Esondazioni: vegetazione in prima linea

[Figura 1. Crediti: PxHere]


Negli ultimi anni stiamo assistendo a eventi di alluvioni e conseguenti esondazioni di fiumi con una frequenza sempre maggiore. L’ultimo, in ordine di tempo, è quello che ha colpito principalmente l’Emilia Romagna a maggio di quest’anno.

Di fronte a questi eventi siamo soliti chiederci: che cosa dobbiamo fare? 

Tuttavia, a volte, la domanda più corretta sarebbe: che cosa NON dobbiamo fare?

Uno dei problemi di cui si dovrebbe tenere conto è il consumo di suolo, specialmente nelle aree adiacenti al corso di un fiume.

Secondo il report sul consumo di suolo, rilasciato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, dal 2020 si è assistito a un incremento nel tasso di consumo del suolo, ossia a un incremento della copertura artificiale del suolo, arrivando a una media di 19 ettari consumati al giorno, invertendo il trend decrescente cui si era assistito nei tre anni precedenti.

Questo comporta la scomparsa irreversibile di aree naturali.

In particolare, le percentuali maggiori di suolo consumato si registrano in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania e Puglia, tutte zone che hanno già elevati valori di suolo consumato.

Tra i problemi principali vi è il fatto che l’incremento di tale fenomeno si registra anche nelle zone categorizzate a pericolosità idraulica, a pericolosità da frana e a pericolosità sismica.

Dal report emerge che il 25% del suolo consumato lo si deve agli edifici, nonostante siano presenti ben 310 km2 di superficie coperti da edifici in disuso e degradati, che potrebbero essere recuperati mediante azioni di restauro o sostituzione.

Ma edifici e poli logistici non sono i soli responsabili. 

Infatti, purtroppo, anche gli impianti fotovoltaici a terra danno il loro apporto a questa statistica, con 175 km2 di superficie occupati da questi. Si stima un trend crescente di consumo di suolo dovuto a questi impianti per i prossimi anni a causa delle politiche legate alla transizione ecologica, con valori che arriveranno a 500km2.

Secondo alcuni calcoli, dal 2012 la perdita delle aree verdi in favore di una progressiva cementificazione avrebbe causato la mancata infiltrazione nel terreno di 360 milioni di metri cubi di pioggia. Si tratta di acqua che non si è potuta utilizzare per la ricarica delle falde.

Non solo è stata persa un’enorme quantità di acqua.
Il taglio delle piante nelle aree perifluviali e la cementificazione di tali zone ha aumentato anche la pericolosità idrica dei territori.

Le piante svolgono infatti un’azione di prima barriera in caso di esondazioni dei fiumi, dalla chioma alle radici.

Le radici delle piante riescono a stabilizzare gli strati superiori del suolo, riducendo quindi il trasporto di materiale solido a valle.

Le chiome “regolano” la quantità di pioggia che arriva sul terreno. Infatti, parte dell’acqua piovana viene assorbita direttamente dalle foglie, parte riesce a evaporare e la rimanente parte che giunge sul terreno non cade con la rapidità con cui cadrebbe in assenza di alberi, dando il tempo al terreno di assorbirla.

Inoltre, in presenza di vegetazione, grazie alla rugosità della superficie, la velocità di deflusso dell’acqua è ¼ di quella che si avrebbe su suoli senza vegetazione, diminuendo quindi la violenza (dovuta ad un’energia cinetica maggiore) con cui l’acqua arriva in città.

Per avere esondazioni controllate una possibile soluzione potrebbe essere quella di far crescere delle zone boschive di 100 – 150 m attorno al corso dei fiumi

Questi provvedimenti avrebbero costi inferiori alla costruzione di 1 km di autostrada e, anzi, comporterebbero una ridotta perdita di denaro (e, soprattutto, di vite e beni affettivi) in caso di esondazioni.

La presenza di vegetazione attorno ai fiumi non deve essere però vista a solo scopo difensivo, in caso di esondazioni.

Infatti, questa apporta enormi vantaggi anche in termini di biodiversità, di pulizia delle acque e di temperatura.

Siamo abituati a risolvere i problemi con cemento e mattoni ma, a volte, bisognerebbe avere l’umiltà di lasciar fare alla Natura, permettendo a questa di riprendersi i suoi spazi e trattenendo la costante fame di denaro della società di oggi.


Andrea Marangoni

Laurea Magistrale in Fisica con una tesi sui dischi circumstellari presso l’Università degli Studi di Padova.

Appassionato di scienza fin da bambino, tifoso della Juventus, nel tempo libero mi piace dedicarmi all’attività fisica. 

“I’m just a mad man in a box”.

Fonti: