Un marsupiale dai denti a sciabola

Quando si parla di denti a sciabola, immediatamente si pensa alla famosa tigre dall’omonimo nome. Avete presente Diego de “L’Era Glaciale“? Era uno Smilodon fatalis, il felide che terrorizzò il Nord America fino a 10.000 anni fa. 

In realtà, i denti a sciabola si sono evoluti più e più volte in diversi gruppi di animali, tra cui anche i marsupiali!

Filogenia dell’infra-classe dei Marsupialia [autori vari, Wikipedia]

In Sud America, durante il Pliocene (5,3- 2,5 milioni di anni fa), viveva un clade (vale a dire un gruppo di specie che condivide lo stesso antenato) di marsupiali, chiamati Borhyaenoidea, che diede vita a forme che assomigliano molto a mustelidi, ursidi e felidi dai denti a sciabola.

Il più famoso, Thylacosmilus atrox, fu probabilmente il sabertooth (animale con i denti a sciabola) più specializzato mai esistito, con canini in continua crescita, le cui radici risiedevano sopra le orbite.

Si trattava di un predatore massiccio, della taglia di un leopardo, con denti estremamente lunghi ed una muscolatura possente che gli permetteva di abbattere prede di grande taglia.

Paradossalmente, la forza sprigionata dal morso di uno di questi predatori era minore di quella di un attuale leone. Infatti i canini allungati creavano ferite che dissanguavano velocemente la preda, mentre un leone deve necessariamente avere la forza sufficiente a soffocarla.

Questi marsupiali dominarono la catena alimentare fino a quando, circa quattro milioni e mezzo di anni fa, con la chiusura dell’istmo di Panama, i mammiferi placentati scesero in Sud America e ne causarono l’estinzione.

Che i denti a sciabola fossero una caratteristica di successo è certo e l’evoluzione ricorrente di questo tratto ne è la conferma; ma allora, perché sono tutti estinti?

Per prima cosa bisogna specificare che tutti i sabertooth erano ipercarnivori (dieta basata su almeno il 70% di carne).

Spesso questi animali avevano grandi taglie per sottrarsi alla competizione con gli altri carnivori, per aumentare l’efficienza termica o per poter accedere a prede di dimensioni maggiori. Con l’aumento della taglia, tuttavia, aumenta anche il rischio di estinzione.

Inoltre, questi animali erano predatori estremamente specializzati, il che vuol dire che avevano estremizzato alcune caratteristiche che li rendevano efficaci nel tipo di caccia per cui si erano evoluti. Il processo della specializzazione è però difficilmente reversibile.

Ciò significa che è quasi impossibile, per un animale specializzato, ripristinare una morfologia generalista. Perciò un predatore di questo tipo non solo è inadatto a qualsiasi altra situazione che non sia quella per cui si è evoluto, ma ha anche perso la possibilità di evolvere nuove soluzioni per adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente in cui vive.

Ecco perché la grande taglia, unita all’estrema specializzazione, ha reso i sabertooth molto vulnerabili ai cambiamenti ambientali, portandoli infine all’estinzione.

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Deborah Bastoni
Laureata in Scienze Naturali, appassionata da sempre di tutto ciò che riguarda natura ed animali, amante dei viaggi in tenda e del trekking. Padrona orgogliosa di Joel, un gatto pelosissimo.

Bibliografia:

  1. Van Valkenburgh, B. (2007). Déjà vu: the evolution of feeding morphologies in the Carnivora. Integrative and Comparative Biology, 47(1), 147-163;
  2. Raia, P., Carotenuto, F., Mondanaro, A., Castiglione, S., Passaro, F., Saggese, F., … & Fortelius, M. (2016). Progress to extinction: increased specialisation causes the demise of animal clades. Scientific reports, 6, 30965;
  3. Argot, C. (2004). Functional-adaptive features and palaeobiologic implications of the postcranial skeleton of the late Miocene sabretooth borhyaenoid Thylacosmilus atrox (Metatheria). Alcheringa, 28(1), 229-266.