Lavorando in un’azienda farmaceutica che sviluppa farmaci antitumorali, mi viene spesso chiesto:
“È vero che esiste una cura definitiva per il cancro ma le aziende farmaceutiche la nascondono?”
La risposta è sempre quella:
NO!
Ad oggi una cura universale per il cancro non esiste.
Quotidianamente combatto la mia personale crociata contro le fake news su Facebook, scrivendo in privato a quei contatti che condividono notizie relative alla panacea di turno, che sia il bicarbonato, il limone, l’aloe e chi più ne ha, più ne metta.
Le risposte che ricevo sono indice di quanto la gente sia disinformata.
Istruzione e buon senso a parte, mi sono chiesto perché (così come tanti altri argomenti) le notizie riguardanti queste malattie vengono condivise senza un’analisi oggettiva del contenuto.
La risposta che mi sono dato è una sola:
Il cancro fa paura!
Le persone condividono questi contenuti in buona fede, generando però la falsa speranza che una malattia grave come un tumore e tutte le conseguenze che porta con sé, possa essere risolta con sostanze che possiamo trovare nella dispensa di casa.
Perché, diciamocelo: chi non vorrebbe trovare un’alternativa ad un’operazione chirurgica, a una radioterapia od una chemioterapia?
E così, post dopo post, nascono le teorie complottistiche sul mondo del “BigPharma”.
Perché le grandi case farmaceutiche hanno dei caveau ultra-sofisticati dove nascondono la formula segreta per la cura di ogni patologia, compreso il cancro.
Non può esserci affermazione più falsa.
I motivi sono molteplici, ma quello di maggiore rilevanza… Sono i soldi! Mi riferisco, nello specifico,alla copertura da brevetto per ogni farmaco che viene immesso per la prima volta in commercio.
Se un’azienda sviluppasse davvero la cura definitiva contro ogni sorta di tumore, potrebbe commercializzarla in maniera esclusiva per alcuni anni. Per informazioni in merito si può consultare il Regolamento CE n. 469/2009.
Infatti un farmaco nasce molto prima che venga commercializzato.
La fase di sviluppo dura anni, durante quali l’azienda non ha nessun ritorno economico.
Un brevetto, quindi, permette di ammortizzare i costi della ricerca che altre aziende concorrenti non avrebbero.
Se davvero esistesse una cura, sarebbe interesse comune di ogni azienda commercializzarla, perché significherebbe l’esclusività del diritto di vendita e dei conseguenti guadagni.
Esaminato l’aspetto più etico/commerciale, possiamo passare a una spiegazione più scientifica della vicenda: non può esserci una cura universale per il cancro semplicemente perché esso non rappresenta una patologia “singola” che interessi un singolo aspetto della nostra fisiologia.
In base all’organo colpito e al tipo di cellule, infatti, si possono classificare centinaia di malattie diverse, per le quali esistono, di logica conseguenza, terapie diverse.
Per alcuni tipi di tumore esistono studi e terapie sempre più efficaci, mentre per altre non si è ancora giunti a risultati concreti.
È per questo che è fondamentale investire nella ricerca.
Sarebbe bello se ci fosse una cura economica, naturale ed innocua per il cancro, ma la strada è ancora lunga, così come la ricerca scientifica che deve essere svolta.
La scienza sta facendo passi avanti ma attualmente più della metà delle notizie riguardanti cure contro i tumori sono notizie false che inducono le persone ad intraprendere vie alternative, pericolose e senza nessuna base scientifica.
Purtroppo una “pozione magica” ancora non esiste, ma una cosa molto importante la possiamo fare tutti quanti e si chiama PREVENZIONE.
Stress, cattive abitudini alimentari, sedentarietà, alcool, tabagismo e mancanza di screening periodici sono le cause principali, assieme alla predisposizione genetica, dell’insorgere di questo tipo di malattia.
Prima di chiedere alle aziende farmaceutiche di aprire la loro cassaforte segreta, cerchiamo di migliorare il nostro stile di vita e, se proprio non possiamo resistere all’idea di condividere contenuti senza verificarne le fonti, facciamolo all’aria aperta, con un bel picnic a base di zenzero e limone circondati dalle persone che amiamo.
Con la consapevolezza, però, che un centrifugato alla frutta non salverà alcuna vita.
Andrea Bianchi
Diplomato in chimica industriale con una valutazione pari al numero di neuroni che gli sono rimasti nel cervello, è un analista chimico specializzato in HPLC.Scrive articoli a 6 zampe aiutato dalle sue gatte Gina&Nina.Tra le sue varie passioni ci sono il Giappone, il sushi, i concerti ma la cosa che preferisce è scrivere di sé in terza persona.
Bibliografia: