“Le parole complicate degli psichiatri come quelle dei giuristi, e ancor più di quelle dei politici e dei medici in genere, hanno la funzione di non fare entrare facilmente gli altri nel loro mondo, dato che ormai è risaputo che buona parte del potere passa per l’accesso alle parole ed al loro significato.”
[Giorgio Antonucci]
Poco prima che il SARS-CoV-2 mettesse freno ad attività e spostamenti individuali e sociali, nel Varesotto aveva preso il via la XVI edizione di Filosofarti, il festival della filosofia che rappresenta ormai l’appuntamento con il confronto e la riflessione filosofica, attraverso modalità dialogiche interattive che non snaturano la complessità della teoresi, ma la rendono accessibile e partecipabile da tutti.
Il tema di quest’anno era “Doxa/Episteme (Opinione/Verità)”: “la filosofia si mischia alla scrittura, ai media, all’arte, al teatro e alla fotografia, ma anche alla scienza e alla divulgazione scientifica“, sottolineano gli organizzatori, “per sviluppare la domanda di fondo di ogni essere umano, ovvero la ricerca della verità, in un continuo tentativo di affrancamento da false opinioni che si spacciano per certezze. Del resto, la filosofia e ogni forma di pensiero che si fa concreto, sono di per sé tensione verso la verità, amore di sapienza, sia quest’ultima declinata dal punto di vista razionale/scientifico o da quello teologico/religioso nonché, nell’era dei social, da quello dei media e di una società trasparente e liquida da essi prodotta”.
Queste parole risultano straordinariamente calzanti, specialmente in questo momento, in cui ognuno di noi si sente aggrovigliato in una matassa esorbitante di informazioni sulla crisi sanitaria, spesso faticando a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso (le famigerate fake news).
Proprio per questo motivo, oggi più che mai, risulta interessante e attuale il contributo apportato da Filosofarti e dalla lectio magistralis tenuta lo scorso 22 Febbraio al Teatro delle Arti di Gallarate (Varese) da Umberto Curi, filosofo italiano, professore emerito di Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi di Padova e docente presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Il suo intervento è consistito in un illuminante excursus su un personaggio della mitologia greca, un dio minore, talora oscurato un po’ dalle più celebri divinità greche antiche studiate sui banchi di scuola: Hermes (conosciuto anche col nome latino Mercurio).
Addentriamoci nel tema.
Secondo la leggenda, Hermes è figlio della relazione adulterina tra Zeus e la ninfa Maia. Nasce in Arcadia, in una grotta del monte Cillene. Liberatosi presto dalle fasce natali, si intrufola nei possedimenti di Apollo (figlio di Zeus e Leto) e ruba cinquanta armenti, sacrificandone quattro per godere del profumo della loro carne. Apollo allora lo minaccia di morte, ma Hermes gli offre uno scambio: lui prenderà le vacche e cederà ad Apollo una lira dal suono melodioso, ricavata dal guscio di una tartaruga, capace di placare l’odio e la rabbia.
Nella scena appena descritta, Hermes spicca innanzitutto per la sua furbizia, per la destrezza nel sapersi districare in situazioni complicate. È veloce, scaltro, impaziente.
Dando un rapido sguardo alle arti figurative, Hermes presenta la trasposizione fisica delle medesime caratteristiche: giovane snello e atletico, appare vestito con abiti da viaggiatore (che ne connotano la natura “movente”, “mobile”), un petaso (elmo alato) che ne protegge l’intelletto e ne esalta la dignità, piedi avvolti in sandali, anch’essi alati (che simboleggiano la velocità dei suoi spostamenti). Impugna il caduceo, bastone alato attorno al quale si intrecciano due serpenti (simbolo della sua potenziale ambiguità, da non confondere col bastone di Asclepio, dio della medicina).
Tutta la simbologia di cui è pregna la figura di Hermes, ne chiarifica l’identità: è il dio messaggero, l’incarnazione del movimento e della comunicazione. Non solo: come abbiamo già detto, è un dio scaltro, veloce, mutevole e perciò ingannevole. Non per nulla è anche detto dio dei ladri e del commercio (l’episodio delle vacche di Apollo è emblematico).
Nell’inno “Ad Hermes” attribuito a Omèro, viene descritto come dio politropos, dalle mille capacità, in grado di padroneggiare astutamente il logos (nell’accezione latina di discorso). In effetti, ovunque venga registrato un qualsiasi tipo di metabasis, cioè un mutamento, una transizione, intesa anche come interpretazione, la letteratura mitologica riporta ad Hermes.
Platone, nel dialogo “Cratilo”, tratta il problema del linguaggio in rapporto all’esattezza della terminologia utilizzata; esamina, tra gli altri, il nome di Hermes nella sua etimologia, concludendo che possa avere una qualche attinenza con l’essere ermeneus, cioè interprete, ricordando anche che alcuni gli attribuiscono la paternità di Pan (un dio non olimpico simile ad un satiro), sostantivo neutro che significa “tutte le cose”.
Hermes rappresenta quindi il dominio del logos, la potenza della parola.
Risiedono nella parola, infatti, tutte le caratteristiche raffigurate anche nel dio messaggero: una comunicazione rapida (soprattutto ai giorni nostri, gli antichi greci stenterebbero a crederci!), efficace, che ha la capacità di modificarsi, di contraddirsi, di essere ambigua, di ingannare un ascoltatore inesperto.
Non è sorprendente constatare che, al tempo degli dei dell’Olimpo, si fosse già consci della potenza della comunicazione? Quelle che appaiono come semplici “storielle”, sono in realtà rappresentazioni che custodiscono un significato più profondo e inevitabilmente attuale.
È altresì fondamentale focalizzare l’attenzione su un aspetto: le peculiarità della parola rispecchiano facoltà precipue dell’uomo, alcune negative come l’astuzia, l’ambivalenza, l’inganno, ma anche positive. Sempre secondo la mitologia, ad Hermes infatti viene affidato, tra gli altri, il compito di psicopompos, cioè di conduttore di anime, di mediatore tra il regno degli uomini e quello degli inferi. In senso lato, identifica la capacità dell’uomo di far comunicare mondi diametralmente opposti e questo è un talento che ai giorni nostri potrebbe abbattere numerose barriere, come ideologie estreme e pregiudizi, se solo si riuscisse a farlo prevalere sulla paura.
Ma torniamo al nostro Hermes e cerchiamo di capire che ruolo può svolgere nelle nostre vite, in particolare in questo momento di baraonda mediatica legata all’emergenza sanitaria.
Essere consapevoli del potere che il linguaggio e la comunicazione possono avere su di noi, ci pone con la giusta prospettiva nei confronti di qualsiasi oratore e di qualsivoglia fonte di informazione, dai giornali, ai libri, ai mass media fin persino alle “voci di corridoio”.
Quindi, come è possibile difendersi dalla parte peggiore di Hermes o, per dirla in modo a noi più familiare, da fenomeni come fake news, pubblicità ingannevoli e terrorismo psicologico?
Ogni parola rappresenta qualcosa: un oggetto, un’idea, un’emozione, un significato semplice o uno estremamente complesso. Ognuna di queste parole è un’arma: più parole conosco, più sarò in grado di identificare ciò che mi accade e di comprendere ciò che mi circonda. Più parole accumulerò, più disporró di strumenti conoscitivi, le mie analisi potranno essere più dettagliate, le probabilità d’errore ridotte. Conoscere più parole possibili è il segreto per combattere ad armi pari, o quasi, contro chi tenta di usarle a nostro discapito. È faticoso, ma non impossibile.
Ecco perché è importante studiare la lingua italiana, leggere e attingere da fonti esperte e affidabili: le parole sono la nostra finestra sul mondo. Senza di esse, non riusciremmo a dare un ordine ai pensieri, non sapremmo come comunicare un sentimento, come trasmettere il sapere matematico, come elaborare una teoria astrofisica, insomma come difenderci dalle menzogne: saremmo pedine nelle mani di gruppi faziosi e opportunisti.
Hermes, la mitologia greca e la lectio magistralis del Professor Curi, ci danno l’occasione di riflettere su quanto sia importante stare attenti a non diventare vittime del peggior potere comunicativo, ma esserne protagonisti attivi ed entusiasti. Noi di Barscienza, nel nostro piccolo, cerchiamo di fare la nostra parte, fornendovi informazioni quanto più possibile utili, chiare e verificate.
Ps. Se conosciamo persone che appartengono ad un’altra generazione o che semplicemente non dispongono del tempo e delle risorse necessarie per “rimpolpare le loro munizioni” contro le fake news, cerchiamo di essere solidali e di dar loro una mano: argineremo il più possibile il diffondersi di false credenze e informazioni ingannevoli.
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Doriana Donno
Fonti:
– Lectio magistralis del Professor Umberto Curi, “Hermes ed Ermeneutica”, Varese, 22 Febbraio 2020.
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