Occhio a quella spiona di una pianta

Che sfacciate le piante! Sembrano essere immerse nei fatti loro e invece non solo ci ascoltano, ma fanno anche la spia!

Anche se siamo abituati a considerarle immobili arredi del nostro mondo, fermiamoci un attimo e domandiamoci: cosa fa una pianta quando è in pericolo? Noi, come gli altri animali, abbiamo gambe per scappare; ma loro, organismi sessili ancorati al terreno, come fanno? Si lasciano smangiucchiare dal primo erbivoro che arriva? Ovviamente no!

Le piante ascoltano

Le piante, esseri viventi sofisticati che per riuscire ad adattarsi e ad affrontare problemi relativi all’ambiente che le circonda, hanno imparato ad essere estremamente sensibili ad esso. Infatti, oltre a percepire fattori ambientali come luce e temperatura, sanno anche ascoltare. Volete sapere qual è il loro genere di musica preferito?

Immagine che contiene pianta, frutta, momordica balsamina, cetriolo

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[Fonte Immagine Pixabay]

Innanzitutto è necessario definire che il suono è “una vibrazione che si propaga come un’onda di pressione, attraverso un mezzo di trasmissione come un gas, liquido o solido” e ogni suono è caratterizzato da frequenza (misurata in Hertz, Hz), intensità (decibel, dB), velocità e direzione. L’orecchio umano è in grado di percepire soltanto frequenze comprese tra 20 Hz e 20 kHz. Per frequenze inferiori a 20 Hz si parla di infrasuoni, per quelle superiori a 20 kHz di ultrasuoni. 

A pensarci bene, come fanno gli animali a captare e di conseguenza a reagire evitando una situazione di pericolo? Attraverso i cinque sensi! E, considerato tutto questo, non è cosa di un altro mondo pensare che anche le piante abbiano sviluppato sensibilità verso frequenze sonore rilevanti dal punto di vista ecologico. 

Ad esempio, alcune piante riconoscono il suono prodotto dalla masticazione di una foglia da parte di un erbivoro e rispondono ad esso aumentando la sintesi o il rilascio di molecole di difesa. Come possono distinguere le vibrazioni causate dalla masticazione di un bruco da quelle causate dal vento o da altri animali non pericolosi? Probabilmente riescono a percepire differenze nella frequenza e/o nell’ampiezza delle vibrazioni sonore.

Oltre a riconoscere suoni di pericolo, le piante per facilitare alcuni processi vitali, hanno instaurato relazioni con gli animali e molte di queste sono basate sull’acustica. Ad esempio, la Vite cubana (Marcgravia evenia) ha sviluppato una foglia piatta sotto l’infiorescenza che funge da “echo beacon” (faro di eco) per facilitare il rilevamento e l’impollinazione da parte dei pipistrelli, mentre Nepenthes hemsleyana ha modificato la brocca in modo da riflettere ultrasuoni prodotti da pipistrelli per facilitare il loro stesso rilevamento in modo da ottenere azoto dai loro escrementi.

Un altro sofisticato esempio di interazione pianta-animale basata sui suoni è la cosiddetta “buzz pollination”, fenomeno durante il quale la pianta rilascia il polline dall’antera solo dopo l’esposizione a determinate frequenze del ronzio delle api, al fine di distinguere il ronzio prodotto da un vero impollinatore dai ladri di polline.

Ma non è ancora finita! Nel 2017 è stato infatti scoperto che le radici di alcune piante percepiscono il suono dell’acqua che scorre, ad esempio il rumore di un ruscello, e dirigono la loro crescita verso di essa, in particolare quando questa non è direttamente accessibile.

E dopo aver ricevuto tutte queste informazioni le nostre verdi amiche tengono tutto per loro? Assolutamente no!

Le piante parlano

Oltre a ricevere informazioni dall’ambiente, le piante comunicano tra loro e con gli altri organismi e uno dei modi attraverso cui lo fanno è il rilascio di Composti Organici Volatili (VOC dall’acronimo inglese), molecole idrofobiche a bassa polarità e basso peso molecolare (< 300 Da), caratteristiche che conferiscono loro un’elevata pressione di vapore in condizioni ambientali normali. 

Tali composti rappresentano un vero e proprio vocabolario chimico che le piante utilizzano per fornire informazioni sul loro stato fisiologico ed ecologico. Alcuni sono emessi costitutivamente, altri sono indotti da stress biotici o abiotici, ad esempio in seguito a ferita o stimoli meccanici.

Considerata la natura meccanica dello stimolo sonoro, indovinate un po’ cosa fanno le piante dopo aver riconosciuto le vibrazioni causate dalla masticazione di un bruco? Comunicano alle altre piante, ma anche ai tessuti più lontani della stessa pianta, l’avvenuto attacco erbivoro in modo che se e quando arriverà il patogeno, questi saranno già pronti per rispondere alla minaccia. Come avviene tale segnalazione? Attraverso segnali elettrici, segnali viaggianti attraverso il sistema vascolare e… attraverso i VOC!

In realtà, avvertire le altre piante della presenza di un patogeno significherebbe aumentare la loro fitness con conseguente svantaggio evolutivo per la pianta emittente. Per questo motivo, alcuni autori preferiscono parlare di “eavesdropping”, vale a dire che probabilmente sono le vicine ad aver imparato ad “origliare” i composti volatili presenti in aria al fine di ottenere informazioni riguardo un possibile rischio, regolando le difese di conseguenza.

Il dato di fatto è che le piante non sono sorde. Oggi, infatti, l’applicazione del suono è stata sfruttata in agricoltura e nelle biotecnologie per migliorare le rese di diverse specie di coltura in quanto, sia in vitro che in campo agricolo, una delle risposte delle piante a trattamenti sonori è un aumento della crescita. In particolare, per migliorare le rese di alcune piante coltivate come cotone, fragola e riso, in Cina è stata messa a punto la Plant Acoustic Frequency Technology (PAFT), un generatore di frequenze variabili, con diversi livelli di pressione sonora. In altri studi è stato invece osservato che alle piante piace la musica Classica in quanto, in risposta ad essa, aumentano e migliorano il loro sviluppo che sembra invece essere sfavorito da musica Jazz o Rock.

I progressi ottenuti grazie alla ricerca condotta nel campo della “Plant Acoustics” hanno quindi permesso di rispondere alla domanda “le piante percepiscono i suoni?” e di spostare l’attenzione verso le questioni che rimangono ancora aperte: “come e perché lo fanno?” e “come utilizzano il linguaggio dei composti volatili in risposta ad essi?”. 


Vittoria Marsili

RIFERIMENTI

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