PSICHEDELICI: un potenziale uso terapeutico
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Uno psichedelico è una sostanza in grado di alterare la percezione di noi stessi e della realtà in modo reversibile. Quando si pensa agli psichedelici, complice la loro presenza nella tabella delle sostanze stupefacenti, si tende a guardarli con un’accezione piuttosto negativa. In questo breve articolo, vi mostrerò un lato sconosciuto ai più di tali sostanze e come quest’ultime possano essere utili strumenti nella ricerca medica.

L’inizio della storia dell’utilizzo di queste sostanze in ambito clinico si deve al chimico Albert Hofmann che, alla fine degli anni 30, in un laboratorio di una multinazionale svizzera, tentò di purificare dei derivati dell’acido lisergico che si pensava potessero avere un’applicazione farmacologica. Finì così per sintetizzare la dietilamide dell’acido lisergico o LSD. Inizialmente la molecola sembrava essere priva di qualsiasi applicazione, venne così classificata come poco interessante e cadde per anni nel dimenticatoio. Cinque anni più tardi, mentre risintetizzava tale molecola, Hofmann ne assunse accidentalmente una piccola dose e dopo poco tempo iniziò a manifestare intensi cambiamenti della percezione della realtà. In pratica era strafatto! L’esperienza incuriosì il chimico, che decise di ripetere l’esperimento pochi giorni dopo ma questa volta in maniera controllata e sotto la supervisione di un suo collega, con lo scopo di valutarne adeguatamente gli effetti.

L’alterazione della percezione provocata dalla dose di LSD suggerì presto un’applicazione di questa sostanza in campo psichiatrico e così da un incidente sul lavoro sorse un intero filone di ricerca sulle sostanze psichedeliche.

[Fig1: Molecola di dietilamide dell’acido lisergico (LSD).
[Immagine dell’autore]
[Fig 2 : La molecola di psilocibina, sostanza trovata in molti funghi allucinogeni con un potente effetto psicotropo [Immagine dell’autore]]
[Fig 3: La molecola della serotonina, un neurotrasmettitore che svolge un ruolo fondamentale a livello del sistema nervoso centrale ed è coinvolto nei meccanismi alla base della depressione [Immagine dell’autore]]

Dal confronto tra le due molecole in Fig 2 e Fig 3 è possibile notare una rassomiglianza strutturale.

Proprio la psilocibina, in tempi recenti, è oggetto di studi sempre più approfonditi e sembra dare i risultati più promettenti. Uno studio pubblicato nel 2017, condotto da un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra, ha dimostrato come due somministrazioni del composto a distanza di una settimana l’una dall’altra siano in grado di esercitare effetti antidepressivi duraturi nel tempo in pazienti con una patologia resistente ai classici farmaci antidepressivi. Tali risultati andranno sicuramente replicati in altri studi, ma sembrano confermare le precedenti osservazioni sull’attività terapeutica di composti dalle simili caratteristiche.

Per quanto concerne i meccanismi di azione, essi ancora non sono molto chiari. Evidenze mostrano che psichedelici come LSD e psilocibina agiscono sui recettori antagonisti della serotonina in modo simile a quanto fanno i normali antidepressivi; in pratica ne evitano il riassorbimento immediato e prolungano l’effetto del neurotrasmettitore sul neurone post-sinaptico. Si è potuto inoltre constatare che la psilocibina si sta rivelando decisamente più efficace del trattamento tramite farmaci come l’escitalopram, un farmaco appartenente alla famiglie delle SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) usato per la cura della depressione e che mostra miglioramenti nei pazienti non molto maggiori di un placebo, oltre a spiacevoli effetti collaterali ed a sintomi successivi all’interruzione del trattamento. La psilocibina, per contro, ha mostrato un’efficacia più elevata e una minore, se non assente, dipendenza dell’organismo e dunque una più facile dismissione del farmaco. L’effetto avverso prevalente è risultato essere un mal di testa da lieve a moderato un giorno dopo la somministrazione.

Per concludere, tali studi si stanno rivelando molto promettenti e, dopo anni di una visione eccessivamente pregiudizievole nei confronti di tali sostanze (naturalmente dipende sempre dall’utilizzo che se ne fa), piano piano la ricerca scientifica ad esse legata sta rinascendo con una nuova consapevolezza. Naturalmente, queste sostanze sono ancora in una fase sperimentale e la loro applicazione andrà ben dosata, ma forniscono un’arma in più per la cura di disturbi che oggi giorno dilaniano sempre più la nostra società.


Simone Pistillo

Studente di Chimica Fisica presso l’università di roma “La Sapienza” anche se da sempre porto avanti la passione per l’astronomia con l’obiettivo un giorno di congiungere le due cose.
Nel tempo libero dedito alla fotografia di insetti e altri animali orripilanti, al tennis e soprattutto alla pasta. Tanta pasta.

Bibliografia:

  1. Sean J. Belouin , Jack E. Henningfield, Elsiever, 2018. Psychedelics: Where we are now, why we got here, what we must do
  2. Albert Hofmann. LSD: il mio bambino difficile