Il 2 maggio 1952, Sir Geoffrey de Havilland osservava compiaciuto la pista dell’aeroporto di Londra vibrare sotto l’enorme massa del suo capolavoro. Il Comet 1 era il primo aereo a turbogetto della storia ad operare voli di linea, sfruttando la propulsione del motore a reazione al posto del vecchio sistema ad eliche. Questa nuova tecnologia permetteva la progettazione di aerei più capienti, più sicuri e in grado di volare veloci a quote maggiori.
Sir de Havilland aveva accorciato le distanze tra tutte le nazioni del Mondo, catapultando l’Umanità nell’era dei jet. Ma il pioniere dell’aviazione ignorava che tre pericolosi fenomeni stavano attuando un terribile piano di morte. Negli anni successivi, i Comet iniziarono dapprima a manifestare dei problemi strutturali e poi ad esplodere letteralmente in volo, provocando vittime in tutto il mondo. Per capire le cause di questi disastri, fu incaricato il centro di ricerca del governo britannico. L’équipe decise di immergere un Comet in un’enorme vasca d’acqua che riproducesse le condizioni di volo. Dopo aver simulato l’equivalente di 9.000 ore di volo, gli scienziati avevano individuato tre variabili sul banco degli imputati.
Prima variabile: la pressurizzazione
In fase di progettazione si constatò che i nuovi velivoli impiegavano troppa energia per la propulsione. Per avere un minore consumo di carburante, si decise di volare ad alta quota (10.000 m), dove l’aria è meno densa e offre una resistenza minore. A queste altitudini la bassa pressione atmosferica non consente agli esseri umani una respirazione autonoma. La “pressurizzazione” consiste nel pompare aria all’ interno dell’abitacolo man mano che si sale verso l’altezza di crociera, allo scopo di mantenere una pressione standard vicina a quella del livello del mare. In pratica si può immaginare l’aereo come un “grosso polmone” che si espande in fase di pressurizzazione, quando la pressione interna è maggiore di quella esterna. In fase di discesa, invece, la fusoliera si contrae, perché la pressione esterna aumenta fino a tornare sui livelli di quella interna.
Seconda variabile: la fatica
Questo grosso polmone era però fatto di metallo. E come tutti i metalli era soggetto a un meccanismo deteriorante che può portarlo alla rottura: la “fatica”. Per capire come funzioni la fatica di un materiale basta prendere una lattina vuota e tirare la linguetta che serve per aprirla. Applicando una piccola forza questa non si romperà. Ora, con la stessa forza, proviamo a piegarla e ri-piegarla, prima verso l’alto e poi verso il basso. Vedremo che la zona della piega cambia colore dopo un certo numero di “cicli”, si riscalda e infine si rompe. Questo è il fenomeno della fatica, a cui anche il Comet, espandendosi e contraendosi a ogni volo, era soggetto.
Terza variabile: l’innesco di cricca
La fatica si manifesta nel metallo sotto forma di lacerazioni, dette “cricche” in ingegneria. Una delle innovazioni più apprezzate di de Havilland era il fatto di aver previsto ampie finestre quadrate lungo i lati dell’aereo, che consentivano ai passeggeri di godersi il panorama esterno (era pur sempre un mezzo commerciale, e quindi si doveva compiacere i clienti). Negli esperimenti in vasca si notò che la prima crisi strutturale si ebbe allo spigolo di un finestrino, sotto forma di crepa, orientata di 45° rispetto ai lati dell’apertura. Questa zona costituiva quello che in linguaggio tecnico è detto “innesco di cricca”.
In un’area maggiormente soggetta alle tensioni, la discontinuità del materiale aveva permesso il crearsi di meccanismi di rottura.Svelato il colpevole, la prima soluzione, piuttosto drastica (ma in realtà furono attuati anche altri accorgimenti) fu quella di ridurre al minimo queste discontinuità, smussando tutti gli angoli di tutte le aperture.
Prendiamo due fogli di carta, uno con un foro quadrato, l’altro con un foro circolare, centrati e delle stesse dimensioni. Noteremo che servirà una forza minore per strappare quello con il foro quadrato e che lo strappo si propagherà dagli spigoli.
Con questi presupposti si costruirono i nuovi modelli Comet 4, ma furono schiacciati sul mercato dall’ingresso prepotente di un altro moderno padrone dei cieli: il Boeing 707. Il signor de Havilland morì nel 1965, dopo aver visto fallire la sua azienda. Si consegnò alla storia come colui che, suo malgrado, scoprì che i finestrini degli aerei non possono essere quadrati. Ma se ammirerete un posto nuovo in un lontano angolo del pianeta o potrete tornare alla terra natia per un weekend in famiglia, ricordatevi di darne merito a Sir Geoffrey de Havilland, uno di quegli uomini che hanno rivoluzionato il Mondo.
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Enrico Laerte Corona
Laureato in ingegneria civile all’Università di Cagliari, per poi proseguire gli studi in strutture al Politecnico di Torino. Attualmente svolge uno stage di ricerca su sismica e materiali strutturali di nuova concezione all’HEIG-VD di Yverdon (SVI). Appassionato di arte e astrofisica ma preferisce trovare nuovi interessi a seconda di come gira la luna, lasciandosi coinvolgere da chi gli sta attorno.
Fonti:
- https://www.smithsonianmag.com/history/comets-tale-63573615/;
- A. Carpinteri, “Meccanica dei Materiali e della Frattura”, Pitagora Ed., Bologna, 1992.