Un viaggio tra mitologia e scienza: Ulisse e la Sicilia

Vi svelo un segreto: la mia fredda mente scientifica nasconde in realtà un appassionato cuore classicista.
E quando riesco ad unire queste mie due anime… Che dire, mi sento pienamente realizzata!

Questo articolo nasce proprio con l’intento di mostrare che discipline scientifiche e umanistiche non sono nient’altro che due facce della stessa medaglia o, come in questo caso, della stessa persona.
Se poi la cornice di tutto questo è la nostra bellissima Sicilia

L’Odissea, il secondo grande poema epico attribuito a Omero, segue le vicende di Ulisse nel suo decennale e periglioso ritorno a Itaca in seguito alla guerra di Troia.

Ad oggi non è possibile stabilire con esattezza la posizione geografica delle tappe del viaggio ma possiamo certamente fare speculazioni.
I tre episodi dell’Odissea che ho deciso di riportarvi sono verosimilmente ambientati in Sicilia, come riportato da Polibio e Tolomeo ad esempio, ed ognuno di essi può essere spiegato con un pizzico di sana scienza. 

Polifemo (libro IX)

Omero ci racconta dell’incontro sanguinoso tra Ulisse e i Ciclopi, descritti come dei giganteschi pastori che vivono su un’isola: la Sicilia, più precisamente l’incontro sembra essere avvenuto nelle vicinanze dell’Etna, dotati di un singolo occhio e mangiatori di uomini. Celebre è lo stratagemma escogitato da Ulisse per sfuggire alla brutalità di Polifemo: dopo averlo fatto ubriacare, Ulisse e compagni lo accecano e riescono a fuggire nascondendosi tra la pecore. 

I Ciclopi sono dei personaggi inventati oppure sono vissuti veramente in terra siciliana?
Ci pensa la zoologia a rispondere a questa domanda! Una delle teorie più accreditate, infatti, vede i greci particolarmente confusi davanti ai ritrovamenti di teschi di elefanti. Nello specifico di elefanti nani, il cui teschio è più grande di quello umano ma più piccolo di quello degli elefanti africani, in figura qui sotto. 

File:Dwarfelephant.jpg
[di MaxM da Wikipedia]
CC BY-SA

Non riuscendo a capire a chi o cosa appartenesse un teschio così bizzarro, nacque la leggenda dei giganti “κύκλος” (cerchio) e “ὤψ” (occhio), i Ciclopi per l’appunto.

Il nanismo insulare, in realtà, è un fatto ad oggi molto conosciuto che può spiegare una esistenza molto antica dell’elefante nano, o Palaeoloxodon falconeri, in Sicilia.
Circa cinquecentomila anni fa, durante una delle ere glaciali, gli elefanti riuscirono a raggiungere la Trinacria. Per poter sopravvivere su di un’isola, e quindi con meno risorse a disposizione rispetto al continente, si sono dovuti adattare e si sono… Rimpiccioliti.

Non pensate che questo sia un avvenimento estremamente raro. Diversi dinosauri e animali ad oggi estinti hanno subito questo processo di adattamento, mentre esempi moderni di nanismo insulare sono l’urocione delle Channel Islands e il procione di Cozumel.

Isole dei Ciclopi (libro IX)

Abbiamo lasciato il nostro ciclope Polifemo dolorante e furioso per l’affronto subito.
E, nonostante la cecità, le prova tutte per far affondare le navi di Ulisse. In preda all’ira, lancia in mare enormi massi che, purtroppo per lui, mancano completamente il bersaglio.

Quello che ci resta del terribile scontro tra Ulisse e Polifemo sono dei bellissimi faraglioni (in figura sottostante), chiamati non a caso “Isole dei Ciclopi”, che potete ammirare ad Acitrezza.
In questo caso, è la geologia che ci aiuta a comprendere la formazione di questo piccolo arcipelago.

Circa mezzo milione di anni fa la placca euroasiatica e africana si sono scontrate, dando inizio ad una intensa attività sottomarina vulcanica.
Le emissioni di lave basiche hanno portato poi alla nascita dei faraglioni le cui forme sono state poi modellate nel corso degli anni dal vento e dall’acqua.

Faraglioni, Acitrezza, Mare, Sicilia, Scoglio, Azzurro
[di AntoMes da Pixabay]

Scilla e Cariddi (libro XII).

Eccoli, i terribili mostri della Calabria e della Sicilia!
Ma lo sapete che in realtà non sono sempre state creature mostruose e assetate di morte?
Scilla in origine era un’elegante ninfa che si innamorò di uno dei tanti figli di Poseidone, Glauco. Purtroppo per lei anche la maga Circe ne era infatuata. Per gelosia, la maga la trasformò in un mostro a sei teste.
Cariddi invece era una naiade a cui piaceva… magnà. Peccato che mangiò i buoi di Eracle, sacri a Zeus. Zeus, famoso per il suo temperamento, la trasformò per ripicca in un mostro che risucchia ogni cosa. 

Nell’Odissea, il nostro Ulisse è costretto a passare per lo stretto di Messina e decide di affrontare Scilla, pur sapendo che questa decisione porterà a morte certa alcuni dei suoi uomini: perderà sei dei compagni nello scontro. Riesce ad approdare nuovamente in Sicilia e Zeus scatena tempeste così violente che per un mese non potrà salpare.

I marinai di Ulisse, stremati e affamati, approfittano di un momento di preghiera del capitano per mangiare le vacche sacre a Helios.
Come tutti gli dei che si rispettino, il rancoroso Helios non può lasciare l’affronto impunito e chiede a Zeus di vendicarlo.

Risultato: Ulisse salpa nuovamente coi suoi uomini, una tempesta distrugge la nave, lui rimane da solo su un pezzo di legno che, OVVIAMENTE, è attratto dalla vorticosa Cariddi, a cui Ulisse scampa riuscendo ad aggrapparsi ad un albero di fico, come rappresentato in questo magnifico dipinto sottostante.

File:Johann Heinrich Füssli 054.jpg - Wikimedia Commons
[di Johann Heinrich Füssli, si ringrazia

Ma quali sono le basi scientifiche di Scilla e Cariddi? Come molti di voi avranno già capito, questi mostri rappresentano verosimilmente dei mulinelli – nel caso di Cariddi parliamo di un vortice vero e proprio – che si possono formare in quel tratto di mare a causa delle diverse correnti e che procuravano la morte di marinai di piccole imbarcazioni.
I greci, non sapendo dare una interpretazione a questi fenomeni, ritenevano che fossero delle creature mostruose. 

Concludo questa piccola analisi scientifica dell’Odissea con delle considerazioni personali: 

  • Ulisse è il mio nuovo metro di paragone per le sfighe: quanto sei sfortunato da 1 ad Ulisse?
  • Gli dèi greci sono permalosissimi e anche le mere vittime di capricci celestiali si trasformano in veri e propri carnefici, vedi Scilla e Cariddi.
  • La scienza è come il nero: sta bene con tutto.  
[per gentile concessione dell’autrice]

Silvia Achilli
Dottorata in Biochimica e attualmente Post-Doc in Glycobiology. Da ormai 5 anni residente in Francia, si batte per i diritti delle pizze maltrattate dai francesi. Quando non è prigioniera della sua gatta, diventa una appassionata fotografa dilettante ed è pazza per i viaggi.

Fonti:

http://www.treccani.it/vocabolario/faraglione/

https://www.isoleciclopi.it/index.php/itinerari-terrestri/38-un-po-di-geologia

https://www.nationalgeographic.com/science/2003/02/news-deinotherium-fossils-crete-mythology-paleontology/

https://www.siracusatour.com/gli-elefanti-nani/

https://www.forbes.com/sites/kristinakillgrove/2017/09/26/can-a-human-cyclops-exist-historians-paleontologists-and-ancient-aliens-weigh-in/

http://www.geositidisicilia.it/05_arcipelago_ciclopi.html

https://www.guidasicilia.it/rubrica/la-leggenda-di-scilla-e-cariddi/3003894

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