#GoodbyeMalinconia: Claudio al lavoro con il governo Britannico
Claudio, a Culham, UK, durante il suo lavoro sulla fusione
[per gentile concessione di Claudio Chesi]

Ciao Claudio, grazie per aver accettato di fare una chiacchierata con noi. Ti va di parlarci un po’ di te?

Nato e cresciuto in giro per la Campania, ho studiato chimica a Napoli, con un particolare interesse in green chemistry ed energie rinnovabili. Dopo la laurea ho vissuto tra Germania e Regno Unito per un dottorato in ingegneria chimica, alla fine del quale ho iniziato a lavorare per il governo britannico in ambito di ‘policy’ (politiche, ndr) legate a innovazione scientifica e ambiente. Mi sono occupato per un po’ di fusione nucleare (i cui aspetti tecnici ancora non mi sono chiarissimi!) e ora lavoro come ‘specialista tecnico’ su normative ambientali per veicoli da strada per il Ministero dei Trasporti. Da vari anni lavoro anche con Pint of Science UK, che mi ha permesso di coltivare il mio amore per la comunicazione scientifica e di mantenere la mia sanità mentale durante il dottorato!

Com’è lavorare per il governo inglese?

Molto interessante. È un lavoro che prevede compiti piuttosto diversi che io trovo molto affascinanti, come ad esempio discutere con i membri delle Nazioni Unite su come regolare un determinato tipo di emissioni, o spiegare ai ministri un determinato problema e consigliare loro cosa sarebbe meglio fare. Mi piace molto avere la possibilità di influenzare in prima persona delle decisioni governative importanti, in particolare poi nell’ambito ambientale, che mi appassiona molto. Questo è il motivo principale per cui ho preferito la strada della policy alla ricerca accademica: cercare di avere un impatto diretto, su ampia scala e più a breve termine rispetto al tipo di ricerca che facevo. Ci sono chiaramente anche gli aspetti negativi, come il non lavorare più in un laboratorio, attività che mi manca molto!

Infatti sembra molto bello! Ti posso chiedere come tu abbia fatto ad entrare in questo mondo? È stato difficile?

La difficoltà principale per me è stata capire quali lavori volessi e potessi fare dopo il dottorato, oltre alla classica carriera accademica o il settore privato. Dopo aver letto tanto, e una volta capito che l’ambito di policy potesse essere un’esperienza interessante per le mie ambizioni personali, è stato relativamente semplice trovare ‘openings’ (annunci, ndr) che mi interessassero. C’è voluto qualche tentativo prima di capire come strutturare il curriculum e come comportarsi ai colloqui di lavoro, visto che il processo di application è piuttosto diverso da quello cui ero abituato. In altri termini, prima di riuscire a convincere gli altri di ciò che sapevo fare, io per primo ho avuto necessità di capire come potessi adattare le ‘transferable skills’ che avevo sviluppato durante la carriera scientifica in un lavoro molto diverso. Questo mi ha fatto realizzare l’enorme importanza del dottorato nel mio processo di formazione, sia come persona che come lavoratore.

Immagino che anche averlo fatto all’estero abbia contribuito a formarti. Cosa hai amato di questa vita in giro per l’Europa e cosa non hai amato invece?

Assolutamente sì. Uno dei principali aspetti positivi è sicuramente l’aver conosciuto persone con le più disparate culture ed esperienze di vita: è una cosa che mi ha sempre affascinato molto ed è uno dei motivi principali per cui ho fortemente voluto vivere all’estero. Londra in particolare è una città che mi ha permesso di fare e scoprire tantissime cose. D’altra parte, chiaramente, è un dispiacere non poter vedere spesso gli affetti più cari, ma paradossalmente le circostanze mi hanno spinto a consolidare i rapporti più importanti, quindi anche in questo mi sento fortunato.

Al momento della tua prima laurea immagino non avessi idea di questo tipo di carriera. Pensi che ti sarebbe stato utile conoscerla allora? Avresti fatto scelte diverse?

No, infatti, non immaginavo avrei fatto questa carriera, anzi mi vedevo nella classica carriera accademica. Credo avrei comunque fatto un dottorato, che ho voluto fortemente e non rimpiango, nonostante tante difficoltà. Ma sarebbe stato sicuramente utile essere più cosciente delle opportunità a disposizione per chi ha un background chimico o scientifico in generale, per avere idee più chiare su quali fossero le esperienze e skills da acquisire e coltivare nel tempo. Infatti credo che si possa fare di più in Italia nel supportare gli studenti ad avere informazioni sul loro futuro e la carriera

Un’ultima domanda, Claudio: torneresti se potessi?

Non adesso. Attualmente ho intenzione di rimanere all’estero per i prossimi anni, forse vivendo in qualche altro Paese prima di fermarmi da qualche parte. Molto dipenderà dall’evoluzione della carriera e della sfera personale chiaramente, quindi valuterò di conseguenza. Ma non escludo un ritorno in Italia nel lungo termine, mi attrae l’idea di fare qualcosa di buono per il mio Paese a patto che questo non vada ad inibire le mie ambizioni di carriera e vita personale.

Grazie Claudio, e in bocca al lupo! 

Rosaria Cercola & Claudio Chesi