Marte: storia del fratello della Terra
Difficoltà

[Figura 1 – Nasa]

Il 18 Febbraio 2021 è atterrato su Marte Perseverance, il rover della NASA i cui compiti principali saranno la ricerca di tracce di vita passata sul pianeta e la raccolta di rocce e campioni di suolo.

Ma, allo stato attuale, che cosa sappiamo di Marte?

Se 4,5 miliardi di anni fa vi foste trovati a fare un viaggio su Marte, avreste trovato un pianeta caldo e umido, con un’atmosfera paragonabile per densità a quella terrestre. Ai vostri occhi si sarebbe presentato un paesaggio ricco di laghi e fiumi: quasi un paradiso!

Con il passare del tempo, è successo qualcosa che lo ha reso il pianeta arido e freddo che conosciamo oggi, il Pianeta Rosso. Già, ma cosa?

Bè, per una volta non siamo stati noi umani (né qualche altra specie civilizzata) a distruggere un pianeta.

Il motivo lo scopriremo alla fine (vi lascio un po’ di suspense…)

Nel 1610 si ha la prima osservazione con un cannocchiale di Marte, ad opera di Galileo.

Qualche anno dopo, nel 1659, Huygens riesce a identificare una macchia scura sul pianeta e, misurando l’intervallo di tempo tra un’apparizione e l’altra, calcola la durata del giorno marziano (chiamato “sol”), corrispondente a 24,6 ore.

Come la Terra, il cui asse di rotazione è inclinato di 23,3° rispetto alla perpendicolare al piano dell’eclittica (il piano nel quale la Terra orbita attorno al Sole), similmente anche Marte ha un’inclinazione dell’asse di rotazione di 25,2°.

A causa di questo, anche su Marte abbiamo delle stagioni, con l’estate nell’emisfero inclinato verso il Sole e l’inverno nell’emisfero opposto.

Tuttavia, l’assenza di un’atmosfera densa come quella terrestre e la maggiore distanza dal Sole, fanno sì che la temperatura superficiale del Pianeta Rosso oscilli in un intervallo tra i +20°C di giorno e i -140°C di notte.

Abbiamo detto che l’atmosfera marziana, composta prevalentemente di anidride carbonica, con piccole percentuali di azoto, argon e altri gas, è rarefatta.

Tuttavia, questa risulta sufficientemente densa da permettere la formazione di nuvole.

Nel 1666 l’astronomo italiano Cassini osservò per la prima volta le calotte polari di Marte, degli immensi depositi di ghiaccio e ghiaccio secco.

A causa dell’alternanza delle stagioni, quando una calotta polare si ingrandisce, quella sull’emisfero opposto si rimpicciolisce, a causa dello scioglimento (o, meglio, sublimazione, ossia il passaggio di una sostanza dallo stato solido allo stato gassoso) dei suoi ghiacci.

Quando avviene la sublimazione e il ghiaccio ai poli si riduce, il terreno sottostante viene liberato dai ghiacci, franando a valle.

Il cedimento del terreno causa il sollevamento di enormi nuvole di polvere rossa.

[Figura 2 – Immagine di Marte in cui è evidente il polo nord ricoperto di ghiaccio – Nasa]

Un fenomeno molto frequente su Marte sono le tempeste di polvere, spesso sotto forma di mulinelli.

Queste tempeste si muovono a grande velocità e a volte sono talmente imponenti da essere visibili anche dalla Terra.

Esse hanno una durata piuttosto lunga, che va dalle settimane ai mesi.

Nel 2018 Opportunity, il rover della NASA mandato in esplorazione sulla superficie marziana, ha avuto occasione di essere coinvolto in una di queste tempeste di polvere.

Tale evento si è rivelato fatale per il rover, i cui pannelli solari non hanno più ricevuto energia dal Sole, conducendolo così ad un lento spegnimento.

Analizzando la superficie marziana, il paesaggio più ricorrente è costituito di immense pianure aride, di terreno rosso/giallo.

Tuttavia, sono anche presenti monti elevati e vulcani; proprio Marte è il detentore del primato per il rilievo più alto del Sistema Solare, l’Olympus Mons, un vulcano a scudo con una base di oltre 600 km di diametro e un’altezza di ben 25 km, facendo così sfigurare il nostro Everest, il quale ha un’altezza di “solo” 8,8 km.

A cosa è dovuto il caratteristico colore rosso della superficie marziana?

Questa colorazione si deve alla composizione della polvere di Marte, formata di ematite, un ossido di ferro di colore rosso/arancio.

Proprio questo minerale costituisce uno degli indizi della presenza di acqua su Marte in passato, in quanto si tratta di un composto che, in generale, si forma in presenza di acqua.

Ma la presenza di acqua in tempi antichi è stata confermata anche dalle missioni Viking, che individuarono strutture geologiche che, solitamente, sono formate dall’acqua, come bacini chiusi.

Tutti questi indizi hanno condotto a ipotizzare con ragionevole certezza che, in un passato molto antico, in un’epoca chiamata Noachiano (allusione al diluvio universale biblico), su Marte fossero presenti laghi e fiumi pieni d’acqua.

Tornando all’interrogativo iniziale, cos’è successo che ha cambiato in maniera così drastica il paesaggio, trasformando Marte da “fratello” della Terra a Pianeta Rosso, arido e freddo?

La causa non è da ricercare in qualche evento avvenuto in superficie, bensì in un evento avvenuto in profondità, nel nucleo del pianeta.

Oggi il campo magnetico di Marte è estremamente debole.

Infatti, si ipotizza che inizialmente Marte, proprio come la Terra, avesse un suo campo magnetico, generato da moti convettivi del suo nucleo fuso metallico.

Ad un certo punto, all’incirca 4 miliardi di anni fa, tali moti convettivi si sarebbero arrestati; il motivo di ciò è ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati.

Tra le ipotesi in gioco, ci sarebbero le piccole dimensioni del pianeta: avendo un piccolo nucleo, questo si sarebbe raffreddato velocemente, divenendo solido e interrompendo così i moti convettivi.

Questo “spegnimento” del campo magnetico è evidente confrontando rocce antiche con rocce di formazione più recente.

Le prime risultano magnetizzate, conservando traccia del campo magnetico del pianeta, le seconde sono prive di magnetizzazione.

In che modo l’indebolimento del campo magnetico avrebbe portato a una trasformazione radicale della superficie marziana?

I pianeti sono costantemente bombardati dal vento solare, un flusso di particelle cariche proveniente dalla corona solare.

Essendo particelle cariche, nella Terra queste vengono prevalentemente fermate e deviate dal campo magnetico, che forma una sorta di scudo magnetico attorno al pianeta. Tali particelle, intrappolate tra le linee di campo della magnetosfera, vanno a formare le fasce di Van Allen.

Ma, laddove un campo magnetico non è presente, queste particelle possono giungere fino alla superficie del pianeta e interagire con l’atmosfera.

Come conseguenza di tale interazione, le particelle dell’atmosfera marziana si riscaldano, aumentano la loro energia cinetica, e sono strappate al pianeta.

La rarefazione dell’atmosfera rende impossibile la vita sulla superficie del pianeta per vari motivi, tra i quali il costante bombardamento di raggi ultravioletti.

Quali altri segreti ci riserverà il Pianeta Rosso? 

La parola a Perseverance e alle prossime missioni. 


Andrea Marangoni

Laurea Magistrale in Fisica con una tesi sui dischi circumstellari presso l’Università degli Studi di Padova.

Appassionato di scienza fin da bambino, tifoso della Juventus, nel tempo libero mi piace dedicarmi all’attività fisica. 

“I’m just a mad man in a box”.

Fonti