Don’t Look Up

Cosa c’è di vero?

Se non hai ancora visto “Don’t Look Up” di Adam McKay, non preoccuparti: in questa recensione scientifica non ci saranno veri e propri spoiler, giacché si parla più che altro di fatti che sono già abbastanza noti dal trailer.

Ciò detto, come forse saprai, il film in questione fa per lo più satira politica con degli spunti scientifici che, seppure pochi, sono molto interessanti ma, soprattutto, ti sarai chiesto se quella che viene raccontata è una storia plausibile.

Quindi non perdiamoci in chiacchiere e iniziamo, appunto, dal principio!

[Fotografia della cometa C/2020 F3 (NEOWISE) il 14 Luglio 2020 di Stefan Ziegenbalg, rilasciata con la licenza CC BY-SA 4.0.]

La scena con cui si apre il film è ambientata in una cupola dell’Osservatorio di Mauna Kea, nelle Hawaii, dove lavora Kate Dibiasky, una dottoranda in astronomia che analizza le supernove (esplosioni stellari) per misurare l’espansione dell’Universo.

La dottoressa sta osservando su uno schermo i dati raccolti dal telescopio Subaru, posto proprio alle sue spalle nella stessa stanza.
Non plausibile: nella realtà, per evitare l’inquinamento luminoso (luci emesse dal computer, dalle lampade e via dicendo), negli osservatori la sala di controllo è preferibilmente separata da quella che ospita il telescopio stesso.

Soffermandosi proprio sul telescopio, nella stessa scena notiamo che quest’ultimo emette un laser rosso verso il cielo.
Plausibile: si tratta di una tecnica utilizzata dai telescopi terrestri per contrastare l’effetto della turbolenza atmosferica: essa, infatti, tende a far degradare le immagini acquisite dal telescopio, limitandone così il potere risolutivo. A questo scopo si accende un laser e si osserva come la sua luce viene distorta e, tramite un sistema di specchi deformabili, si corregge l’effetto della turbolenza migliorando così la qualità dell’immagine.

Analizzando quello che sembra un file in formato FITS (Flexible Image Transport System, molto comune in ambito astronomico) con un software simile al realmente esistente SAOImage DS9, la dottoressa Dibiasky scopre una cometa che viene subito battezzata “Dibiasky” in suo onore. Il suo professore, il dottor Randall Mindy, scopre che tale cometa è in rotta di collisione con il pianeta Terra, tramite dei calcoli svolti a mano su una lavagna.
Non plausibile: un lavoro del genere viene preferibilmente eseguito da appositi algoritmi nei calcolatori, la cui precisione e affidabilità è decisamente più desiderabile (soprattutto in simili situazioni d’emergenza).

Una volta sinceratisi di aver eseguito correttamente tali calcoli, i due scienziati contattano il PDCO (Planetary Defense Coordination Office), una vera organizzazione di difesa della divisione di scienza planetaria presso la NASA (National Aeronautics and Space Administration), a capo della quale abbiamo il dottor Teddy Oglethorpe.
La PDCO si occupa di cercare e catalogare gli oggetti del Sistema Solare la cui orbita può intercettare quella della Terra (per esempio: comete, asteroidi, sonde orbitanti attorno al Sole e meteoroidi) con lo scopo di aiutare il governo a prepararsi per un potenziale impatto.

Il dottor Oglethorpe riferisce alla Casa Bianca che la cometa appena scoperta ha un diametro che va approssimativamente dai 5 ai 10 chilometri.

Plausibile: 10 chilometri è all’incirca il diametro dell’asteroide che circa 66 milioni di anni fa causò l’estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene, con la quale scomparvero i dinosauri non-aviani. Si pensi che la soglia minima di allerta è pari a 150 metri di diametro!

Notare che abbiamo appena citato gli asteroidi, anche se finora abbiamo parlato di comete. Soffermiamoci allora sulla loro distinzione: i primi sono corpi rocciosi risalenti alla formazione del sistema solare – oltre quattro miliardi di anni fa – e ve ne sono milioni, con diametri che variano da pochi metri a molte centinaia di chilometri; le seconde, in aggiunta, ospitano anche ghiaccio. Questo perché le comete, nonostante si siano formate in modo simile agli asteroidi, si trovano però nelle regioni più esterne, dove le temperature sono abbastanza basse da non far sciogliere il loro ghiaccio.

Non solo. Egli aggiunge che l’impatto è previsto in circa 6 mesi dalla data della sconvolgente scoperta.

Plausibile: questo dato è abbastanza realistico se si pensa, per esempio, alla cometa C/2020 F3 (NEOWISE), la quale fu scoperta a Marzo del 2020 e a Luglio dello stesso anno era abbastanza vicino alla Terra da essere visibile a occhio nudo.

La presidente degli Stati Uniti Janie Orlean e il capo di gabinetto della Casa Bianca, il figlio Jason, inizialmente, non danno alla notizia l’importanza che meriterebbe, cercando di occultarla.
Non plausibile: le agenzie spaziali di tutto il mondo collaborano strettamente tra loro e, inoltre, è verosimile aspettarsi che altre missioni – che setacciano il cielo alla ricerca di simili oggetti nei pressi della Terra – individuino la cometa Dibiasky in maniera indipendente. Pertanto il governo non riuscirebbe a tenere nascosta una notizia del genere.

Fatto sta che alla fine la presidente si mobilita per trovare una strategia in grado di evitare l’imminente catastrofe: lanciare una flotta di astronavi e missili per colpire e deviare la cometa. In particolare, si parla di utilizzare bombe nucleari.
Non plausibile: non è detto che sia necessario ricorrere a misure così drastiche, potrebbe bastare applicare in tempo una spinta relativamente piccola per deviare significativamente l’orbita della cometa: infatti, una strategia alternativa che la NASA sta realmente testando è DART (Double Asteroid Redirection Test), una missione che intende verificare se il solo impatto di un veicolo possa deflettere un asteroide in collisione con la Terra. Il bersaglio di prova della missione DART è 65803 Didymos, un asteroide binario costituito da un corpo massivo con diametro di 780 metri di diametro, attorno al quale orbita un satellite naturale di 160 metri, chiamato 65803 I Dimorphos.

Col passare del tempo, la cometa Dibiasky si avvicina alla Terra come previsto e diventa, quindi, sempre più visibile. In particolare, la caratteristica che salta subito all’occhio è la presenza delle code.
Plausibile: la cometa è composta da rocce, metalli e gas ghiacciati; la polvere e il gas formano una grande atmosfera, detta chioma, attorno al nucleo della medesima.
La forza esercitata su di essa dalla pressione di radiazione solare (ovvero quella esercitata dalla luce emessa dal Sole) e dal vento solare, portano generalmente alla formazione di due code: essendo più pesante, la polvere rimane indietro rispetto al nucleo della cometa stessa e si disperde creando, appunto, una coda lungo l’orbita della cometa; il gas, invece, è più sensibile al vento solare, per cui forma una coda diritta in direzione opposta alla posizione del Sole.

Le due code, appena descritte, per la cometa C/2020 F3 (NEOWISE) sono mostrate nella figura in alto.

Da ultimo, cosa si può dire riguardo il finale? Look up!


Giovanni Cozzolongo

Studente magistrale in Fisica, sviluppatore di rover marziani, lettore insaziabile, appassionato di astronomia e dinosauri. Che sia al cinema o al bar con gli amici, coglie qualsiasi occasione per parlare di scienza!

Bibliografia

  1. Sito ufficiale del Planetary Defense Coordination Office della NASA: https://www.nasa.gov/planetarydefense/overview (data view: 04/04/2022).
  2. Desch, Steve; Jackson, Alan; Noviello, Jessica; Anbar, Ariel (1 Giugno  2021). “The Chicxulub impactor: comet or asteroid?”. Astronomy & Geophysics.
  3. Mace, Mikayla (8 Luglio 2020). “Comet NEOWISE Sizzles as It Slides by the Sun, Providing a Treat for Observers”. Infrared Processing and Analysis Center.
  4. “How to see Comet NEOWISE”. EarthSky.
  5. Seiichi Yoshida. “C/2020 F3 (NEOWISE)”.
  6. Sito ufficiale della missione Double Asteroid Redirection Test (DART) della NASA: https://www.nasa.gov/planetarydefense/dart/dart-news (data view: 04/04/2022).