It’s not rocket science!
Alcuni post fa (unità di misura delle pubblicazioni su Bar Scienza…) ho parlato del film “Rocketry, the Nambi effect” sulla figura del Dr S. Nambi Narayanan e del suo lavoro sul razzo Vikas.
Ma come funziona un motore a razzo?
Utilizzando la terza legge di Newton, o principio di azione e reazione, il motore producendo un flusso di gas ad altissima velocità in una certa direzione, si muoverà nella direzione opposta.
Il gas utilizzato è il prodotto della combustione del motore ed è chiamato propellente.
Per avere una spinta sufficiente a muovere il razzo ed il suo carico per la sua missione, che possiamo immaginare facilmente essere quella di mettere in orbita un satellite, deve emettere un elevata quantità di propellente ad una altissima velocità per sviluppare la spinta necessaria.
Tornando al motore del dr Nambi, il Vikas è un motore a propellente liquido (N2O4 ), sviluppato negli anni settanta per sostituire il precedente Viking, può generare fino a 850 kN…non male vero!
Per approfondimenti:
Gianluigi De Simone
Perché mangiare insetti è green e sostenibile?
Mangiare insetti è sostenibile e potrebbe ridurre l’impatto ambientale. Come? Vediamo nel dettaglio.
Secondo le stime ONU la popolazione mondiale ha raggiunto quota 7 miliardi e 900 milioni nel 2021 un dato destinato a raggiungere picchi dei 10 miliardi nel 2050.
Di seguito le possibili concause del futuro incremento demografico:
- Aumento della richiesta alimentare e del territorio disponibile per la produzione
Da un recente Report redatto dal World Resources Institute si evince che sfamare una popolazione di 10 miliardi di persone, nel 2050, prevederà:
- un incremento alimentare del 56 %
- un incremento territoriale di 593 milioni di ettari (un’area quasi due volte rispetto alla dimensione dell’India).
Per sfamare l’intera popolazione mondiale, avremmo necessità di più terreni coltivabili sia per i cibi destinati all’uomo che per gli animali di allevamento.
- Consumo di acqua, energia e maggiori emissioni di CO2.
Negli ultimi cento anni, la domanda globale di acqua è aumentata di sei volte e continua a crescere al ritmo dell’un per cento ogni anno. Significa in altri termini che nel 2050 circa metà della popolazione avrà problemi connessi alla carenza di acqua.
L’alimentazione a base di insetti è la soluzione?
Tra le possibili soluzioni green, sicuramente l’alimentazione a base di insetti potrebbe portare un cambiamento in termini di carenza idrica, impatto ambientale ed emissioni di anidride carbonica.
Nei prossimi 30 anni la FAO (Food and Agriculture Organization) ha previsto un raddoppio della richiesta di carne (si passerà dai 229 milioni di tonnellate attuali a ben 465), provocando quindi un aumento di emissioni di gas serra e lo sfruttamento di più risorse come terreni e acqua.
Facciamo un esempio di come la produzione di farina di grillo sia più sostenibile :
Un allevamento di grilli produce 10 volte meno metano e 300 volte meno protossido di azoto rispetto agli allevamenti di bestiame.
I grilli necessitano dello 0,05% di acqua rispetto a un bovino per produrre lo stesso quantitativo di proteine. Un terzo delle terre del mondo è utilizzato per produrre carne di manzo. In media, 200mq di superficie sono usati per produrre 1kg di manzo. Per gli insetti servirebbero solo 15mq per la stessa quantità.
Gli insetti possono risolvere il problema dello spreco alimentare. Molti insetti potranno essere allevati in condizioni controllate attraverso l’utilizzo di scarti e sottoprodotti alimentari normalmente destinati allo smaltimento.
Mangiare insetti non è una soluzione ma sicuramente una valida alternativa. Un’alimentazione a base di insetti con una gestione sempre più sostenibile dell’agricoltura potrebbe notevolmente ridurre l’impatto ambientale e quindi ridurre la possibilità di incombere in catastrofi apocalittiche irreversibili!!
[Crediti immagine: Pixabay]
[Foto di larve, fotografata dall’autrice alla fiera Entomodena, Modena]
Sara D’Arco
Computer quantistici: fantascienza o realtà?
Se seguite un po’ l’attualità dal mondo della ricerca, avrete sicuramente sentito parlare di una delle tecnologie più popolari da qualche anno a questa parte: il computer quantistico. Cosa si nasconde dietro questo nome fantascientifico?
Un computer è un calcolatore: tutto quello che fa, dal mostrare l’ora al tracciare una traiettoria per Marte, è il risultato di una sequenza di operazioni matematiche. Protagonisti di queste operazioni sono unità chiamate bit, che possono valere 0 oppure 1. Combinando vari bit si ottengono sequenze che possono rappresentare numeri, lettere o strutture di dati.
Dal punto di vista teorico, un bit è semplicemente un numero che vale 0 o 1. Dal punto di vista fisico, un bit è rappresentato da un micro-circuito elettronico, che si comporta sostanzialmente come un interruttore. Fornendo tensione elettrica, possiamo controllare lo stato dell’interruttore tra “spento” e “acceso”, corrispondenti a 0 e 1.
Le leggi della meccanica quantistica permettono di superare questo schema binario. Un bit quantistico (qubit) può infatti trovarsi nello stato “0” o “1”, ma anche in una “sovrapposizione” dei due. E’ un po’ come se un qubit fosse un animale capace di spostarsi ovunque sulla superficie della Terra, oceani compresi, mentre un bit classico potesse vivere solamente o al polo nord (0) o al polo sud (1).
Un qubit esiste quindi in uno “spazio” molto più grande di un bit classico. Nel nostro esempio, per trovare il bit basta specificare “nord” o “sud”, mentre per il qubit servono le due coordinate, latitudine e longitudine. Un qubit contiene quindi più informazione di un bit: di conseguenza, pochi qubit possono effettuare il lavoro di un gran numero di bit, specialmente quando sono entangled (vi ricordate il post del 19 novembre?).
La conseguenza è che, in linea di principio, un computer quantistico può effettuare operazioni in maniera estremamente più efficace e rapida di un computer classico, risolvendo in pochi minuti problemi che normalmente richiederebbero anni e anni di calcoli. E’ per questo motivo che le aspettative sui computer quantistici sono così alte!
In pratica, però, la situazione è più complessa. Occorre innanzitutto scegliere un sistema fisico che segua le regole della quantistica, per rappresentare un qubit. Per esempio un fotone, un atomo o ancora un circuito superconduttore, che è attualmente la tecnologia più promettente: su essa si basa il computer quantistico più avanzato al mondo al momento, il Sycamore di Google.
Il problema principale con i qubit è che essi possono sì trovarsi in uno stato più complesso che 0 o 1… ma solo mentre noi non guardiamo! Quando cerchiamo di leggere il valore di un qubit per sapere quanto vale, esso “collassa” in uno degli stati classici 0 o 1 e torna quindi a comportarsi come un bit classico.
Questo “collasso” del qubit si può verificare anche quando esso interagisce con l’ambiente circostante, per esempio urtando un atomo esterno o ricevendo calore. Il qubit allora non si comporta più come dovrebbe e questo produce un errore nel calcolo. E’ per questo che il computer quantistico di Google è mantenuto a una temperatura poco sopra lo zero assoluto e schermato il più possibile dall’ambiente esterno.
Insomma, siamo ancora allo stadio delle ricerche sperimentali, le possibilità da esplorare sono tante e non è ancora chiaro fin dove potremo arrivare con questa tecnologia. Ma la scienza è un percorso, non una destinazione, ed è questo che la rende così affascinante. Non ci resta che continuare a seguire l’avventura!
Allegra Calabrese
16 maggio: Giornata internazionale della luce
Esattamente 63 anni fa, il 16 maggio 1960, il raggio di un laser illuminava il mondo per la prima volta nella storia. Questo accadeva negli Hughes Research Laboratories di Malibu, in California, ad opera di un fisico sino ad allora pressoché sconosciuto: Theodore Maiman. Da lì in poi, la scienza e la tecnologia non sarebbero più state le stesse.
Maiman fu il primo a realizzare un laser funzionante, ma il merito per l’idea e il principio di funzionamento vanno ad altri due fisici, Arthur Schawlow e Charles Townes, che a loro volta si basarono su un fenomeno fisico descritto da Albert Einstein nel 1916, l’emissione stimolata di luce.
Il laser di Maiman sfruttava scariche luminose inviate ad un cristallo di rubino sintetico per produrre luce laser di colore rosso (ad una lunghezza d’onda di 694,3 nanometri). Da allora sono stati sviluppati laser nei vari colori dello spettro visibile, ma anche nello spettro infrarosso e in quello ultravioletto.
Oggi i laser sono praticamente ovunque, dagli oggetti di tutti i giorni come stampanti e lettori DVD fino ai più avanzati strumenti scientifici. I laser ci forniscono internet, producendo i segnali che viaggiano nelle fibre ottiche. In medicina, i laser sono usati per diagnosi e trattamento di varie patologie, soprattutto quelle legate agli occhi. Questi sono solo alcuni esempi di una lunga lista.
Non sorprende quindi che l’UNESCO abbia scelto proprio il 16 maggio per celebrare la Giornata Internazionale della Luce. La giornata è dedicata a ricordare l’importanza delle tecnologie basate sulla luce, al fine di promuovere la ricerca, la cooperazione scientifica e lo sviluppo tecnologico in questo campo.
La giornata prosegue il lavoro iniziato nel 2015, che fu nominato Anno internazionale delle luce e vide più di 13000 attività patrocinate dall’UNESCO in 147 Paesi del mondo. L’anno 2015 fu scelto per celebrare i 1000 anni dalla pubblicazione di un testo fondatore della ricerca scientifica nel campo dell’ottica: il Kitab al-Manazir (Libro di Ottica) dello studioso arabo Ibn-Al-Haytham.
Con questa giornata l’UNESCO si propone di sensibilizzare il pubblico all’importanza e alle potenzialità delle tecnologie basate sulla luce, in particolare per lo sviluppo sostenibile, la salvaguardia del patrimonio culturale e il miglioramento della qualità della vita.
La giornata è anche l’occasione per promuovere la ricerca scientifica e gli investimenti tecnologici nel campo dell’ottica, nonché per operare in favore dell’accesso di un maggior numero di persone all’istruzione scientifica, soprattutto tra le donne e gli abitanti dei Paesi in via di sviluppo.
Allora, andrebbe anche a voi di festeggiare la luce? Sul sito ufficiale della giornata potete trovare tutti gli eventi organizzati, in Italia e nel resto del mondo: https://www.lightday.org/. Troverete conferenze scientifiche ma anche eventi culturali e artistici, perché la luce merita di essere celebrata in tutte le sue forme!
Allegra Calabrese