E guardo il mondo da un oblò… Spaziale!

Chi, come me, è miope e distratto deve molto alle missioni spaziali, perché una delle tante invenzioni portate sulla Terra sono le lenti antigraffio[1]

Ma andiamo con ordine.

Molte delle innovazioni del secolo scorso derivano da applicazioni pensate per lo sviluppo industriale causato dalla Seconda Guerra Mondiale. Ad esempio, negli anni ‘40 la Columbia Resins realizzò un materiale leggero, resistente agli impatti e con una buona durezza superficiale: un polimero plastico appartenente alla classe dei poliesteri dal nome di poliallil-diglicol-carbonato, o meglio CR39[2]

… No, non è il nuovo brand di Cristiano Ronaldo! 

La prima applicazione riguardò il rinforzo dei serbatoi di carburante del bombardiere B-17, largamente in uso in quel periodo. Successivamente, durante la cosiddetta “corsa allo spazio”, il CR39 fu utilizzato per scopi più “pacifici”, ovvero il caratteristico elmetto a forma di bolla degli astronauti, utilizzato sia dagli americani che dai cosmonauti del blocco sovietico[3] . In quest’ultimo caso il materiale fu registrato con il nome commerciale di Lexan e sviluppato in Germania, presso la Bayer, dal dr. Hermann Schnell[4].

Fatta in Lexan era, ad esempio, la “bolla” che usò Valentina Vladimirovna Tereškova, la prima donna nello spazio nel 1963!

Valentina Vladimirovna Tereškova, la prima donna nello spazio, francobollo di Antigua e Barbuda [Pinterest]

Ma come ha fatto questo materiale ad arrivare dallo spazio fino ai miei occhiali?
Dal momento della loro invenzione, gli occhiali sono stati sempre realizzati in vetro, fino a che, nel 1972, la Food and Drug Administration[5] ha deciso che le lenti dovessero essere resistenti alla frantumazione, quindi i produttori hanno iniziato ad interessarsi alla plastica, scegliendo il CR39 come materiale migliore [5].

Il polimero adottato, oltre a proprietà vantaggiose come leggerezza e resistenza all’impatto, presenta una resistenza agli attacchi chimici notevole. Ma la resistenza alle abrasioni è significativa solo dopo un trattamento di indurimento, che consiste nell’utilizzo di lacche o rivestimenti al quarzo applicati per immersione o per spin-coat, ovvero un “rivestimento per rotazione”.
Quindi, miopi di tutto il mondo unitevi… E non vergognatevi più degli occhiali!


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Gianluigi De Simone
Ingegnere meccanico ma un po’ gestionale, laureato al politecnico di Bari, attualmente vive e lavora a Torino. Appassionato di scienza e tecnologia, divoratore di libri e serie TV.
“Ho smesso di discutere con la gente ‘informata’, quindi scrivo!”

Fonti:

  1. https://www.jpl.nasa.gov/infographics/infographic.view.php?id=11358;
  2. https://it.wikipedia.org/wiki/CR39;
  3. https://blog.davidkind.com/how-its-made/the-surprising-history-of-eyeglass-lenses/;
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Lexan;
  5. https://it.wikipedia.org/wiki/Food_and_Drug_Administration (ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici);
  6. https://www.spacefoundation.org/what-we-do/space-technology-hall-fame/inducted-technologies/scratch-resistant-lenses.