Grafene: un jolly in chimica
Difficoltà

Nome, cognome, data di nascita

Il grafene è stato scoperto nel 2004.

Si tratta di un materiale bidimensionale, con atomi di carbonio organizzati in un reticolo esagonale a nido d’ape. In questa struttura, l’atomo di C sfrutta solo tre dei suoi quattro elettroni nei legami con gli atomi di carbonio adiacenti; il quarto elettrone – non legato – ha una certa probabilità di trovarsi in una regione dello spazio (orbitale) che si estende sopra e sotto al piano degli atomi. La sovrapposizione tra gli orbitali di tutti gli atomi di carbonio è tale da formare un unicum, una banda di valenza. Questa situazione rende gli elettroni quasi-liberi di muoversi lungo la lunghezza del reticolo, donando al materiale un’elevata conducibilità elettrica. Aiutandoci con le immagini sottostanti, possiamo immaginare che ogni atomo di carbonio abbia un mini Super Mario che corre all’impazzata sopra al piano degli atomi. Questi mini Super Mario sono i nostri elettroni quasi-liberi.

Il foglio di grafene è alla base della struttura della grafite quando impilato con altri strati, del fullerene e dei nanotubi di carbonio.

Figura 1. Allotropi del carbonio.
[Figura 1. Allotropi del carbonio. Di Michael Ströck, da Wikipedia]

Il grafene, a temperatura ambiente, conduce elettricità più velocemente di qualsiasi altra sostanza, ha un’alta conducibilità termica, è resistente come il diamante e flessibile come la plastica. Queste sue caratteristiche lo rendono particolarmente versatile, dalla biochimica all’elettrochimica.

La sintesi e le applicazioni del grafene valsero il premio Nobel per la fisica del 2010 ai fisici Andre Geim e Konstantin Novoselov, che estrassero il grafene dalla grafite con il metodo Scotch tape, utilizzando del semplice nastro adesivo: con un pezzo di nastro si procede alla rimozione di strati di grafene a partire dalla grafite. Dopo la rimozione del primo strato perché, in genere, contaminato dalle condizioni ambientali, si procede a tirar via gli strati sottostanti. Gli strati che restano “attaccati” al nastro adesivo vengono poi premuti contro un altro pezzo di nastro adesivo e così via. Questo procedimento è realizzabile perché, nella grafite, gli strati paralleli di grafene sono tenuti insieme da forze di interazioni deboli. Questa tecnica però, come si può facilmente immaginare, è di difficile applicazione su scala industriale. 

Figura 2. Un blocco di grafite, un transistor al grafene e un dispenser di nastro adesivo, donati al Nobel Prize Museum di Stoccolma da Andrej Gejm e Konstantin Novoselov nel 2010.
[Figura 2. Un blocco di grafite, un transistor al grafene e un dispenser di nastro adesivo, donati al Nobel Prize Museum di Stoccolma da Andrej Gejm e Konstantin Novoselov nel 2010. Da WikiMedia]

Segni particolari

Le caratteristiche principali di questo materiale provengono dalla semplicità del reticolo cristallino del grafene: gli atomi di carbonio formano un reticolo a nido d’ape, caratterizzato da legami interatomici flessibili che gli conferiscono la capacità di piegarsi quando applicata una forza meccanica esterna; al contempo, la flessibilità evita che la struttura subisca deformazioni.

La conducibilità elettrica è data dal moto degli elettroni da una zona (chiamata banda di valenza) ad un’ altra con una energia maggiore (chiamata banda di conduzione). Nel grafene, queste due zone sono a contatto e, di conseguenza, la conducibilità è elevata. Questo si verifica nei cosiddetti punti di Dirac

Il grafene è impermeabile ai gas, stabile all’aria e alla luce; leggero, resistente e trasparente perché è in grado di assorbire una frazione significativa di radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa tra i 200 nm e i 2300 nm.

Tutte queste caratteristiche intrinseche lo rendono particolarmente versatile e innovativo.

Figura 3. Fogli di Grafene.
[Figura 3. Fogli di grafene. Di seagul da PixaBay]

Modo d’uso

Per la leggerezza e la resistenza, il grafene è usato nella costruzione di una nuova generazione di racchette da tennis, negli pneumatici delle biciclette per renderli più resistenti, nella struttura polimerica della gomma. Si è visto infatti che, se combinato con materie plastiche o con materiali compositi, allora migliorano robustezza, resistenza e conduttività termica del materiale.

Dell’applicazione del grafene nelle nuove tecnologie, a partire da una nuova generazione di batterie fino ai biosensori per la rilevazione di molecole biologiche, si stanno occupando laboratori di ogni parte del mondo.

Quali sono i possibili utilizzi di questa specie di superstar, allora? Per esempio, la costruzione di sensori, per via della possibilità di influenzare il trasporto di carica con l’introduzione di molecole, radiazioni o cariche elettriche; la costruzione di transistor e microchip più veloci di quelli a base di silicio, per l’elevata conducibilità elettrica, come si è visto in precedenza. Si sta pensando, inoltre, di creare batterie a litio di nuova generazione sostituendo la grafite presente negli elettrodi con il grafene; ma anche nella creazione di nuove batterie nanotecnologiche e per supercapacitori per auto ibride e cellulari.

Si è osservato che, immergendo il grafene in un campo magnetico, i suoi elettroni vanno ad occupare orbitali che – di regola – non dovrebbero essere occupati e ne lasciano liberi altri che, invece, dovrebbero risultare occupati. La scoperta di questo fenomeno sta portando allo studio di laser in grado di produrre una radiazione con lunghezza d’onda compresa tra l’infrarosso e le microonde.

Infine, la ricerca si sta muovendo anche verso l’applicazione di fogli di grafene come filtri molecolari selettivi per liquidi e ioni, migliorando così le tecniche di depurazione delle acque.

Per rendere realizzabili queste possibili applicazioni è, però, necessario produrre grafene su scala industriale. La sua produzione è una sfida sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista dei processi di produzione.

La ricerca scientifica incentrata su un impiego diffuso del grafene sembra ben orientata a sfruttare e implementare tutte le sue qualità. Al contempo, gli addetti ai lavori già si interrogano sulla questione dello smaltimento degli oggetti e delle strumentazioni a base di grafene. La produzione e l’innovazione tecnologica e la gestione a fine ciclo vitale dei nuovi prodotti e materiali sono, infatti, due strade parallele.

Figura 4. Nanotubo di carbonio.
[Figura 4. Nanotubo di carbonio. Da WikiMedia]

Preparazione del grafene

Il metodo di sintesi del grafene che ha portato all’ottenimento del premio Nobel 2010 è geniale ma di difficile applicazione su scala industriale perché consiste, come abbiamo visto prima, nello strappare fogli di grafene dalla grafite con del nastro adesivo. Di conseguenza, è necessario studiare nuovi metodi per l’ottenimento dello stesso risultato.

Allo stato attuale, il grafene può essere ottenuto mediante: 

  • rimozione chimica, che può essere effettuata con solventi e soluzioni acquose, con specie atomiche o molecolari intercalanti oppure a partire da ossido di grafite;
  • deposizione chimica da vapore CVD – che utilizza un precursore in fase gassosa; 
  • riduzione operata da batteri.

Rimozione Chimica

  • Con solventi e soluzioni acquose: consiste nella dispersione della grafite o della sua polvere in soluzione. Sottoponendo la soluzione a sonificazione (vibrazioni meccaniche amplificate sfruttando corrente elettrica ad alta frequenza), si ottengono fogli di grafene in sospensione. Importante è la scelta del solvente, in quanto la scelta di un solvente non idoneo porterebbe al riassemblaggio dei fogli ottenuti.
  • Con specie atomiche/molecolari intercalanti: ne sono un esempio i metalli alcalini che vanno ad intercalarsi tra i piani di grafite, tenuti insieme da deboli forze di interazione e che viene ulteriormente diminuita dalla presenza di tali molecole.
  • A partire da ossido di grafite, nel quale gli atomi di ossigeno e di carbonio sono tenuti insieme da legami ossidrilici (-C-OH) o carbonilici (-C=O). A causa dell’ingombro conseguente alla presenza di questi legami, aumenta la distanza tra i fogli di grafene della struttura della grafite. Con questo metodo, si ottengono ossidi grafene che devono essere ridotti a grafene. Il prodotto desiderato, però, non può considerarsi puro per l’elevata concentrazione di ossigeno presente.

CVD – Deposizione chimica da vapore

Il precursore è introdotto in forma gassosa su un substrato solido ed è trasportato in una camera di reazione da un appropriato gas di trasporto, che ha anche la funzione di allontanare i prodotti di decomposizione. Con questo metodo, gli atomi di carbonio che si ottengono dalla decomposizione dei precursori vengono adsorbiti sulla superficie del substrato per poi dissolversi sulla superficie e unirsi a formare il grafene. I precursori usati generalmente sono idrocarburi e il supporto è costituito da rame o nichel.

Riduzione operata da batteri

Questo metodo è utilizzato per produrre grafene a partire da ossido di grafite in fase liquida a cui si aggiungono alcuni batteri e precursori. La funzione dei batteri è quella di ridurre l’ossido di grafene a grafene.  Tutto questo avviene, su scala industriale, in bioreattori.

Dunque, perché questo complicatissimo e lunghissimo articolo sul grafene? 

Perché, superato il problema della sua produzione su larga scala, questo materiale innovativo avrà una grandissima diffusione: se iniziamo ora a conoscerne le molteplici possibilità d’uso, almeno non saremo del tutto impreparati quando dovremo occuparci di smaltire i residui della sua lavorazione o gestirne il recupero!


Francesca A. Frassino

Lucana, laureata in chimica. Attualmente lavoro per un’azienda che si occupa di igiene ambientale e bonifiche. Il mio secondo nome è Assunta e ho impiegato quasi trent’anni per accettarlo. La cosa che mi piace di più è andare dal cinema, possibilmente da sola e in sale semidesertiche. Nel mio piccolo, ho sempre cercato di abbattere il gender gap evidente nella quotidianità di un paesino di provincia. Da piccola sognavo di diventare rockstar, meccanica, architetta, stilista…

Fonti