
I matematici sono stati, almeno storicamente, pessimi nel marketing delle loro invenzioni. Basti pensare all’elemento più alla base della matematica: i numeri. Ogni volta che si è creato un nuovo tipo di numero, gli si è dato un nome tutt’altro che amichevole:
- negativo in matematica rappresenta un numero minore di zero, nel linguaggio comune una cosa negativa è una cosa da evitare;
- irrazionale in matematica indica un numero che non può essere scritto come una frazione, mentre in italiano indica un qualcosa senza senso, illogico;
- immaginario/complesso è un numero che utilizza la costante i = √(-1). In linguaggio comune indica un qualcosa di inesistente (immaginario) o di difficile e complicato (complesso).
Può sembrare una sciocchezza ma queste nomenclature fanno grossi danni, soprattutto nella didattica della matematica [1]. Ad esempio, gli studenti spesso associano al termine “negativo” una connotazione cattiva (che difficile non dire negativa!), che può ridurre la loro confidenza, rendendo questi concetti più difficili da digerire rispetto ai numeri “positivi” [2]. I termini come “irrazionale” ed “immaginario” possono portare gli studenti a pensare che questi numeri siano illogici o non reali (reali in senso comune, non matematico), creando un senso di vaghezza che porta a difficoltà nell’apprendimento.
Non si tratta di problemi che colpiscono solo gli studenti: le incomprensioni relative a questi termini spesso persistono e sono difficili da correggere in età adulta [3].
Nonostante ciò, questi numeri non solo esistono, ma sono fondamentali anche nella vita quotidiana.
Partiamo dai numeri negativi. Probabilmente sono quelli che vi causano meno problemi grazie all’uso relativamente comune di cui ne facciamo oggi (promozioni al “-20%”, perdita di valore di azioni, o debiti in banca) ma storicamente hanno visto una discreta opposizione. Lo stesso Eulero [1707 – 1783], uno dei più famosi matematici della storia, li considerò inizialmente un risultato “insignificante” [4]. Similmente, Francis Maseres [1731 – 1824] nel suo libro Dissertazione sull’uso del segno negativo dell’algebra affermò che i numeri negativi potevano essere utilizzati solo per indicare la sottrazione di una quantità da un’altra più grande. Di conseguenza, non accettava che il risultato di una sottrazione potesse essere minore di zero.
Insomma, la filosofia di base nel ‘700-‘800 era riassumibile nella frase
«come faccio a togliere 100 pecore da un gregge di 99?»
I numeri irrazionali non furono da meno. L’intera scuola pitagorica era convinta che tutti i numeri potessero essere espressi come frazione di due numeri naturali. Ippaso [~530 a.C. – ~450 a.C.], filosofo greco e secondo membro più rilevante della scuola pitagorica dopo Pitagora stesso, dimostrò, partendo proprio dal teorema di Pitagora, che la diagonale di un quadrato di lato unitario non è un numero, nel senso che i pitagorici chiamavano numeri solo i razionali, essendo convinti che potessero esistere solo quelli. Si narra che proprio per aver diffuso questo risultato, Ippaso venne affogato nel mare di fronte a Crotone [5].
Ad oggi, la nostra relazione coi numeri irrazionali è un po’ più amichevole, anche grazie ad alcune nozioni “pop”, come il fatto che alcune delle costanti più importanti sono irrazionali, ad esempio il pi-greco π, e il fatto che questi numeri contengono un numero di cifre infinite che non si ripetono (ricordiamo che non significa che allora si possono trovare tutte le possibili sequenze di numeri [6]). C’è pure un giorno dedicato a questa costante (il 14 marzo, anche se secondo me sarebbe più adatto il 22 luglio). Direi che come società abbiamo superato la paura dei numeri irrazionali.
Arriviamo ora ai nostri numeri immaginari. Questi purtroppo sono ancora oggi molto ostici per il “pubblico generalista”. Molta di questa antipatia viene dall’istruzione: per almeno i primi 18 anni della nostra vita (fino all’ultimo anno di liceo) ci viene ripetuto che
«non si può fare la radice quadrata di un numero negativo»
forse il secondo “divieto” più famoso della matematica dopo il “non si può dividere per zero”.
È quindi comprensibile che, quando veniamo esposti per la prima volta a questi numeri, ne rimaniamo scioccati. Eppure, i numeri immaginari sono tanto reali quanto… beh… i numeri reali!
Dobbiamo tenere a mente che, semplicemente, i numeri non esistono, almeno non nel senso pratico del termine: si tratta di costruzioni astratte che permettono di descrivere certe cose. Un po’ come qualsiasi altro concetto matematico, infatti, i “numeri” sono concetti che ci siamo inventati per descrivere la realtà e risolvere problemi. E che cosa descrivono i vari tipi di numeri?
- i numeri naturali si usano per indicare quantità di oggetti (5 mele, 10 pere, 2000 persone, …);
- i numeri negativi permettono di indicare una mancanza, un debito, o una perdita;
- i numeri razionali permettono di indicare parti di oggetti (mezza torta, un quarto di pizza…);
- i numeri reali in generale si usano per misurare (ad esempio la circonferenza).
E i numeri complessi?
I numeri complessi si usano per indicare delle rotazioni nel piano. Specialmente in fisica, permettono di semplificare enormemente la descrizione di alcuni fenomeni tra cui elettromagnetismo, dinamica dei fluidi, e meccanica quantistica [7].
Si può andare anche oltre.
Ad esempio, se coi complessi si aggiunge una sola costante immaginaria ‘i’, coi quaternioni se ne aggiungono ben tre. Questi numeri permettono di descrivere gli orientamenti (e le rotazioni) nello spazio tridimensionale.
Insomma, ci troviamo in una situazione in cui nessun numero esiste davvero (nemmeno quelli usati per contare) visto che si tratta di un concetto astratto, e contemporaneamente tutti i numeri, pure quelli immaginari, sono veri nel senso che ci permettono di descrivere qualcosa di reale, allo stesso modo in cui i numeri naturali ci permettono di contare.
Probabilmente è tardi per ribattezzare gli insiemi di numeri ma, per lo meno, i matematici sembrano esser diventati un po’ più abili nel dare nomi che non siano repulsivi.
Oltre ai già menzionati quaternioni (che derivano dal fatto che ci sono 4 elementi di “base”: l’unità reale e tre tipi di unità immaginarie), ci sono gli ottonioni e i sedenioni (…invece di ridere, indovinate quante unità immaginarie si usano per ognuno di questi due), gli iperreali, e i duali.
C’è da dire, però, che i matematici si sono inventati anche i numeri “surreali”, quindi forse c’è ancora bisogno di migliorare il reparto marketing…Qualcuno, per caso, ha un’idea carina per aiutarli?
Michele Ginesi
Laureato in Matematica con un Dottorato in Computer Science, attualmente lavoro come Post-Doc all’Istituto Europeo di Oncologia, occupandomi di modellazione. Mi dedico alla scrittura di articoli e post per BarScienza dagli inizi del 2019. Nella fine del 2020 ho creato mathITA (YouTube ed Instagram) in cui parlo di Matematica.
Fonti
- [1] Rafiepour, Abolfazl, Kazem Abdolahpour, and Danyal Farsani. “Developing conceptual understanding of Irrational numbers based on technology through activity system.” (2022).
- [2] Alonso-Díaz, Santiago, and Gabriel I. Penagos-Londoño. “Reduced choice-confidence in negative numerals.” Plos one 17.10 (2022): e0272796.
- [3] Ural, Alattin. “7th Grade Students’ Understandings of Negative Integer”. Journal of Studied in Education (2016)
- [4] A Visual, Intuitive Guide to Imaginary Numbers
- [5] Ippaso (filosofo), wikipedia
- [6] Ginesi Michele, “Il π (forse) non è normale: peculiarità e aneddoti sul numero più celebre al mondo”, BarScienza 2019
- [7] Marc-Olivier Renou, Antonio Acín, Miguel Navascu, Eacute, “Quantum Physics Falls Apart without Imaginary Numbers”, scientificamerican.com 2023