Il Sardinia Radio Telescope e la curiosità degli antichi
La via lattea sullo sfondo del Nuraghe Losa, ad Abbasanta (OR)
[Foto di Stefania Serra]

Immagina questo scenario: sei nato 3000 anni fa su un meraviglioso pianeta. L’inquinamento luminoso non esiste. Questo è lo spettacolo che si staglia davanti ai tuoi occhi: una sconfinata volta blu, zeppa di puntini brillanti, in alcune zone più fitti, qualcuno più acceso.

Tutto è dinamico, talvolta sensibilmente, talvolta meno. Ci sono anche due grandi cerchi splendenti, che si muovono più rapidamente di tutto il resto. Vivi isolato e le interazioni umane sono ridotte al minimo. Ma sei un sognatore, come molti altri che verranno al mondo dopo di te. Ti chiedi cosa sia tutto quel fervore che si agita sopra la tua testa, quanto sia lontano, se si possa toccare. Quelli come te non sono ancora in grado di capire a fondo ciò che vedi, non lo saranno per molto tempo e, forse, non potranno mai capirlo del tutto. I più anziani hanno trovato risposte semplici, mistiche, soprannaturali. E a te sta bene, ti dà sicurezza, lo accetti.

Ma c’è una forza che ti spinge e ti accomuna a tutti quelli che vivranno sul tuo pianeta nei millenni a venire: la curiosità

I resti della ziggurat di Monte d’Accoddi, in primo piano le pietre sferoidali.
[Gianni Careddu / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

L’uomo, da sempre, guarda il cielo con ammirazione: sono presenti numerosi riferimenti al culto astrale nella ziggurat di Monte d’Accoddi a Sassari, nel Nord della Sardegna, che risale a quasi 5000 anni fa. È un altare votivo al culto del Dio Toro (il Sole) e della Dea Madre (la Luna), con pietre lavorate in forma sferoidale a rappresentare i due astri o la volta celeste. 

Ogni forma religiosa legata ai ritmi del cosmo, mette in relazione il tempo con il moto degli astri. Un centinaio di chilometri più a Sud, lungo la statale 131, troviamo il pozzo sacro di Santa Cristina a Paulilatino (OR), che risale a 3000 anni fa. L’architettura elegante della scala, orientata di 38° rispetto all’orizzonte, è tale che il 27 febbraio e il 14 ottobre, l’irraggiamento solare sia tangente alla scalinata e raggiunga lo specchio d’acqua, illuminandolo. Forma e orientamento della grande camera, fanno sì che, quando la luna raggiunge la declinazione massima, ossia la maggior distanza dall’equatore celeste, essa si rifletta nelle acque del pozzo. Questo avviene ogni 18,6 anni. 

Sezione e ingresso del pozzo sacro di Santa Cristina
[Aga Khan (IT) / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]
[https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Pozzo_sacro_di_Santa_Cristina,l%27ingresso.-_panoramio.jpg]

Ancora più a sud, nel nostro percorso immaginario, è possibile individuare l’ultima creazione di questa terra di amanti del cosmo: il Sardinia Radio Telescope di San Basilio (CA), che ha meno di un decennio di vita.  

Fare un trattato tecnico sul SRT non è lo scopo di questa lettura, perciò proviamo a porci alcune semplici domande per conoscerlo meglio. A rispondere sarà Marco Buttu, che si occupa dello sviluppo del software di controllo del SRT. 

Che cos’è il SRT?

È un radiotelescopio “single dish”, ossia costituito da una singola struttura a parabola. A differenza dei telescopi ottici che catturano le radiazioni elettromagnetiche visibili, i radiotelescopi servono per captare le onde radio che hanno una lunghezza d’onda maggiore e non sono visibili all’occhio umano. Questo permette di osservare oggetti e fenomeni che emettono radiazioni nella banda radio dello spettro anziché in quella visibile.
[NdR: L’osservazione astronomica in base alle bande dello spettro è spiegata molto bene in un articolo di Sebastiano]

Ma i radiotelescopi possono essere utilizzati anche per scattare fotografie: a ogni direzione viene associata l’intensità dell’emissione radio, lo strumento si muove e ricostruisce una sorta di “mappa delle emissioni” che viene poi convertita in segnali digitali.

Quanto è grande il SRT?

La sua struttura è alta complessivamente 74 metri, più di qualsiasi edificio mai costruito in Sardegna e pesa 3000 tonnellate. Lo specchio principale, dalla forma simile ad una parabola, ha un diametro di 64 metri e, per montarlo, è stata necessaria la più grande gru d’Europa. Esso è costituito da 1008 pannelli in alluminio. Può essere orientato grazie a 8 motori che permettono i movimenti in azimut (sul piano orizzontale) e altri 4 che muovono in elevazione (sul piano verticale).

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Il Sardinia Radio Telescope (SRT) nel giorno della sua inaugurazione
[WikiAndrea / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

Perché è così all’avanguardia?

I 1008 tasselli possono muoversi in modo autonomo. Questo permette di effettuare delle correzioni: la struttura, infatti, è soggetta a deformazioni, dovute al peso proprio e alle variazioni di temperatura. I tasselli si muovono anche in modo intelligente: la forma dello specchio non è perfettamente parabolica, ma è calcolata per essere più performante possibile (in modo da massimizzare, in ogni osservazione, il rapporto segnale/rumore sul piano focale). Inoltre il SRT può osservare in un ampio intervallo di frequenze (da 0.3 a 100 GHz), grazie all’utilizzo di più ricevitori.

Tutte queste caratteristiche, che saranno ulteriormente potenziate entro il 2022, dotano il SRT di una grande versatilità che lo rende uno dei radiotelescopi single dish più all’avanguardia del Mondo.

Di cosa si è occupato il SRT in questi anni?

Il SRT può essere utilizzato per lo studio di elementi celesti come pulsar, radiogalassie, buchi neri, quasar, maser e altro, per la ricerca di esopianeti potenzialmente abitabili, come radar spaziale per il monitoraggio di asteroidi o dei detriti spaziali. Ma è anche funzionale nel rilevamento degli spostamenti relativi delle zolle tettoniche. 

Di notevole rilevanza è stato lo studio di un’emissione anomala proveniente dalla galassia di Andromeda, diversa da quelle classiche legate alle interazioni tra il materiale interstellare e il campo magnetico della galassia.

Il SRT è utilizzato anche per l’interferometria (è inserito nell’European VLBI Network). Questa tecnica consiste nel mettere in rete diversi radiotelescopi, per simulare un unico strumento virtuale, in grado di svolgere i compiti più disparati: controllare sonde inviate nello spazio, garantire le comunicazioni con eventuali missioni sulla Luna o su Marte, ricercare possibili segnali extraterrestri provenienti dallo spazio. (NdR: l’interferometria, assieme alla capacità dei radiotelescopi di “scattare fotografie”, sono alla base della famosa immagine del buco nero di cui ha parlato Benedetta

Nel 2017 il SRT ha seguito il “Gran Finale”, coordinato da ASI e NASA, della sonda Cassini, con il suo “tuffo” nell’atmosfera di Saturno, dopo una missione di esplorazione durata quasi vent’anni e una serie di eccezionali scoperte.

La meraviglia dell’universo ci attrae e ci entusiasma ancora, da quelle pietre di Monte d’Accoddi, scolpite 5000 anni fa, fino a questo prodigio di tecnologia che è il SRT. L’Archeoastronomia è una materia ricca di ipotesi e spoglia di dimostrazioni. Le tesi non sempre sono accettate, tanto da suscitare talvolta, nel mondo accademico, l’appellativo di “fantarcheologia”.  

Ma una cosa è certa: se gli antichi popoli del Mediterraneo avessero potuto, si sarebbero costruiti un radiotelescopio come quello di San Basilio.

Nota: tutte le architetture citate possono essere visitate, compreso il SRT, che organizza visite guidate e di cui esiste anche un tour virtuale.

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Enrico Laerte Corona
Laureato in ingegneria civile all’Università di Cagliari, per poi proseguire gli studi in strutture al Politecnico di Torino. Attualmente svolge uno stage di ricerca su sismica e materiali strutturali di nuova concezione all’HEIG-VD di Yverdon (SVI). Appassionato di snowboard, vino, letture, viaggi, astronomia e… un po’ tutto quello che capita sotto tiro!

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