Parità è discriminazione
[Fonte: Pixabay]

Siamo ormai in pieno periodo estivo e voi vorreste consigli riguardo a qualche bella lettura scaccia pensieri e stermina stress da divorare sotto l’ombrellone. Lo comprendo benissimo. Eeeeeee invece no. 

Oggi voglio parlarvi dell’ultimo libro dell’immunologa Antonella Viola, Il sesso è (quasi) tutto, edito da Feltrinelli. Parla di un tema pressoché sconosciuto ai più, eppure anche una semplice amante del mondo scientifico come me ne è rimasta molto colpita.

Giochiamo ad armi pari, gli uomini e le donne sono uguali!, cantava il celebre Cesare Cremonini anni or sono. 

Quando parliamo di parità, ci riferiamo a tutte quelle differenze spesso illogiche e ingiuste create dalla società, che dovrebbero oggigiorno esser solo un lontano, triste, vergognoso ricordo (e invece!).

Dal punto di vista biologico, è chiaro che uomo e donna siano nettamente differenti. Ecco, paradossalmente, la scienza ha sempre “ignorato” le diversità di sesso e di genere, proprio laddove è essenziale prestar loro più attenzione possibile: i mondi medico e farmacologico.

«Gli esperimenti tendono a ridurre le variabilità, per avere risultati più facilmente interpretabili», spiega la scienziata, «Questo ha comportato problemi e svantaggi nella cura di tutte le persone, ma soprattutto delle donne. Il corpo delle donne è stato studiato poco e curato peggio, perché per molto tempo la medicina è stata fatta da maschi bianchi per maschi bianchi. Le donne sono state escluse dalle sperimentazioni, un po’ per preservare un corpo portatore di una possibile vita, un po’ per eliminare variabili come il ciclo mestruale e le gravidanze, che complicavano le dinamiche.»

Di fatto, solo dopo il 1993, la Food and Drugs Administration ottenne l’inclusione delle donne negli studi clinici.

Cos’ha comportato questa esclusione?

«Ha fatto si che alla donna fossero somministrati farmaci che su di lei non erano mai stati sperimentati, quindi senza sapere se avrebbero funzionato e senza avere la certezza che non avrebbero avuto effetti tossici importanti. Non è un caso che siano proprio le donne a soffrire più spesso di effetti collaterali severi. Il metabolismo dei farmaci è diverso negli uomini e nelle donne. Nel caso dei farmaci lipofili, cioè che si sciolgono nei grassi, la dose disegnata sul corpo dell’uomo potrebbe risultare insufficiente nella donna, e quindi non garantirne la medesima efficacia. Mentre nel caso dei farmaci idrofili, che si sciolgono in ambiente acquoso, la dose destinata a un uomo potrebbe essere eccessiva e quindi tossica per una donna. Anche l’eliminazione dei farmaci è diversa, poiché la filtrazione renale nelle donne giovani è ridotta rispetto ai coetanei di sesso maschile. Solo dopo i 70 anni si registrano valori simili tra i due sessi.»

Anche gli ormoni rappresentano una variabile da non sottovalutare.

La medicina di genere nel campo delle malattie respiratorie sta dando risultati promettenti: si sono osservate differenze sostanziali nello sviluppo di polmoni e vie aeree già in fase embrionale. Nel corso della vita però la situazione muta, e di volta in volta uomo e donna si scambiano posizioni di vantaggio e svantaggio rispetto a malattie come l’asma bronchiale o il semplice invecchiamento polmonare.

Si presume che tutto ciò possa dipendere dalle modificazioni ormonali: le ricerche continuano in questo senso.

«Ormoni e genetica giocano un ruolo importante nel meccanismo di azione dei medicinali», asserisce Antonella Viola, «Tra i molti esempi che potrei fare, c’è quello che riguarda i farmaci antidolorifici oppioidi. Diversi studi mostrano che alle donne bisogna somministrarne una dose più alta del 30% rispetto agli uomini per ottenere lo stesso effetto contro il dolore. Questo perché gli estrogeni intervengono nel modulare l’azione degli oppioidi. Una minore risposta agli antidolorifici potrebbe dipendere anche dal sistema immunitario. Nonostante questo, le donne che soffrono di dolore cronico vengono spesso trattate con dosi più basse di antidolorifici.»

Talvolta anche gli uomini si vedono trattati con una certa superficialità rispetto ad alcune problematiche. Come ci ricorda il titolo del libro, infatti, il sesso è “quasi” tutto. «Esistono variabili socio-economiche, psicologiche, culturali, politiche, ambientali e persino religiose, cioè fattori che rientrano nel “genere”, un concetto che racchiude tutto ciò che non è biologico.»

Ad esempio, la depressione maschile è sottostimata: l’uomo tende a mascherare il disagio psichico, rifugge il chiedere aiuto, poiché cozza con lo stereotipo dell’uomo forte e con l’idea di mascolinità.

Anche nei riguardi di una patologia come l’osteoporosi, l’uomo si ritrova ad essere poco considerato. Questo perché colpisce per la maggior parte dei casi donne, principalmente per la carenza di estrogeni dopo la menopausa. In questo caso, anche i farmaci specifici sono stati creati attraverso studi clinici incentrati sulle donne.

Insomma, si tratta di una tematica che ci coinvolge entrambi, uomini e donne, ed è nell’interesse di tutti che si prenda coscienza della necessità di una medicina di genere, che è ancora un traguardo da raggiungere, più che una realtà da fare crescere. 

Si sente parlare di medicina delle 4 P: personalizzata, preventiva, predittiva e partecipativa, ma bisogna anche rendersi conto che i progressi si stanno iniziando a fare solo in alcuni settori, come quello oncologico, e che a volte si incappa in veri e propri slogan pubblicitari che gettano solo fumo negli occhi.

«Ciò che adesso è più urgente è cambiare il modo di eseguire i grandi studi clinici e di produrre terapie. Per il resto, i bravi medici fanno già medicina di genere. La grande sfida sarà la formazione di tutta la classe medica su questi temi.»


Doriana Donno

Fonti:

  • Antonella Viola, Il sesso è (quasi) tutto, Feltrinelli, 2022;
  • Matteo Metta, Cure mirate per uomini e donne, InSalute n.158, 06.2022.