L’insospettabile destino di essere portatore sano

Se vi ricordate, nel precedente articolo, ho introdotto molto velocemente le differenti modalità con cui un agente infettivo – virus o batterio che sia – può entrare in contatto con gli esseri umani.

In linea di massima quello che succede è che – dopo aver contratto il “microbo” in questione – ci si ammala, si rischia di “passarlo” ad altre persone e poi si guarisce. (a volte non si riesce a guarire e si muore, ma mi piace tentare di vedere un futuro roseo per tutti, ipotetici malati infetti compresi…)

Ciò che accade in certi casi, invece, è di trovarsi davanti a persone che risultano completamente sane, ma che ospitano il patogeno e sono ugualmente in grado di trasmetterlo ad altri.

No, non mi riferisco a chi sta per mostrare i sintomi della malattia o chi è ancora convalescente, ma a persone che sono da tempo guarite o che non si sono mai “ammalate”: i portatori sani.

Mary Mallon in un’illustrazione del 1909 del “The New York American” [di Lupo, Wikipedia]

Mary Mallon: la portatrice sana più celebre al mondo Forse alcuni di voi avranno sentito parlare di lei, forse no, ma Mary Mallon, una “semplice” cuoca nata nel 1869 in Irlanda, è stata una delle cause principali dei 3000 casi di tifo (!) a New York fra il 1906 e il 1907.

Notevole, vero?

Mary aveva probabilmente contratto una forma meno debilitante e pericolosa della febbre tifoide, mostrandone a malapena i sintomi, ragion per cui era praticamente impossibile risalire a lei come “fonte del contagio”, almeno all’inizio.
Ma facciamo finta di ignorare, proprio come all’epoca, chi fosse Mary Mallon e tutto ciò che oggi conosciamo sulla microbiologia.

Facciamo finta di essere George Soper, ingegnere sanitario ingaggiato dalla famiglia Warren, presso cui Mary aveva lavorato come cuoca e nella cui abitazione era scoppiata una vera e propria epidemia di tifo.

Dopo aver brancolato nel buio, alla ricerca di informazioni utili, Soper si rese conto che di tutte le persone interrogate in quella casa, una mancava all’appello: Mary Mallon.

Era andata via senza dire nulla, sparita.

Era difficile trovare delle tracce di quella donna, una robusta irlandese piena di energie: unico indizio del suo passaggio nelle case in cui lavorava erano le persone che si ammalavano di tifo dopo aver avuto a che fare con lei.
Una volta riuscito ad identificarla, il primo colloquio con Mary non fu esattamente dei migliori:

“Parlai per la prima volta con Mary nella cucina di casa. Immagino che fu un tipo di colloquio insolito, soprattutto se si tiene conto del posto. Fui quanto più diplomatico possibile ma dovetti dirle che sospettavo che lei diffondesse una malattia e che volevo i suoi campioni di urina, feci e sangue. […] Afferrò un forchettone da arrosto e avanzò nella mia direzione. Io percorsi in tutta fretta il corridoio lungo e stretto, varcai l’alto cancello di ferro e il cortile, e arrivai al marciapiede. Mi sentivo assai fortunato ad esserle sfuggito. Confessai a me stesso che avevo iniziato con il piede sbagliato. A quanto pare Mary non capiva che volevo aiutarla.”


Non furono facili neanche il secondo o il terzo incontro, quando Mary fuggì da poliziotti e dottori. Rimase in quarantena nell’ospedale Riverside, considerata pericolosa e poco affidabile, fino al 1910, quando, a seguito di un rocambolesco ed improvviso processo, venne rilasciata.

Fuggì, perse il compagno (indovinate come?) e di lei si sa ben poco fino al 1915, se non che adottò nomi falsi per lavorare come cuoca.

Era stanca Mary Mallon – additata come un mostro, un assassino – per cui non oppose resistenza quando la Polizia andò a prelevarla dalla casa della sua amica Corona, a seguito dell’ennesima epidemia di tifo scoppiata nel suo posto di lavoro.

Morì nel 1938 a Riverside.
Mi sento di concludere questa storia, tenendo specialmente conto del fatto che Mary non era l’unica portatrice sana di tifo all’epoca, con quello che è scritto sulla sua lapide:

“Mary Mallon, morta l’11 novembre 1938. Gesù abbia misericordia.”

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Tilde Laureata in Biologia della Salute all’Alma Mater Studiorum di Bologna, è una grande appassionata di viaggi, cinema, in particolare di thriller e horror, e fumetti. Ama molto il suo gatto e “schiacciare un pisolino” insieme a lui.

Fonti: