“OK, BUT FIRST COFFEE”

Ore 06:45

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Il suono più traumatico della giornata: la sveglia. Se anche tu, come me, sei OFF LIMITS fino a dopo aver fatto colazione, capirai perché mi sono interessata alla storia e alle origini di quella magica bevanda chiamata caffè, capace di strapparci dalle braccia di Morfeo.

[di Free-Photos, Pixabay]

La caffeina è una molecola appartenente alla classe degli alcaloidi e presente naturalmente in moltissime piante e cibi che consumiamo giornalmente. Oltre al caffè, la troviamo infatti nei semi del cacao, nelle foglie del tè e in moltissime piante originarie soprattutto del Sud America che da qualche anno spopolano anche da noi, come il mate e il guaranà.

Struttura della molecola di caffeina [di Paginazero, Wikipedia]

La caffeina è un potente stimolante del sistema nervoso. Ha una struttura molto simile a quella dell’adenosina (un neuromodulatore che riduce le scariche nervose e induce quindi sonnolenza) e si lega infatti ai suoi recettori, impedendole di attuare la sua azione regolatrice. Diciamo quindi che il suo ruolo è quello di impedire all’adenosina di procurarci il sonno. La caffeina agisce inoltre su un enzima che modula i livelli di un messaggero dell’adrenalina, aumentando di fatto il rilascio di quest’ultima e tenendoci in “allerta”. Queste attività facilitano infine la trasmissione di dopamina (un neurotrasmettitore associato alla motivazione) e del glutammato (correlato con la memoria).

Il caffè è l’unica sostanza psicoattiva a non essere illegale in nessuna parte del mondo, è la più studiata per i suoi effetti in ambito farmacologico, cosmetico e anche per valutarne la dipendenza e gli effetti collaterali (come tachicardia e insonnia). Enti come l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ne hanno definito i livelli di consumo entro i quali un adulto sano non corre rischi, ma non abbiamo motivo di preoccuparci. Servirebbe una dose veramente altissima per raggiungere livelli di guardia (da 55 a 125 tazzine di caffè bevute di seguito!).

Ci sono diverse leggende in merito alla scoperta delle piante contenenti caffeina. Come accade spesso, probabilmente si trattò di pura fortuna. Le leggende più note si basano sulla casualità. Secondo una di esse, Shen Nung, il primo imperatore cinese, facendo bollire l’acqua per la sua corte per prevenire le malattie, un giorno si accorse che alcune foglie di un cespuglio vicino erano cadute nella sua tazza. Quella fu la prima di miliardi di tazze di tè consumate nel mondo.

Le scoperte archeologiche dimostrano tuttavia che la prima pianta a essere utilizzata per il suo contenuto di caffeina fu in realtà il cacao, ampiamente consumato da civiltà precolombiane come i Maya e gli Aztechi. Fu grazie a Colombo e ai primi esploratori che le popolazioni europee, agli inizi del Cinquecento, vennero in contatto con la caffeina tramite la cioccolata. Soltanto un secolo dopo, cominciò a comparire un infuso più concentrato di caffeina, quello che oggi ci permette di rimediare a una notte in bianco.

Come per il tè, anche la scoperta della Coffea arabica ha radici leggendarie e si basa sul mito etiope del pastore Kaldi. Si narra infatti che Kaldi si accorse che le sue capre, brucando foglie e bacche di un albero che non conosceva, erano diventate vivaci e avevano cominciato a danzare sulle zampe posteriori. Il pastore portò un campione di queste bacche a un santone islamico che, ritenendole malefiche, le gettò nel fuoco. Dalle fiamme si sprigionò un aroma meraviglioso e dalle bacche arrostite venne prodotta la prima tazza di caffè.

[di Alexas_Fotos, Pixabay

Spesso ostracizzato dai governi locali e dalla Chiesa, alla fine del Seicento il caffè aveva conquistato l’Europa. L’enorme successo europeo aumentò drasticamente la richiesta di questa bevanda, influenzando, così, considerevolmente la vita sociale e politica dei Paesi di coltivazione. Le prime coltivazioni furono piantate nell’isola di Haiti nel 1734, ma le spaventose condizioni di lavoro imposte nelle piantagioni scatenarono delle rivolte che portarono a spostare le coltivazioni in Sud America. In Brasile la coltivazione di caffè monopolizzò l’agricoltura e incrementò la crescita economica del Paese, a discapito però della popolazione e dell’ambiente. Grazie infatti al potere politico dei coltivatori di caffè, l’abolizione della schiavitù arrivò solo nel 1850, decisamente in ritardo rispetto agli altri Paesi.

Inoltre, per far spazio alle coltivazioni, una grossa fetta del patrimonio naturalistico brasiliano venne tranciata via: intere regioni di foresta pluviale vennero incendiate e specie animali abbattute, portando a conseguenze gravissime nel breve e nel lungo periodo. L’albero di caffè infatti ha bisogno di terreni sempre nuovi, in quanto esaurisce velocemente la fertilità del suolo. La voracità della sua coltivazione ha portato ad avere terreni poco produttivi e poco fertili, vanificando anche qualsiasi tentativo di reintroduzione di piante tipiche delle foreste pluviali.

Al giorno d’oggi si cerca di avere coltivazioni più sostenibili, sia per l’ambiente che per la popolazione, ma i danni causati nei secoli d’oro del colonialismo europeo si fanno ancora sentire. La storia dei disordini politici e delle rivoluzioni violente in molti Paesi del Sud America deriva in parte da quelle prime rivolte legate alle coltivazioni del caffè.

Macchiato, espresso, americano, arabo, freddo, shakerato… Oggi il caffè è utilizzato in tutto il mondo da culture e popoli diversissimi tra loro, ma unite dall’azione della caffeina contenuta in una semplice, profumata tazzulell ‘e cafè.

[di Christoph, Wikipedia]

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Maria Lombardi Laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Bologna, mi sto specializzando con un Master di II livello in Fitoterapia. Amante della chimica che governa ogni aspetto della vita, sono innamorata della Natura e di come questa interagisca con la nostra vita e la nostra storia.

Bibliografia: