezione: Non infangare la Gang dei Batteri bro’, chi è più evoluto ora eh? Non giudicare un batterio dalla sua semplicità strutturale (così come le persone dal loro aspetto esteriore); approfondire un argomento anche “solo” per semplice curiosità può avere dei risvolti molto interessanti come vedremo…

La svolta : guardare con gli occhi del… progresso scientifico.

Quanto appena detto potrebbe trovare posto solo in qualche libro di testo o negli studi di gente ebbra del mondo scientifico (e non solo) come l’autore di questo articolo, starete pensando… Ed avete ragione. Ma provate a vedere quanto appena descritto con “gli occhi del cuore” di  un ricercatore che ha come scopo il miglioramento delle condizioni di salute dell’umanità… Ciò che vi si profilerà davanti agli occhi sarà un portentoso sistema di studio genetico nonché un potenziale strumento terapeutico. Come è scattata la scintilla? Immaginate di sostituire all’RNA di provenienza virale un RNA che costruiamo e sintetizziamo noi a tavolino… bingo! O meglio… NOBEL! Pensare fuori dagli schemi: This is the way (The Mandalorian Cit.; l’acquisizione della LucasFilm da parte della Disney non ha portato solo a cose brutte ma anche ad una splendida serie tv che arricchisce il mio repertorio di citazioni… ok, non mi guardate così, ora la smetto). 

Spesso e volentieri sento pormi una spinosa questione: perché spendere soldi in ricerca di base? Alla fine mica serve a fa le medicine o a migliorare la vita dell’omo, serve solo a scrive i libri di testo ve? “Well Yes, But Actually No”. 

La ricerca di base si occupa della generazione di conoscenza “generale”, di base appunto. Si occupa di far luce sui meccanismi fondanti e sulla costituzione del mondo che ci circonda. In altre parole ha come fine quello di ampliare lo scibile umano e tediare così milioni di studenti in tutto il mondo chini sui libri di testo invece di gustarsi uno bello spritz in compagnia (si vede che sto scrivendo durante la sessione estiva vero?). La ricerca applicata si occupa invece di applicare la conoscenza per migliorare la qualità di vita o l’ambiente dell’essere umano. Ma, logica vuole, che per applicare un qualcosa non c’è solo bisogno di un qualcosa su cui applicare ma anche della cosa da applicare (chiaro no?). In questo caso sono le conoscenze, ciò che sappiamo. Ed al momento sappiamo una moltissima roba. Come? Grazie alla ricerca di base appunto…

2° lezione : guardare le cose da un altro punto di vista, andare oltre le apparenze ed i dati a disposizione spesso è la svolta decisiva… I viaggi mentali salvano vite e fanno vincere Nobel!  Non bisogna sottovalutare la ricerca di base o non avremo niente da applicare per migliorare il nostro tanto amato stato di benessere.

Veniamo al sodo: uso nell’uomo.

La storia che vi sto raccontando è un esempio lampante di quanto ho scritto nelle righe precedenti. I non-fan dei batteri come me sicuramente si potrebbero legittimamente chiedere: “ma che cappero me frega di come si difendono i batteri? che usino il karate, la Forza alla Darth Vader o gli anabolizzanti non mi fa sta gran differenza…” e invece può farla eccome. Oh si che può, ed è proprio il motivo dell’assegnazione del Nobel. La chiave di volta sta nel finale della sezione precedente. Se noi usiamo un RNA che sintetizziamo base per base, possiamo dirigere il taglio della proteina Cas9 dove vogliamo. Come può esserci utile? Esiste un’immensa classe di malattie la cui causa non è l’ambiente o un qualche agente patogeno ma una mutazione nel nostro stesso DNA.  Le tristemente note Malattie Genetiche.                                                                                                      

In realtà il paradigma non è sempre “1 mutazione = malattia” ma “1 o più mutazioni + una serie non indifferente di variabili = malattia”. 

La cura di queste malattie è perciò molto ostica sia perché è molto difficile (per usare un eufemismo) riparare il DNA a nostro piacimento sia perché i fattori da prendere in considerazione sono molteplici. Per fortuna la situazione non è sempre così intricata. Ci sono alcune malattie, come l’anemia falciforme o la fibrosi cistica, che sono causate da una singola mutazione in un singolo gene. L’idea è quella di utilizzare la Cas9 per correggere la mutazione. L’anemia falciforme rappresenta l’opportunità ideale. Le cellule colpite sono i globuli rossi ed essi, insieme a tutte le cellule del sangue, si originano da una singola cellula. Anche questa è un’altra storia meravigliosa, ma non è il momento di raccontarla. Il concetto chiave è che noi agendo su una singola cellula possiamo aggiustare tutti i globuli rossi. Si prelevano le cellule staminali ematopoietiche dal midollo osseo del paziente affetto dalla mutazione. Si utilizza su di esse la Cas9 per tagliare via il gene mutato e sostituirlo con quello sano. Una volta avvenuta la sostituzione si reimpiantano le cellule staminali che a quel punto daranno origine a globuli rossi perfettamente sani, che non assumeranno la classica forma falciforme in quanto esprimono una emoglobina wild type non mutata. Perché usare proprio la Cas9? Poiché si tratta di un enzima direzionabile a nostro piacimento grazie all’utilizzo di un RNA con una sequenza scelta appositamente che si appaia in una zona specifica del DNA. Noi sappiamo esattamente dove andrà a tagliare l’enzima e ciò gli è valso il soprannome di “bisturi genetico”. Basterà quindi sintetizzare un RNA che si appaia alla regione iniziale del gene dell’emoglobina, uno che si appaia a quella finale ed il gioco è fatto…  Si avrà il taglio, l’escissione del gene nella cellula staminale in cultura che quindi per riparare questo grave danno cercherà di usare qualcosa… Ed è qui che interveniamo noi con un bel trick. Forniamo alla cellula il gene dell’emoglobina sano in modo tale che la cellula lo incorpori nel punto di rottura per riparare il danno e ricostituire un DNA lineare senza rotture. Una volta verificato che sia avvenuto ciò e che le cellule non abbiano risentito di questo trattamento, le si può reinfondere nel paziente.

3° lezione : Se vogliamo nuove terapie grazie alla ricerca applicata bisogna foraggiare anche quella di base. La Scienza è bella ed importante tutta. Da come un batterio si difende dai virus si può arrivare ad un approccio terapeutico. Ora si capisce perché sono un loro fan no?

Ovviamente tra il dire e il fare c’è di mezzo “e il”… La tecnica CRISPR-Cas9 va ancora studiata ed approfondita al meglio. L’applicazione clinica per l’uomo non è né immediata né di facile attuazione. Bisogna superare tutta una serie di ostacoli: dimostrare la sicurezza dell’approccio, ottenere la formulazione ottimale, adattare la tecnica ai vari contesti (malattia ematologica, muscolare, endocrina ecc…). Non bisogna tralasciare poi il rischio rappresentato da un suo utilizzo improprio o eticamente scorretto. Sicuramente il sistema CRISPR-Cas9 rappresenta un traguardo strabiliante con un potenziale altissimo. Una tecnica formidabile ed affascinante che fa sognare gli scienziati di tutto il mondo. Sogniamo tutti insieme dunque, sogniamo un mondo migliore dove i batteri avranno i fans che si meritano, la ricerca di base i fondi di cui ha bisogno e l’umanità meno malattie con cui avere a che fare.


Gioele Gaboardi

Fonti