Dita appiccicose e omicidi
[Fonte immagine Pixabay ]

Oggi parleremo di nuovo di scena del crimine e in particolar modo della chimica applicata in questo ambito. Se vi siete persi la puntata precedente, recuperatela qui. La chimica forense rientra nella criminalistica, un approccio multidisciplinare all’analisi di tracce e reperti sul luogo di un possibile reato. La criminalistica utilizza conoscenze e tecniche di chimica, fisica, biologia e, con l’aumentare dei crimini informatici, di informatica per il raggiungimento della verità.

CSI e altre serie TV ci hanno insegnato che la coppia re-regina nelle indagini sono il DNA e le impronte digitali. Oggi mi focalizzerò sulle impronte digitali e su come la chimica permetta di evidenziare e raccogliere questo tipo di tracce. In gergo tecnico, si definisce dattiloscopia lo studio e l’evidenziazione delle impronte digitali. I dermatoglifi, cioè l’insieme di solchi e di creste sui polpastrelli, hanno due caratteristiche che li rendono fondamentali nelle indagini:

  • sono unici da individuo a individuo
  • si mantengono inalterati per tutta la vita dell’individuo stesso

Ma dove interviene la chimica? Classica scena da romanzo: in una sala si trova un cadavere con un coltello nella schiena. Come cercare le impronte sul manico del coltello? L’impronta digitale è costituita dal cosiddetto essudato. L’essudato è composto per il 98% di acqua e per il restante 2% da materiale organico, principalmente lipidi (grassi) e proteine. 

Nei metodi chimici si usano dei composti specifici per far reagire una o più componenti dell’essudato e rivelare le impronte. La scelta di un composto rispetto a un altro è determinata dalla superficie da esaminare. Da aspirante investigatore, nel caso del coltello io userei il metodo della supercolla: in una camera di reazione con umidità e temperatura controllata inserirei il coltello e della supercolla, che viene vaporizzata. La supercolla polimerizza e si lega ai lipidi dell’essudato, evidenziando le impronte. Queste possono essere confrontate con dei database automatici come l’AFIS (Automated Fingerprint Identification System, cioè sistema automatico di identificazione delle impronte digitali).

Ma cosa accade nella camera di reazione? Chimicamente le supercolle sono costituite da cianoacrilati, in particolare dal cianoacrilato di etile. Si tratta di molecole dalla storia affascinante, di cui parlerò in un post a parte. La struttura chimica del cianoacrilato di etile è riportata in basso. Ogni segmento indica un legame chimico, mentre i vertici senza nome sono occupati da atomi di carbonio (simbolo C). I vari cerchi colorati evidenziano le peculiarità chimiche della molecola. Il carbonio 𝛼 (evidenziato in rosso) si trova tra due fuochi: sia il gruppo ciano (in blu) che il carbonile (in arancio) sono fortemente elettron-attrattori. Questo significa che il carbonio 𝛼 è alla disperata ricerca di elettroni. Da dove li potrebbe prendere? Dal doppio legame col carbonio 𝛽 (in verde), che ovviamente vuole anche lui una contropartita. Quindi se la molecola incontra una specie chimica ricca di elettroni (quello che prende il nome di nucleofilo), avviene un flusso di elettroni tra il nucleofilo e la molecola stessa (che funge da elettrofilo). In chimica la riorganizzazione degli elettroni è sinonimo di reazione chimica

[Struttura del cianoacrilato di etile, componente principale delle supercolle. In rosso il carbonio 𝛼, in verde il 𝛽, in blu il gruppo ciano e in arancione il gruppo carbonile. Immagine dell’autore.]

In presenza di un nucleofilo, il doppio legame C=C tra il carbonio 𝛼 e il 𝛽 si apre e si forma uno ione enolato. Per esempio, il nucleofilo può essere una molecola di acqua dell’essudato. Oppure altre specie ricche di elettroni, cariche negativamente o neutre. Lo ione enolato è a sua volta un nucleofilo, che può reagire con un’altra molecola di cianoacrilato. Il risultato è una reazione a catena, dove le molecole si legano le une alle altre in successione portando alla formazione del polimero. Questo si traduce con il calco solido di una o più impronte digitali, che diventano visibili sul manico del coltello.

[Meccanismo di reazione per la polimerizzazione del cianoacrilato di etile. Le frecce curve in azzurro rappresentano il flusso di una coppia di elettroni. Nu indica un generico nucleofilo carico negativamente (i nucleofili possono essere carichi negativamente o neutri), mentre il cerchio barrato rappresenta una carica negativa localizzata sul carbonio. Immagine dell’autore]

Questa tipologia di reazioni prende il nome di reazione di Michael, in onore del chimico statunitense Arthur Michael, e consente di formare nuovi legami carbonio-carbonio. La reazione di Michael è imparentata con la condensazione aldolica, il processo per antonomasia per la formazione di nuovi legami C-C. In chimica questo tipo di reazioni sono ricercati come i pezzi di Exodia il Proibito (se avete mai giocato a Yu-Gi-Oh sapete di cosa parlo) perché consentono di sintetizzare molecole molto interessanti, dai farmaci ai nuovi materiali. Non sorprende che spesso i loro scopritori siano insigniti del Nobel per la Chimica. Wittig, Suzuki e Heck sono esempi di premi Nobel per la chimica, che hanno sviluppato reazioni in cui un nuovo legame C-C viene generato.

Questo è solo uno dei molti metodi usati per evidenziare le impronte digitali e si tratta di un metodo chimico, perché l’essudato reagisce con un’altra sostanza (in questo caso il cianoacrilato). Altri metodi chimici usano i vapori di iodio e la ninidrina. La scelta di un metodo rispetto ad un altro dipende dal supporto e da quanto le impronte sono “stagionate”. Su carta il metodo chimico di elezione è la ninidrina. Se il supporto è poroso, si usano metodi fisici. Si depositano delle polveri speciali che si “attaccano” all’impronta. Con un pennellino si elimina l’eccesso di polvere e si reperta l’impronta. Se siete curiosi, ci scriverò altri articoli! #Staytuned


Jonathan Campeggio

Sono un assegnista di ricerca UniFi in chimica teorica e computazionale. Appassionato di scienza fin da ragazzo, i miei hobby principali sono il girovagare per mostre d’arte/musei, il giardinaggio e lo sport. 

Bibliografia

  • Marc Loudon, Chimica Organica, Edises, 2010
  • Howard A. Harris, Henry C. Lee, Introduction to Forensic Science and Criminalistic, CRC Press, 2019
  • Kelly M. Elkins, Introduction to Forensic Chemistry, CRC Press, 2019