Quanta fatica: la teoria che ha cambiato il mondo

Capitolo 4: Planck e il seme della rivoluzione


Per capire davvero cosa non andasse nella legge di Rayleigh-Jeans per il corpo nero, dobbiamo discutere – brevemente – di come questa legge fu derivata dal fisico inglese. Come abbiamo detto nel precedente capitolo, possiamo visualizzare un corpo nero come un contenitore, isolato dall’ambiente esterno e portato ad una temperatura estremamente elevata, in cui le molecole (o gli atomi) del materiale delle pareti, messe in vibrazione, emettono una radiazione elettromagnetica che comincerà a rimbalzare sulle pareti stesse del contenitore.

Figura 1: rappresentazione delle onde elettromagnetiche stazionarie all’interno di un corpo nero. Gli atomi sulle pareti vibrando emettono radiazione che verrà assorbita e riemessa dalle pareti del corpo nero.

Dentro la catastrofe

Il punto di partenza di Rayleigh era basato su due assunti fondamentali: il primo riguardante il moto delle particelle che compongono il corpo nero e il secondo sul tipo di radiazione emessa da queste particelle.

Partiamo dalla materia in oscillazione. Già da tempo, era conosciuto un famoso risultato di meccanica statistica noto come teorema di equipartizione. Questo teorema aveva trovato grandi applicazioni nell’ambito dello studio dei gas e fu usato da Boltzmann per spiegare la legge di Dulong-Petit sul calore specifico dei solidi. Insomma, per farla breve, funzionava egregiamente. Il teorema di equipartizione afferma che

per ogni grado di libertà quadratico che compone il moto complessivo di una particella, esiste un contributo di energia pari a ½ kBT

Dove T è la temperatura e kB la costante di Boltzmann.1

Ignoriamo, per semplicità, quel “quadratico” e concentriamoci, brevemente, sul concetto di grado di libertà. Per farla semplice potete visualizzare un grado di libertà come un tipo di movimento che la particella può fare. Se abbiamo una particella libera che può muoversi nelle tre direzioni spaziali, questa avrà un’energia pari a 3/2 kB T. Analogamente, se consideriamo coppie di particelle in interazione (le cosiddette molecole diatomiche) queste avranno energie diverse perché oltre a muoversi nello spazio potrebbero anche ruotare o vibrare.

Insomma, l’intuizione di Rayleigh era la seguente: la radiazione di corpo nero si origina da particelle che vibrano; dunque, da qualche parte deve, necessariamente, comparire kB T moltiplicato per un qualche numero.

Passiamo ora al secondo assunto, riguardante la radiazione elettromagnetica prodotta dagli atomi in vibrazione: l’idea è che questa radiazione fosse composta da onde stazionarie. Queste, da un punto di vista formale, sono onde per cui l’oscillazione è in qualche modo vincolata nelle direzioni spaziali.2 La peculiarità delle onde stazionarie è che esse possono avere solamente determinati valori di lunghezze e frequenze d’onda. Un esempio di onde stazionarie e del loro comportamento all’interno di un corpo nero è riportato in Figure 1 e 2.3

Figura 2: un’onda stazionaria. I punti che rimangono fissi sono chiamati nodi, mentre le “creste” e le “valli” che oscillano sono dette ventri. Fonte: Wikipedia.

Con questi due assunti, Rayleigh (poi aiutato e corretto da Jeans) elaborò la sua legge. In particolare, quello che il fisico inglese riuscì a fare fu legare il numero di gradi di libertà (dell’energia) degli atomi del corpo nero, alle possibili lunghezze d’onda delle onde elettromagnetiche stazionarie all’interno del corpo nero stesso.4

Nello scorso capitolo, abbiamo descritto lo spettro di corpo nero in termini di intensità della radiazione, ma una discussione analoga si può fare per la densità di energia della radiazione di corpo nero (u), ovvero l’energia per unità di volume.5 In questa forma, la legge di Rayleigh-Jeans diventa

u(\lambda,T) = \frac{8\pi k_B T}{\lambda^4}

dove λ e T tra parentesi indicano che la densità di energia è una funzione di queste due grandezze, ovvero che dipende da esse.

In questa formula ci sono tutti gli ingredienti necessari. C’è la luce, con la sua lunghezza d’onda λ e c’è l’energia delle particelle che compongono il corpo nero kBT, come suggerito dal teorema di equipartizione.

Eppure, questa legge, come abbiamo visto, non funzionava. Essa dava origine alla catastrofe ultravioletta, prevedendo energia infinita per radiazione con corte lunghezze d’onda.

A dirla tutta, anche Rayleigh si era reso conto del problema e inizialmente aveva aggiunto un termine correttivo che in qualche modo penalizzasse l’emissione a corte lunghezze d’onda per far tornare le cose. C’era un problema: questo “termine di penalizzazione” non era in alcun modo giustificato dalla fisica del tempo.

Pacchetti di energia

Rayleigh pubblicò la sua legge nel mese di giugno del 1900 ed è qui che entrò in scena Planck.

Max Planck nacque nel 1858 a Kiel. Proveniente da una famiglia di intellettuali ebbe una carriera accademica, letteralmente, fulminea. A soli 21 anni ottenne il dottorato e a 34 anni divenne professore ordinario presso l’Università Humbolt di Berlino.6

Proprio a Berlino, sul finire del XIX secolo erano stati condotti alcuni tra i più precisi esperimenti sul corpo nero e – come abbiamo detto – questi esperimenti erano in contrasto con la legge di Wien (ancora Rayleigh non aveva pubblicato il suo lavoro).

Basandosi su queste nuove misurazioni sperimentali,7 Planck riuscì a trovare una formula che, similmente al termine di penalizzazione introdotto ad hoc da Rayleigh, cancellasse la catastrofe ultravioletta. Questa funzione dipendeva da una costante, ignota, ma il cui valore poteva essere determinato sperimentalmente.

C’era, tuttavia, una differenza rispetto al risultato di Rayleigh: una volta fissata quella costante, il risultato di Planck spiegava perfettamente i risultati sperimentali.

C’era solo un problema: da dove derivava quella formula? Qual era il suo significato fisico?

E qui arrivò il lampo di genio (e di inconsapevole follia) di Planck. Il fisico tedesco, infatti, si rese conto che quella formula era perfettamente ricavabile sotto una semplice (ma tutt’altro che innocente) ipotesi.

Era sufficiente assumere che l’energia scambiate dagli atomi del corpo nero non potesse assumere qualsiasi valore, ma che potesse essere solamente un multiplo di un’unità fondamentale. Questa unità fondamentale di energia era data dalla frequenza di oscillazione dell’atomo moltiplicata per una costante (la stessa ricavabile dagli esperimenti), o per scriverla in formule

E=h\nu

Oggi noi chiamiamo h, costante di Planck, in onore del suo scopritore.

Questo è il punto di partenza di tutto. Il mondo quantistico nasce qui, sul finire del 1900. Tutto parte da questa formula che assume che l’energia degli atomi del corpo nero non sia una quantità continua e indivisibile ma piuttosto qualcosa di discreto e per la quale esiste un elemento, una quantità fondamentale. Si trattava di un pacchetto di energia, o come lo chiamiamo noi oggi, un quanto.

Sotto questa assunzione, Planck sviluppò la sua legge per il corpo nero, che presentò il 14 dicembre dello stesso anno alla società di fisica tedesca. Stando alla legge di Planck, la densità di energia della radiazione di corpo nero può essere scritta come

u(\lambda,T) = \frac{8\pi hc}{\lambda^5} \frac{1}{e^{hc/\lambda k_B T}-1}

Non lasciatevi spaventare dall’apparente complessità di questa formula! 

Vorrei ne apprezzaste la bellezza. 

La prima parte non è troppo diversa dalla legge di Rayleigh-Jeans. Quella che tuttavia è fondamentale è la seconda parte, quella frazione dove appare la funzione esponenziale con la costante h. Questo è il famoso fattore penalizzante per le corte lunghezze d’onda che garantiva una soluzione alla catastrofe ultravioletta e ora questo fattore aveva una descrizione fisica: l’energia scambiata dagli atomi del corpo nero era discreta.

Come per la legge di Rayleigh, questa formula contiene la lunghezza d’onda λ della radiazione, l’energia “classica” dovuta al teorema di equipartizione kBT e, insieme a loro, un nuovo protagonista: la costante h. 

La cosa sorprendente di questa legge è che essa, sotto determinate condizioni era in grado di riprodurre tutte le leggi sperimentali relative al corpo nero che erano state sviluppate nel secolo precedente.

A corte lunghezze d’onda essa riproduce l’approssimazione di Wien, a grandi lunghezze d’onda questa espressione diventa equivalente alla legge di Rayleigh. Ma non solo, essa è perfettamente compatibile con la legge di Wien che descrive la posizione del picco dello spettro di corpo nero e con la legge di Stefan-Boltzmann, la quale predice che alzando la temperatura del corpo nero la sua radiazione si sposterà a corte lunghezze d’onda.8

Ci troviamo di fronte ad una rivoluzione, anche se non tutti all’epoca se ne resero conto.

Lasciatemi concludere questo paragrafo con le parole di chi ha scoperchiato il vaso di Pandora. In un suo articolo del 1901 Planck, parlando dell’energia dirà:

Deve essere interpretata come una variabile discreta che è un numero intero moltiplicato per un’unità comune di energia, piuttosto che un’energia continua e indivisibile.

Il mondo nuovo che spaventa

Siamo alle porte della rivoluzione. Quel giorno di dicembre del 1900 il nuovo mondo si è aperto davanti ai nostri occhi e da questo mondo non siamo mai più tornati indietro. Da quel momento, qualsiasi fisico alle prese con un conto che coinvolga atomi o particelle non potrà ignorare quella lettera, quella h. Negli anni successivi a quel 1900, i fisici capiranno che quella lettera, il cui valore è

h=6.63\times 10^{-34} J\cdot s

è la costante associata al mondo quantistico e ne regola i fenomeni microscopici.9 Eppure, il mondo, i fisici stessi, inizialmente fecero resistenza alla rivoluzione. Come vedremo, alcune delle migliori menti del ‘900, pur avendo contribuito alla rivoluzione quantistica, non la accettarono mai veramente.

Planck stesso cercò negli anni di trovare una soluzione “classica” al corpo nero, essendo convinto che la legge da lui trovata fosse un’approssimazione. Nel 1931 parlando della legge che porta il suo nome disse:

Un atto di disperazione… Dovevo ottenere un risultato positivo, a qualsiasi costo.

Stiamo entrando in un’epoca di rivoluzioni, fatta di scoperte sconcertanti e incomprensibili. Un periodo in cui i fisici stessi che hanno fatto tali scoperte non credevano fino in fondo che esse potessero essere corrette.

Quel giorno di dicembre del 1900 smettemmo di capire il mondo.

Ma quello stesso giorno iniziò il nostro viaggio alla scoperta di una nuova e sconvolgente realtà.


  1. Il valore della costante di Boltzmann è 1.38 x 10-23 J K-1. J si riferisce ai Joule, l’unità di misura dell’energia, mentre K ai Kelvin, l’unità di misura della temperatura. ↩︎
  2. Un esempio pratico di onda stazionaria è la corda di uno strumento musicale, i cui estremi sono vincolati. ↩︎
  3. Notate che la semplice affermazione: “la radiazione luminosa prodotta dal corpo nero deriva da onde elettromagnetiche stazionarie prodotte dall’oscillazione degli atomi sulla pareti del corpo stesso” era qualcosa di impensabile prima delle equazioni di Maxwell e in generale prima di tutti gli studi sull’elettromagnetismo avvenuti nell’Ottocento (recuperate la discussione fatta nel Capitolo 2). ↩︎
  4. Qui potete trovare una dimostrazione della legge. ↩︎
  5. La densità di energia è semplicemente ottenuta moltiplicando l’intensità della radiazione per una costante che coinvolge la velocità della luce. ↩︎
  6. Curiosamente, una volta divenuto professore, Planck andò a ricoprire la cattedra che fu di Gustav Robert Kirchhoff, uno dei primi fisici che si occupò della radiazione di corpo nero. ↩︎
  7. Probabilmente Planck fu aiutato nell’elaborare la sua teoria anche da una serie di informazioni riguardo le nuove, e più precise, misure da parte del fisico sperimentale Heinrich Rubens. ↩︎
  8. Se non ricordi di costa sto parlando, dai un’occhiata al capitolo precedente qui. ↩︎
  9. Qui  J indica il Joule, l’unità di misura dell’energia, mentre s indica i secondi. ↩︎


Davide Laudicina

Dopo un dottorato a Milano in Fisica Teorica ho deciso di trasferirmi in Germania perché evidentemente la ricerca non mi aveva fatto abbastanza male. Orgogliosamente Nerd, nel tempo libero ho sviluppato una dipendenza da serie TV, fumetti e libri e una malsana attitudine nel perdermi durante escursioni in montagna e giri in bici.

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