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La foresta è uno stato d’animo. (Gaston Bachelard)
Il nostro pianeta è un tripudio di luoghi affascinanti e meravigliosi, che non basterebbe una vita per riuscire a goderne e contemplarne a sufficienza. Tra i posti di maggior bellezza e ricchezza naturalistica, vi sono indubbiamente le foreste vergini, quelle incontaminate, non interessate dall’azione dell’uomo.
Ufficialmente, si è deciso di definirle foreste vetuste (dall’inglese old-growth forest).
Il basso grado di disturbo e i molteplici microhabitat che le compongono – margini, radure, legno morto, cavità degli alberi, ecc. – fanno di queste foreste dei luoghi biologicamente ricchi e variegati, un succulento giacimento di informazioni ecologiche.
Lo sviluppo di una foresta indisturbata prevede la compresenza di fasi di rinnovazione, sviluppo, maturità e senescenza, in cui il grado più elevato di diversità biologica e di eterogeneità strutturale si raggiunge nell’ultima fase, dando vita ad un mosaico che si diversifica continuamente a seguito dei processi di rigenerazione.
Le foreste vetuste sono luoghi pregni di fascino e mistero, dove la natura lavora incessantemente con ritmi e modalità che talvolta all’uomo risulterebbero insondabili. La quantità di legname presente in questi luoghi è circa il doppio rispetto a quella dei boschi da selvicoltura. A pari condizioni di quota, piovosità, substrato, ecc. una foresta vetusta presenta circa 1200 metri cubi di legname per ettaro, mentre un allevamento maturo di abete, per esempio, arriva massimo a 500-600 metri cubi. Questo perché gli alberi non cessano mai di crescere, in altezza e in diametro. Quando muoiono, restano in piedi per molto tempo, vengono colonizzati da spettacolari funghi a mensola, che richiamano svariati insetti e molte specie di picchi che se ne nutrono. Quando crollano a terra, dai semi che giacevano sul morbidissimo suolo in religiosa attesa, nascono migliaia di plantule, baciate dai raggi del sole che fino a quel momento la chioma monumentale non faceva trapelare, e ben presto lo “spazio vuoto” si ripopola di vita.
L’ importanza delle foreste vetuste è dunque facilmente intuibile: esse rappresentano l’interazione tra miriadi di fattori, escluso quello umano. Costituiscono il modello di riferimento per la valutazione dell’impatto umano sugli ecosistemi forestali: tali valutazioni consentono di programmare una gestione sostenibile del bosco, che integri funzioni ecologiche, sociali ed economiche.
Uno dei fattori che ne determinano l’esistenza (e resistenza) è la loro irraggiungibilità: le autorità locali evitano accuratamente la costruzione di strade nelle vicinanze e qualsiasi tipo di indicazione della loro presenza; se segnalate, sono state debitamente recintate, e l’accesso consentito limitatamente ad addetti ed esperti. In Italia, si trovano in Veneto, Emilia, Toscana, Abruzzo, Calabria e Sardegna. Sono intricate macchie boschive, dove regnano antichi esemplari di pino cembro, leccio, farnetto, faggio e abete bianco, alberi dai tronchi contorti ricoperti di muschi, o coi licheni che, penzolando, ne adornano i rami.
Sono luoghi che è più prudente definire “quasi vergini”: sul nostro territorio si è operata l’eliminazione del bosco su vaste superfici, per favorire le coltivazioni, e per il fabbisogno di legname si è quindi attinto alle rimanenti comunità forestali, che per questo motivo non possono più esser ritenute totalmente incontaminate.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Internazionale delle Foreste, che si celebra ogni anno il 21 marzo, dando vita a numerose iniziative, come le campagne di piantumazione di nuovi alberi.
Le foreste coprono un terzo della superficie della Terra, e sono vitali per noi e per il pianeta. Sono ecosistemi che accolgono oltre l’80% delle specie viventi: quasi 2 miliardi di persone, tra cui oltre 2000 culture indigene, ne sono da esse dipendenti per il loro sostentamento, riparo, medicinali ed energia.
Ciò nonostante, la deforestazione su scala globale raggiunge livelli sempre più allarmanti: circa 12 milioni di ettari di foreste vengono distrutti ogni anno, molto spesso dal fuoco, incrementando pericolosamente le emissioni globali di gas serra.
Abbiamo poco potere di fronte a scelleratezze umane tanto sconfinate, ma ognuno di noi può perseguire comportamenti corretti e rispettosi verso la natura: la nostra “piccolezza” non toglie valore a ciò che facciamo.
E allora ricordiamocelo, il 21 marzo e ogni giorno, di prenderci cura del nostro verde, se possibile di piantare alberi… perché fa bene. A noi e al pianeta.
Doriana Donno
Fonti:
- Daniele Zovi, Il valore e l’importanza delle foreste antiche, Temi e riflessioni – Marzo 2022
- Conalpa.it – Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio ETS