Quando ti iscrivi a una facoltà scientifica sei consapevole del fatto che la tua sanità mentale verrà gentilmente accompagnata fuori già dopo le prime settimane. Ma se il tuo spirito ha il profumo di masochismo, allora deciderai di raccontare le tue esperienze, l’impegno della comunità e il metodo scientifico ai cosiddetti “non addetti ai lavori”. allora sì, non ti avvisa nessuno: perderai totalmente la testa.
Perché?
Perché trovare il modo di raccontare la scienza a tua nonna è sicuramente stimolante e ti permette di approfondire quello strato superficiale che racchiude i tuoi conti più tecnici e che a volte si perde di vista, ma spesso bisogna partire dal presupposto che le persone verso di te devono compiere un vero e proprio atto di fede, e questo non è semplicissimo da accettare.
Siamo ormai nei primi anni ‘20 del 2000 e abbiamo raggiunto un livello di conoscenza scientifica che, purtroppo, a volte non si riflette nella quotidianità e nell’intuizionismo, specialmente per quelle materie che si occupano dell’infinitamente grande o dell’infinitamente piccolo. E dunque non possiamo pensare davvero di metterci a dimostrare visivamente ogni singolo passaggio, perché siamo perfettamente consci del fatto che quel passaggio ne sottende altri mille che a loro volta pescano da una conoscenza tecnica di base già di per sé molto fitta.
Pensiamo alla cosmologia: come convinco mia nonna che l’Universo è piatto? Come la convinco che la collaborazione LIGO-VIRGO vede gli effetti della fusione di due buchi neri distanti milioni di anni luce? Come la convinco che esistono degli oggetti chiamati “buchi neri”?
Il compito del divulgatore è quindi quello di crearsi un profilo di fiducia tale per cui il pubblico che lo ascolta possa sentirsi protetto da qualunque forma di falsità. Non si tratta quindi di convincere i nostri fidati, ma si tratta di fornire quanti più elementi logici, tangibili e dimostrabili che possano tranquillizzare chi ci ascolta che non stiamo raccontando una frottola.
Dunque, tendenzialmente, accompagniamo sempre le fonti dalle quali abbiamo tratto i nostri racconti e cerchiamo esperimenti semplici che possano rendere fruibile e comprensibile il fenomeno che stiamo spiegando ..perfino a nostra nonna.
Eppure, a volte, questo non è sufficiente.
Ogni tanto, infatti, può capitare che il velo di scetticismo di una persona curiosa si trasformi in una dura critica aperta al fenomeno e, soprattutto, al metodo stesso.
In quest’ottica possiamo dunque distinguere due tipi di approcci:
- La genuina curiosità, che spinge il pubblico a voler davvero capire il fenomeno e quindi a porsi delle domande, anche molto critiche, riguardo la validità di ciò che stiamo raccontando
- La cieca contrarietà, per la quale, non vi è dimostrazione che tenga, il fenomeno è certamente un falso, il metodo è sicuramente sbagliato e noi siamo solo dei fantocci pagati molto bene (ditemi dove devo firmare) per provare a convincere il pubblico che i soldi investiti nella scienza non sono buttati.
Nel primo caso spesso si generano discussioni davvero interessanti, dove si inseriscono punti di vista differenti che possono incuriosire il divulgatore stesso, consentendogli di allargare i propri orizzonti e di trovare nuove parole, nuovi dati, a supporto del fenomeno che sta spiegando.
Nel secondo caso, invece, ogni tentativo di replica alle questioni verrà taciuto con qualche frase alla stregua del “è tutto falso!!!”, condita magari con un tono particolarmente supponente e difficile da gestire.
Eppure a noi “addetti ai lavori” sembra tutto così semplice: siamo perfettamente consci del fatto che gli studi compiuti in ambito scientifico, (mi riferisco in particolare all’astrofisica e alla cosmologia) sono spesso studi aperti, non conclusi e dunque tendiamo a sottolineare che vi è bisogno ancora di qualche conferma, che stiamo utilizzando dei modelli per descrivere ciò che vediamo e, soprattutto, che ogni forma di “certezza” nella scienza non esiste, ma è sempre accompagnata da un range di errore che ci fa capire la bontà con cui abbiamo fatto tale misura o descritto tale teoria.
Ma in effetti non è tutto così ovvio: l’approccio scientifico non è sempre chiaro a chi non vive dall’interno questo modus operandi. E’ sempre bene quindi specificare che ogni singolo paper, ogni singolo talk, ogni singolo articolo scientifico/divulgativo (questo compreso) viene setacciato accuratamente da review tecniche per le quali un falso ha davvero le gambe corte.
Basti pensare al caso eclatante dell’ormai ex fisico Jan Hendrik Schön, il quale divenne famoso per scoperte incredibili e.. incredibilmente false.
E se studi un po’ di nicchia come quelli portati avanti da Schön sono stati facilmente smentiti, figuriamoci cosa può fare una comunità internazionale con degli articoli pubblici. Esiste davvero un modo per mentire all’intero mondo sui fenomeni fisici senza essere scoperti e pubblicamente messi alla gogna e derisi per decenni?
Teniamo sempre a mente che gli esperimenti scientifici, specialmente negli ultimi anni, sono condotti da veri e propri team di esperti, persone appassionate che hanno dedicato la vita alla scienza e che collaborano attivamente con altre decine di persone. Trovo quindi che sia particolarmente complicato convincerli a mentire e, soprattutto, a mantenere il segreto per molto tempo, considerato anche quanti sono.
Vi ricordo che la maggior parte delle persone appena conosce un segreto lo spiattella in meno di qualche nanosecondo e che il rivelare un enorme “falso”, inoltre, può portare molta visibilità.
E forse è questo lo scopo di organizzazioni come la Flat Earth Society o i complottisti dell’allunaggio: la visibilità (o un pesante effetto Dunning-Kruger??).
Se davvero adottassero l’approccio curioso e genuino conducendo esperimenti anche totalmente diversi dai classici offerti dalla scienza, ma pur sempre riproducibili e falsificabili, oppure fornendo ragionamenti logici consistenti, arriverebbero alle stesse conclusioni di molti scienziati. Perché dalla verità non si scappa. La Terra, nella sua interezza, o è piatta o è sferica. E, ahimé, non è sufficiente dimostrare che è piatta per qualche metro per convincersi che non è tonda, sarebbe come dimostrare che una ragazza è mora per poter dire che tutte le ragazze del pianeta sono more.
Lasciando i metodi dimostrativi e la logica ai matematici, possiamo limitarci dunque a concludere che:
- a volte la realtà è più semplice di ciò che pensiamo (complotto mondiale, gestione delle spie Russe o scatoletta di latta sulla Luna, cosa costa di più?)
- la scienza sbaglia, lo fa continuamente, ma la cosa che la rende unica è che lo ammette e spesso, anzi, ne va fiera. E’ costantemente alla ricerca di errori per poter smentire teorie ancora non del tutto verificate e estendere i modelli descrittivi ad essere il più generali possibili.
- La ricerca scientifica è e deve essere alla portata di tutti: i divulgatori sono fondamentali per mostrare alla gente quanto spettacolare possano essere i fenomeni che ci circondano e quanto stupenda è la realtà anche fuori dall’ordinario
- La divulgazione spesso comporta stress e fallimenti e per quanti sforzi facciamo ci sarà sempre il “peggior sordo” con il quale non riusciremo ad aprire un dialogo. L’importante è che questo non ci faccia demordere ma, anzi, ci stimoli a scoprire nuovi metodi per instaurare un dialogo efficace anche con i più scettici
Ci sono sicuramente un milione di sfumature su questo argomento e penso che un’intera collana di libri non sarebbe sufficiente a toccarle tutte: le complesse dinamiche internazionali, gli interessi economici che permeano ogni movimento della nostra piccola vita, l’errore umano che collezioniamo nei nostri fallimenti e nelle nostre vittorie.
Tuttavia penso che la scienza, in questo periodo di incertezze e disorientamento, possa fornire quella calda coperta di Linus nella quale avvolgersi per un po’ di rassicurazioni e che, soprattutto, possa dare un metodo saldo con cui approcciarsi alla critica, ai fenomeni che osserviamo e, soprattutto, alla vita.
Consistente, logica, chiara.
Benedetta Valerio
Laureata in Fisica magistrale con un curriculum in Fisica delle Interazioni Fondamentali e Astrofisica, ha svolto la tesi all’interno della missione Euclid dell’ESA.
Impegnata in attività divulgative come organizzatrice e membro del consiglio scientifico del Festival dello Spazio, collabora attivamente con l’Osservatorio Astronomico del Righi e il Festival della Scienza. Nel (poco) tempo libero balla e insegna Lindy Hop presso la scuola Your Swing, gioca a rugby e, tra una serie tv e l’altra, frequenta fiere del fumetto rigorosamente in cosplay.