Il corpo umano fra ‘natura’ e ‘cultura’
Difficoltà

Per capire l’importanza che l’antropologia medica ha avuto sia all’interno dell’antropologia sia, soprattutto, all’interno della biomedicina, è necessario interrogarsi innanzitutto su quali e quante dimensioni abbia il corpo umano. 

Siamo portati a pensare al corpo come un elemento “naturale”, composto di elementi strettamente biologici: bene, questo articolo ha la precisa finalità di farvi cambiare idea in merito o, perlomeno, provare a mettere in discussione queste certezze.

Per far ciò, rispolveriamo un classico dell’antropologia del secolo scorso. Si tratta del saggio di Marcel Mauss, Le tecniche del corpo, testo fondativo per comprendere le premesse dell’antropologia medica contemporanea. 

È un saggio molto breve, dal momento che si tratta della trascrizione di una comunicazione che Mauss fece nel 1934 alla Société de Psychologie di Parigi. Marcel Mauss è considerato fra i padri dell’etnologia francese e la multidisciplinarietà era il suo personale spirito-guida. Il saggio, infatti, si propone di unire le prospettive antropologiche, psicologiche e sociologiche (in rigoroso ordine alfabetico e non di importanza), con la finalità di superare la concezione solo biologica del corpo umano.

Con tale espressione, Mauss intende i modi in cui gli esseri umani, nelle diverse culture, si servono dei propri corpi. Per capire di cosa stiamo parlando, è utile pensare, per esempio, ai modi diversi in cui ci sediamo, mangiamo, danziamo… non concentratevi sul vostro amico con forti e imbarazzanti problemi di coordinazione, quanto piuttosto sulle differenze fra la danza classica, il Tari Kraton giavanese o il samba brasiliano, ma anche ai modi diversi in cui acconciamo i capelli.

[da Unsplash; collage a cura dell’autrice]

Mauss si propone di pensare all’essere umano nella sua totalità e non come diviso fra categorie biologiche, psicologiche, sociologiche e antropologiche. Questo gli permette di considerare le connessioni fra individuale e sociale, considerando gli esseri umani come frutto dell’ambiente sociale in cui vivono, come prodotto storico-culturale. Gli esempi che potrei enumerare sono infiniti: saper usare le posate/le mani/le bacchette per mangiare; modificazioni genitali, quali la circoncisione; ma anche saper misurare gli ingredienti ‘a occhio’ è una tecnica del corpo oppure le varie tecniche di nuoto esistenti nel mondo. Non esistono solo gli ‘stili’ a cui le gare di nuoto ci hanno abituati, ma delle vere e proprie tecniche differenti, a seconda del contesto culturale. Perfino l’atto di dormire varia a seconda della regione e del gruppo sociale (chi dorme ‘per terra’, chi senza cuscino…). Pensiamo anche, per esempio, a quanto la medicina e il generale miglioramento delle condizioni di vita dal secondo dopoguerra in poi abbiano portato all’aumento dell’età media delle persone e ad avere corpi più resistenti e sani. 

Corpi che si ammalano di meno e ci mettono più tempo a morire, per dirla in modo brutale. Condizioni socio-culturali differenti hanno aiutato a modificare le condizioni biologiche del nostro corpo.

[Etnia Maasai, di Randy Fath da Unsplash]

Insomma, in modo più o meno consapevole, educhiamo i nostri corpi a fare delle cose, incorporando conoscenze sociali. Addomestichiamo, per così dire, l’elemento che consideriamo ‘naturale’ per eccellenza, il nostro corpo. Pensiamo a un bambino che inizia ad andare a scuola: la scuola e gli insegnanti educheranno il suo corpo a stare seduto in un certo modo per parecchie ore; a impugnare la penna per scrivere e i pennelli per disegnare; imparerà che durante l’intervallo o durante le lezioni di ginnastica potrà correre, ma verrà redarguito se lo farà durante le lezioni di matematica. 

A person doing a handstand on a beach

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[di David Hofmann da Unsplash]

I movimenti che facciamo con il nostro corpo sono un prodotto socio-culturale; ma li diamo a tal punto per scontato, da considerarli “naturali”. E, spesso, consideriamo ‘contro natura’ o primitivi comportamenti culturali diversi dai nostri. Insomma, grazie a Mauss osservare il corpo diventa un mezzo privilegiato tramite cui osservare i legami sociali.

Direte voi: ok, ci parli di tatuaggi, di modificazioni del corpo e dei suoi movimenti, ma… cosa c’entra tutto questo con la biomedicina e con la cura del corpo?

Non siate precipitosi: ci mancano ancora un paio di pezzettini prima di arrivare a parlare della prospettiva dell’antropologia medica… quindi vi chiedo di essere pazienti a attendere di leggere i miei prossimi contenuti. Per il momento, vi lascio con una domanda: secondo voi, concepire il corpo come costituito di parti non visibili a occhio nudo, quali per esempio il DNA, le cellule, i globuli bianchi e rossi… è ‘naturale’ o è ‘culturale’?

[Da YouTube]

Carolina Boldoni

Carolina Boldoni è in attesa di discutere la sua tesi di dottorato in Antropologia Culturale. È una grande amante di pisang goreng, le banane fritte in pastella tipiche dell’Indonesia e delle atmosfere tropical-trash. Vivere in posti che di solito la gente non conosce, come Timor Est e la Guinea Bissau sono fra le attività più rilevanti da lei svolte finora. C’è chi la definisce l’antropologa dell’instagram.

Bibliografia:

  • Michela Fusaschi, Corporalmente Corretto, Roma: Meltemi, 2008.
  • Marcel Mauss, “Les techniques du corps”, Journal de Psychologie, XXXII, n 3-4, mars-avril, 1936. (Comunicazione presentata alla Société de Psychologie il 17 maggio del 1934).
  • Marcel Mauss, Le tecniche del corpo, Pisa: Edizioni ETS, 2017.
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