La fonte energetica che salverà l’Umanità

Terra, Anno Domini 2022, oggi. 

L’umanità si risveglia in un Mondo segnato da una pandemia, la crisi ambientale sta mettendo in ginocchio intere aree del pianeta, eventi catastrofici sono in aumento già da alcuni decenni, si intensificano i movimenti e le azioni di protesta, i giovani sono in preda al panico, instabilità politiche risvegliano vecchie tensioni, la guerra è in Europa.

Non è catastrofismo, è il terzo anno del terzo decennio del terzo millennio dell’era volgare

Immagine che contiene treno, fumo, vapore, esterni

Descrizione generata automaticamente
[Torri di raffreddamento della centrale geotermica di Larderello, in provincia di Pisa, nel 1961. Fonte: Charles Fenno Jacobs – U.S. National Archives and Records Administration (Pubblico dominio)]

Gli eventi drammatici degli ultimi mesi ci hanno sbattuto in faccia un problema che avremmo dovuto affrontare già da diversi decenni ma adesso non possiamo più rimandare.

Una delle ragioni principali di questo dissesto politico e ambientale è il riscaldamento globale, dovuto all’aumento di CO2 nell’atmosfera, causato dalle attività dell’uomo negli ultimi secoli. Le emissioni di gas serra derivano principalmente dalla produzione di energia che impieghiamo per soddisfare i nostri bisogni: produrre, spostarci, riscaldarci, ecc…; quindi, la sfida che deve affrontare la specie umana è quella di trovare le fonti più efficienti e pulite per generare l’energia necessaria* per il proprio sostentamento.

*Nota a margine: qui il termine “necessaria” potrebbe portare a un discorso di natura filosofica. È vero che i paesi occidentali hanno il dovere di controllare i consumi. Ma è altrettanto vero che ci sono nazioni in via di sviluppo a cui non si può chiedere di ridurre la produzione di energia e restare indietro e, soprattutto, ci sono interi continenti in cui la crescita energetica è necessaria (qui sì) per uscire da situazioni di povertà. È un discorso veramente ampio ed esula dall’intento di questo articolo.

L’obiettivo deve essere, quindi, quello di scegliere la migliore fonte di energia per vincere questa sfida. Non è sicuramente un compito facile perché le variabili in gioco sono tante e di varia natura: ambientali (geomorfologia, presenza di acqua, sottosuolo, maree), climatiche (vento, sole, precipitazioni, siccità), tecniche (disponibilità di tecnologie e professionisti, sviluppo e ricerca, sicurezza, gestione scarti), economiche (costi, disponibilità di risorse pubbliche, lobby, multinazionali), sociopolitiche (scelte dei governi, percezione dei cittadini riguardo le tecnologie, movimenti di protesta, comunicazione), geopolitiche (reperimento risorse, estrazione, rapporti tra Stati), per citarne alcune.

La Terra pare una tela di Kandinsky”, direbbe Caparezza. Lo scenario è così variegato e arbitrario che occorre partire da un discorso globale di pro e contro delle varie tecnologie disponibili (lo stiamo per fare, senza presunzione di essere esaustivi) per poi andare ad indagare la loro effettiva applicabilità a livello locale (non lo faremo per ovvie ragioni, ma magari ci scappa qualche esempio).

Emettere meno e salvare la pelle.

Si parte, naturalmente, dall’impatto in termini di emissioni di gas serra nell’atmosfera che è quello che vogliamo evitare. Il diagramma sulla destra rappresenta le tonnellate di CO2 equivalente che vengono prodotte da ogni fonte per coprire il consumo annuale di 150 europei. E da qui la prima conclusione: i combustibili fossili (carbone, petrolio e gas), ai primi tre posti, dominano la scena per distacco. Ma non solo: le fonti più pulite sono anche quelle più sicure. Basta fare il confronto con il diagramma a sinistra, relativo al numero di morti causate per poter fornire di elettricità 150.000 persone per un anno, in Europa.

[Fonte del grafico: il sito di “Our World in Data”, un progetto con base all’Università di Oxford che si propone di analizzare il mondo sulla base dei dati. Sul sito sono riportate accuratamente tutte le fonti, nonché le metodologie utilizzate per le analisi statistiche.]

I ricercatori di Oxford hanno considerato tutto: morti dirette e indirette, malattie, inquinamento, tutti gli incidenti dalla miniera fino allo smantellamento a fine vita dell’opera. Tutto, persino gli annegamenti durante il montaggio delle turbine off-shore. Rinnovabili e nucleare risultano le più pulite e sicure. Fa eccezione l’idroelettrico che è molto più pericoloso: due ordini di grandezza. È tanto, anche se i numeri sono piccoli. Pesano, infatti, le grandi disgrazie avvenute in passato, principalmente il crollo della diga di Banqiao, in Cina, con 170.000 morti ma in Italia si ricorda anche la tragedia del Vajont.

Per capire meglio i numeri di cui stiamo parlando: se decidessimo di alimentare una città di 150.000 abitanti esclusivamente con energia derivante dal carbone, uccideremmo 25 persone ogni anno; se fosse possibile, invece, produrre solo con il solare, causeremmo la morte di un cittadino in circa mezzo secolo. Detto in un altro modo: 50 anni di carbone portano al prematuro decesso di 1.250 abitanti mentre 50 anni di solare, eolico o nucleare provocano la morte di una o due persone al massimo. È una scelta facile da questo punto di vista.

Soddisfare la domanda.

Quando scegliamo una fonte per coprire il nostro fabbisogno energetico, dobbiamo tenere in considerazione che per tutte le ore del giorno è richiesta almeno una quota minima di potenza. La domanda di elettricità non si interrompe mai; perciò, non deve mai fermarsi la produzione. Questa potenza minima che è necessario fornire ininterrottamente, si chiama “carico di base”. Se vogliamo soddisfarlo ci serve una fonte che sia disponibile sempre, che non si prenda pause, reperibile h24, la più stakanovista di tutte le fonti. E deve essere meno aleatoria possibile. 

Se fossimo ad un colloquio di lavoro e stessimo intervistando la fonte energetica per determinarne l’affidabilità, le chiederemmo qual è il suo “fattore di capacità”.

Tralasciamo la definizione tecnica e prendiamo il modo più semplice di vedere la cosa. Supponiamo che una centrale elettrica possa produrre solo in due modi: o al massimo delle proprie possibilità oppure per niente. La percentuale di tempo in cui produce è il fattore di capacità. Facile. Possiamo utilizzarlo per decidere se la fonte energetica sarà destinata a soddisfare il carico di base o se si dovrà adattare a gestire i picchi di domanda.

[Fattori di capacità delle fonti più performanti negli USA nel 2019. Fonte: U.S. Energy Information Administration (EIA)]

I dati di questo grafico sono relativi agli impianti più performanti negli Stati Uniti d’America ma sono abbastanza indicativi dei fattori di capacità in gioco a livello globale. Per esempio, è chiaro che un pannello fotovoltaico ha bisogno del Sole per funzionare e di essere colpito dai suoi raggi con un certo angolo di inclinazione. Così come una turbina eolica necessita di una certa intensità del vento, né troppo veloce, né troppo lenta, per produrre in modo continuativo. Purtroppo, non possiamo comandare a nostro piacimento gli eventi meteorologici e dobbiamo tenerceli così, intermittenti e imprevedibili. Ecco che, quindi, fotovoltaico ed eolico hanno fattori di capacità molto bassi anche nelle zone più ventose e soleggiate del pianeta. Diverso è il discorso per le altre rinnovabili (idroelettrico e geotermico). Esistono, infatti, paesi come il Costarica, la Norvegia e l’Islanda che, tramite queste tecnologie, producono 100% rinnovabile, grazie alla loro posizione, alla loro conformazione geomorfologica e alla bassa densità abitativa.

Nel resto del pianeta, le tecnologie che permettono di soddisfare il carico di base sono le centrali a combustibili fossili e le centrali a fissione nucleare. Queste ultime in particolare possono vantare un fattore di capacità medio vicino al 100% perché richiedono manutenzioni più sporadiche e, spesso, il combustibile può essere sostituito con il reattore in funzione.

Non sprecare suolo e risorse.

La sostenibilità ambientale passa, obbligatoriamente, sul consumo delle risorse. Più precisamente, si deve valutare quanti e quali materiali sono necessari per costruire strutture e infrastrutture, dove possiamo reperire le materie prime, quali rapporti abbiamo con chi le estrae, se dobbiamo trasportarle, se i lavori di cava hanno un impatto ambientale o sociale, quali sono i costi, le durate in esercizio delle opere e chi più ne ha più ne metta… Come si può intuire è un discorso da cui non se ne esce e che non si può generalizzare ma va visto caso per caso.

[Materiali impiegati per produrre un TWh di energia Fonte: US Department of Energy]

Solo per fare un esempio, questo diagramma mette in relazione le tonnellate dei vari materiali necessari a produrre un terawattora di energia elettrica. Ecco che un impianto idroelettrico, tipicamente una diga, richiede ingenti quantità di calcestruzzo. 

Il discorso si deve ampliare anche al consumo del suolo. Non serve ingozzarvi con altri numeri per notare che pochi km2 di centrale a fissione hanno la stessa potenza di decine di migliaia di ettari di pannelli solari, per via della sua alta densità energetica. 

Accontentare le persone.

Ora, supponiamo di aver analizzato per bene tutte le variabili ambientali, economiche, geopolitiche, fatto analisi e previsto scenari futuri, trovato soluzioni tecniche e reperito i fondi. Tutto molto bello ma… dobbiamo ancora consultarci con gli altri. Serve che le altre persone siano d’accordo sulla scelta della fonte energetica che vorremmo utilizzare per sostentarci.

Naturalmente ogni popolazione ha la sua percezione riguardo la tecnologia, per lo più basata su criteri culturali, ma sulla quale influisce anche la comunicazione degli attori coinvolti nel processo decisionale e, spesso, anche delle lobby. 

[Percezione di rischio e dimensioni degli impianti di produzione in Italia. Fonte: ENEA]

Da un report di ENEA possiamo vedere lo scenario italiano riguardo l’accettazione popolare delle diverse fonti per la produzione di energia elettrica. È del 2017 quindi è palesemente obsoleto, visto tutto quello che è successo nel frattempo. Ma è utile per far notare come una sola di queste variabili può ribaltare completamente la situazione, più di quanto farebbe Alessandro Borghese. Il nucleare è ritenuto, infatti, molto pericoloso per i cittadini e per l’ambiente e si ritiene anche che impieghi più spazio. Tantopiù che l’Italia è uno dei quattro stati del Mondo in cui produrre energia elettrica tramite la fissione nucleare è illegale. Gli altri sono Austria, Danimarca e Uruguay.

Ho deciso!

È chiaro che in uno scenario del genere non può esistere una soluzione universale perché ogni Paese (o addirittura ogni territorio) ha le proprie caratteristiche e le proprie necessità, per questo si parla di progettare un mix energetico: integrare le varie possibilità in ottica di ottimizzare l’efficienza e la sostenibilità.

Ho deciso che la domanda iniziale è mal posta e non ha una risposta assoluta e univoca. Tutte le fonti sono buone in particolari condizioni e per servire determinati scopi. Quasi tutte… il carbonio deve restare sottoterra.


Enrico Laerte Corona

Ingegnere civile con poca voglia di sollevare muri e tanta di costruire ponti.
Mentre va su e giù tra la Svizzera, Torino e la Sardegna, legge, scrive, cucina, gira, fa.

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