Forme di vita cercasi!

No, non avete letto male il titolo, oggi parliamo proprio della famosa “ricerca della vita”!

E no, non avete sbagliato giorno nel calendario: è mercoledì e questo articolo fa parte della serie degli #astrowednesday!

Eppure, se si parla di vita pensiamo tutti subito alla biologia, giusto? Beh non è sbagliato, ma il campo dell’astrofisica può comunque partecipare al discorso e magari dare qualche contributo interessante! 

Missioni spaziali… su lune!

Sappiamo che sulla Terra di vita ce n’è parecchia, con caratteristiche molto diverse a seconda di cosa si vuole osservare. Possiamo esplorare montagne, deserti e le profondità oceaniche e incontrare animali e vegetali così assurdi da sembrare quasi…alieni!

E a proposito di alieni, è qui che entra in gioco l’astronomia!

Ok, magari non pensiamo subito a piccoli marziani verdi con la testa allungata o qualche specie venuta fuori direttamente da Star Wars, però la comunità scientifica è effettivamente alla ricerca di vita su altri corpi celesti. In fondo, sappiamo già da esempi terrestri che la vita si presenta in moltissime forme e non tutte sono così complicate come un organismo delle dimensioni di un piccolo Ewok!

Per trovare vita fuori dal nostro pianeta dobbiamo però prima trovare dei luoghi che la possano supportare; ecco che entra in gioco, per esempio, la missione “Europa Clipper”. Il suo obiettivo è di raggiungere una delle lune di Giove, Europa, ed effettuare una serie di fly-by (cioé passaggio ravvicinato di una sonda spaziale vicino a un oggetto celeste) attorno al satellite gioviano.

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Superficie di Europa, luna ghiacciata di Giove, immortalata dalla sonda Galileo della NASA alla fine degli anni Novanta.
Fonte: NASA/JPL-Caltech/SETI Institute.

Questa missione non mira nello specifico a rilevare forme di vita, ma più che altro punta a determinare se, negli oceani che sembrano essere sotto la crosta ghiacciata della luna, sia possibile che si sviluppi una forma di vita più o meno complessa.

La partenza è prevista intorno al 2024 e la navicella ci impiegherà ben 6 anni a raggiungere la sua destinazione.

Visto che non è previsto un atterraggio su Europa, come farà Clipper a capire se sotto la crosta si può sviluppare della vita? Ebbene, sarà dotata di molti strumenti tra i quali spettrografi, telecamere, radar adatti a penetrare la crosta ghiacciata, magnetometri e molto altro ancora!

Grazie a tutto ciò, Clipper confermerà o meno la presenza dell’oceano di acqua liquida nascosto ai nostri occhi e cercherà di rivelarne i segreti. 

Peccato dover aspettare così ancora a lungo!

Fonte: NASA, ESA, and L. Roth (Southwest Research Institute and University of Cologne, Germany)

Questa immagine mostra dove dovrebbe trovarsi del vapore acqueo rilevato sopra il polo sud di Europa dopo esser stato espulso dalla superficie ghiacciata della luna tramite pennacchi d’acqua. Una delle possibilità di questa missione è “immergere” la navicella in una di queste “nuvole” e analizzarne il contenuto.

Missioni spaziali… su pianeti!

Per gli impazienti, possiamo invece parlare di una missione già in corso, il cui scopo è leggermente diverso rispetto a quello di Clipper ma che sempre riguarda la ricerca della vita: Perseverance.
Probabilmente avrete già sentito nominare questo rover, visto che le missioni su Marte tendono a fare sempre molto scalpore nelle news di tutto il mondo… ma in caso così non sia, non temete!

Immagine che contiene cielo, esterni, natura

Descrizione generata automaticamente
Fonte: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Ecco qui un selfie del rover Perseverance con l’elicottero Ingenuity (a circa 4 metri di distanza). La foto è stata scattata dalla fotocamera “WATSON” dello strumento “SHERLOC” sul braccio robotico del rover. Che dire: agli scienziati piacciono gli acronimi simpatici!


Perseverance si chiama in realtà “The Mars 2020 Perseverance Rover” ed è stato lanciato a luglio 2020 per arrivare sul pianeta rosso a febbraio 2021. La pandemia non è riuscita a fermarlo e dal suo arrivo su Marte ha già pubblicato delle bellissime foto, video e suoni narrandoci (anche su Twitter!) quello che fa e come lo fa. Ha persino un compagno di giochi, il piccolo drone Ingenuity, che gli permette di dare un’occhiata nei suoi dintorni dall’alto.

Cosa sta cercando? 

La vita ovviamente! Uno degli scopi primari di questa missione è infatti cercare segni di antica vita a livello microbiologico. In questo caso quindi si cercano prove di vita passata, non attuale. La ricerca rimane comunque entusiasmante e il pianeta rosso offre sempre molte sfide per rendere le missioni spaziali… un po’ più “frizzanti”!

Una di queste sfide riguarda l’atmosfera marziana, molto più rarefatta di quella terrestre. Sulla carta questo è perfetto per quando si progetta di far ripartire una navicella dalla superficie del pianeta verso il nostro (per gli appassionati di film di fantascienza pensate al finale di The Martian – Sopravvissuto!). Nella realtà però questo tipo di atmosfera crea non pochi problemi nella fase iniziale di discesa sul pianeta come si vede nell’immagine qui sotto!

Fonte: NASA/JPL-Caltech

La fase di dispiegamento del paracadute è molto delicata: l’attrito minore porta il materiale a comportarsi in modo diverso rispetto a come farebbe sulla Terra, complicando di molto la sua progettazione.

Gli ingeneri non si son tuttavia fatti scoraggiare ed hanno anche inserito questo codice colorato che recita “DARE MIGHTY THINGS” (osate cose potenti) nella parte interna e in quella esterna fornisce invece le coordinate GPS del Jet Propulsion Laboratory della NASA (situato nella California meridionale).

Ricerca della vita… da più vicino!

Abbiamo quindi capito che l’astronomia, l’astrofisica e la ricerca spaziale in generale possono contribuire alla ricerca della vita, aiutando la biologia e la chimica a raggiungere delle “galassie lontane lontane” (ovviamente scherzo, limitiamoci a lune e pianeti per ora!)

Quello che però non molti sanno (e che anche la sottoscritta ha scoperto solo recentemente) è che c’è chi cerca la vita su altri pianeti… dalla Terra! Si, capisco la confusione, ora mi spiego!

Che succede se metti insieme un astrofisico, un geofisico, un chimico e un biologo? No, non avrai l’inizio di una barzelletta dal dubbio gusto, bensì avrai trovato il gruppo di scienziati che è stato messo assieme dal Max Planck Institute for Astronomy a Heidelberg (Germania) con lo scopo specifico di capire quali siano le condizioni per l’origine della vita!

Infatti, abbiamo visto nel corso dell’articolo che si sta cercando la vita al di fuori della Terra sia su lune che su pianeti del nostro sistema solare, ma c’è chi punta più distante e guarda agli innumerevoli pianeti extrasolari (o esopianeti) che stanno venendo scoperti in questi anni e si domanda: potrebbe esserci vita su uno di questi?

La domanda è affascinante e merita un’indagine tutta sua! O, almeno, questo è quello che avranno pensato a Heidelberg quando hanno inaugurato questo laboratorio nuovo di zecca: il “Heidelberg Origins of Life Initiative” (HIFOL).

In fondo sappiamo che la nascita di sistemi planetari attorno a stelle sparse per la galassia è un processo comune, cosa che suggerisce che l’origine di forme di vita possa avvenire sempre e ovunque se le condizioni sono giuste. La definizione stessa di queste condizioni potrebbe essere rivista, così come la definizione della “Goldilocks zone”, anche detta “zona abitabile”. La vediamo nell’immagine qui sotto: ci mostra l’intervallo di orbite intorno a una stella entro il quale la superficie di un pianeta può ospitare acqua liquida, data una sufficiente pressione atmosferica. Infatti, già nel nostro stesso sistema solare abbiamo indizi che puntano alla presenza di oceani di acqua liquida su lune come Europa ed Encelado nonostante siano ben distanti dalla zona abitabile! 

In verde le zone abitabili nel Sistema Solare interno e nel sistema extrasolare Trappist-1.
La zona blu è troppo fredda, quella rossa troppo calda. Fonte: NASA/JPL-Caltech, Amy Moran (GST)

In questo laboratorio, quindi, stanno cercando di capire quali siano le condizioni iniziali (fisiche e biochimiche) che hanno dato inizio alla vita e che tipo di indicatori nei dati degli esopianeti che stiamo osservando potrebbero chiaramente essere un segno di attività biologica!

Dagli oceani sommersi di Europa, dalle superfici polverose di Marte fino ai laboratori tedeschi, la ricerca della vita passata, presente e della sua creazione affascina in molti. 

Non ci resta quindi che collaborare tra campi diversi della scienza per continuare ad indagare uno tra i quesiti più misteriosi che l’umanità si sia mai posta: come si origina la vita?


Silvia Ferro

Hello there!

Se non avete colto la citazione non so se potremo essere amicз… ma cercherò comunque di comunicarvi la mia passione per l’astrofisica e la fisica, lo prometto! Mi chiamo Silvia, anche se qualcuno potrebbe conoscermi come Astroferro e sono una studentessa magistrale di Astrofisica a Pisa. (Si, il mio cognome è Ferro. No, non ho fantasia coi nomi. Sue me).

Ho iniziato a fare divulgazione su Instagram durante il primo lockdown del 2020 con l’idea di sfruttare le 4 lingue studiate al liceo per arrivare a condividere la mia passione con più persone possibili… e come sempre mi sono dovuta scontrare con la realtà quando ho realizzato che parlare di astrofisica in tedesco e francese è difficile! Una volta ridimensionati i miei piani di conquista del mondo, ho continuato a divulgare solo in italiano-inglese ed è proprio grazie al mio account Astroferro ho conosciuto Bar Scienza… amore a primo post!!

Oltre ad avere una passione malsana per i plasmi astrofisici e i modi in cui il Sole potrebbe friggere la Terra da un momento all’altro posso dirvi che ricado abbastanza nello stereotipo nerd: sono appassionata di Star Wars, MCU, Harry Potter e faccio parte di millemila altri fandom tra la fantascienza e il fantasy! 

Nella prossima vita vorrei essere un delfino, così finalmente starei nel mio elemento e non potrei più inciampare cadendo faccia a terra e finendo per farmi un male esagerato ogni santa volta.

So long, and thanks for all the attention!


Fonti/per approfondire: