Capitolo 3: quando il mondo cominciò a crollare
Nei capitoli precedenti
La fisica di fine Ottocento si erge su due pilastri: la meccanica classica e la teoria dell’elettromagnetismo. La prima descrive come e perché la materia si muove, la seconda descrive la luce e tutti i fenomeni ad essa connessi.
I fisici, a fine XIX secolo, si trovarono in una posizione unica nella storia dell’umanità. Per la prima volta, forti delle conoscenze date da meccanica classica e teoria dell’elettromagnetismo, poterono aspirare a qualcosa di impensabile fino a pochi decenni prima: lo studio di come luce e materia interagiscono tra di loro.
Frequenze e lunghezze d’onda
Arrivati a questo punto è bene fare un paio di considerazioni sulla luce. Grazie a Young sappiamo che essa si comporta come un’onda che si propaga ad una velocità incredibile (spesso indicata con c). In quanto onda, la luce può essere descritta in termini di frequenza (ν) e lunghezza d’onda (λ). La frequenza è semplicemente il numero di oscillazioni fatte dall’onda in un secondo e si misura in Hertz (1 Hz = 1 oscillazione in un secondo), mentre la lunghezza d’onda è la distanza tra due creste e si misura in metri, vedi Figura 1.

La frequenza e la lunghezza d’onda sono legate tra di loro da una semplice relazione che coinvolge la velocità di propagazione dell’onda stessa, dunque, nel caso della luce, la velocità della luce. Questa relazione ci dice che moltiplicando frequenza e lunghezza d’onda otterremo sempre la velocità di propagazione dell’onda, ovvero per la luce
\lambda\nu = c \, .
Insomma, se la frequenza della luce cambia, cambia anche la sua lunghezza d’onda, proprio perché la velocità di propagazione dell’onda deve rimanere la stessa.1 Radiazioni con corte lunghezze d’onda avranno alte frequenze e viceversa.
Sebbene non fosse perfettamente chiaro come le onde elettromagnetiche venissero prodotte, gli scienziati già prima dell’Ottocento erano, tuttavia, in grado di separare le varie lunghezze d’onda della luce. Questa particolare branca della fisica prende il nome di spettroscopia ed ebbe origine, neanche a farlo apposta, con Isaac Newton. Il genio inglese, infatti, si accorse che facendo passare della luce solare attraverso un prisma questa produceva una figura simile ad un arcobaleno in cui i vari colori erano separati.2
Quello che Newton stava osservando era – forse – il primo esperimento di spettroscopia nella storia. La luce solare incidente sul prisma era costituita da un miscuglio di onde con diversa frequenza (e di conseguenza lunghezza d’onda) che dopo averlo attraversato si separavano nei singoli costituenti, ognuno con una frequenza ben definita.3 L’insieme dei singoli costituenti di un’onda elettromagnetica forma ciò che chiamiamo spettro elettromagnetico, vedi Figura 2.

Fraunhofer prepara la scena
Il padre della spettroscopia moderna fu Joseph von Fraunhofer. Fraunhofer dedicò la sua intera vita allo studio dell’ottica e fu il primo, nel 1814, a rendersi conto che nello spettro elettromagnetico del Sole c’era qualcosa che non andava.
Nulla di apocalittico ovviamente, tuttavia il fisico tedesco, usando uno spettroscopio – una versione più sofisticata del prisma di Newton – si accorse che lo spettro elettromagnetico del Sole, in realtà, non consisteva nella semplice successione di colori, osservata da Newton, ma al contrario presentava delle strane e inspiegabili linee scure in corrispondenza di determinate frequenze.4
Analogamente, già da metà Settecento, era noto che scaldando particolari elementi questi tendevano ad emettere una radiazione a poche e determinate frequenze (o lunghezze d’onda). Elementi diversi emettevano luce a frequenze differenti.5 Questa emissione si manifestava nello spettro sotto forma di sottili linee luminose.6 In Figura 3, in alto è mostrato lo spettro elettromagnetico del Sole con le caratteristiche linee di Fraunhofer, mentre in basso lo spettro di emissione dell’Idrogeno.


Forse le linee di Fraunhofer erano causate dall’interazione tra la luce e la materia posta tra la Terra e il Sole? I componenti della materia vibrando con una certa frequenza sono forse in grado di emettere radiazione con la stessa frequenza? Più tardi in quello stesso secolo si scoprì che una carica elettrica in moto accelerato emette radiazione e di conseguenza poteva essere verosimile che questa radiazione fosse prodotta dalla vibrazione. Rimaneva però un problema. Perché ciascun elemento ha la sua frequenza? Perché non tutte le frequenze sono possibili?
Cosa stava succedendo?
Il corpo nero: il crollo si avvicina
Facciamo ora un salto a fine Ottocento. Rispetto a Fraunhofer, abbiamo uno strumento in più per studiare la luce e la sua interazione con la materia: le equazioni di Maxwell.
Abbiamo visto che lo spettro elettromagnetico emesso da una sorgente luminosa può essere estremamente complicato e variegato a seconda della sorgente che stiamo considerando: il Sole ha uno spettro composto da tutti i colori nel quale compaiono, però, delle misteriose linee scure, mentre, al contrario, lo spettro emesso da un singolo elemento presenta solamente poche linee luminose.
Conviene, dunque, studiare un sistema meno complesso, più facile da interpretare e soprattutto riproducibile in laboratorio.7 Questo sistema prende il nome di corpo nero.
Il corpo nero è un sistema ideale che riemette tutta la radiazione che assorbe. In particolare, un corpo nero emette radiazione termica, ovvero un miscuglio di radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda differenti.
Per farla semplice, una rozza approssimazione di corpo nero sono per esempio le braci di carbone incandescente che rimangono nel barbecue al termine di una grigliata o la lava. Alternativamente, un’approssimazione migliore è data dal Sole (se escludiamo le linee nere scoperte da Fraunhofer e il fatto che non sia un corpo isolato), vedi Figura 4.8
Sebbene si trattasse di un sistema ideale, un corpo nero era creabile in laboratorio. La procedura standard è quella di prendere un contenitore (suggerisco come materiale qualcosa che possa resistere a temperature di migliaia di gradi), scaldarlo (per esempio in un forno o qualcosa di simile ma più potente) e una volta raggiunta la temperatura desiderata, mantenerlo a temperatura costante.
A causa del calore, le molecole del contenitore cominceranno a vibrare. Vibrando (e di conseguenza accelerando), le molecole emetteranno radiazione, la quale comincerà a rimbalzare sulle pareti del contenitore mantenendosi dunque isolata dall’ambiente esterno.
Sperimentalmente, già nell’Ottocento era possibile studiare come fosse fatta la radiazione prodotta in questo modo: in particolare, era possibile studiarne l’intensità. Quello che si trovò era qualcosa di simile a ciò che è riportato a sinistra in Figura 4. Una figura del genere prende il nome di spettro di corpo nero. Questo spettro ha una forma caratteristica a “campana asimmetrica” con un picco in corrispondenza di una determinata lunghezza d’onda (o frequenza).


Studiando sperimentalmente corpi neri a varie temperature fu possibile dedurre una serie di leggi sperimentali che legavano l’intensità della radiazione alla temperatura del corpo.
Un primo risultato fu osservato da Stefan nel 1879 e successivamente spiegato da Boltzmann. Questo risultato afferma che l’intensità della radiazione emessa dal corpo nero cresce al crescere della temperatura del corpo stesso. In particolare, la legge di Stefan-Boltzmann afferma che
I=\sigma T^4
dove I è l’intensità, T la temperatura è σ una costante con un valore noto. Se ci pensate questo risultato ha perfettamente senso: abbiamo detto che le braci ardenti sono una “buona” approssimazione di corpo nero ed effettivamente l’intensità della luce emessa da tali braci è maggiore se la loro temperatura è più elevata, vedi Figura 4.
Nel 1893 si aggiunse un ulteriore tassello grazie al fisico tedesco Wilhelm Wien. Egli, infatti, osservando spettri di corpi neri a varie temperature, scoprì che la lunghezza d’onda in corrispondenza del picco era inversamente proporzionale alla temperatura, ovvero
\lambda_{\rm{max}} = \frac{b}{T}dove, ancora, b è una costante nota. La conseguenza più immediata della legge di Wien è che se, per esempio, osserviamo un corpo nero la cui emissione di radiazione avviene a lunghezze d’onda nella regione del blu, questo sarà necessariamente più caldo di un corpo che emette prevalentemente radiazione rossa. Ciò è proprio dovuto al fatto che il blu ha una lunghezza d’onda inferiore rispetto al rosso e di conseguenza la legge di Wien prevede una temperatura maggiore per un corpo nero che emette radiazione blu (vedi Figura 4 per lo spostamento del picco all’aumentare della temperatura e Figura 2 per le lunghezze d’onda del rosso e del blu).9
La catastrofe ultravioletta
Armati delle equazioni di Maxwell, tuttavia, i fisici di fine Ottocento potevano fare ben di più. Ora era finalmente nota la natura della radiazione elettromagnetica e questa nuova conoscenza poteva essere usata per descrivere il corpo nero.
L’obiettivo era uno soltanto: trovare una descrizione teorica del corpo nero che fosse in grado di riprodurre lo spettro in Figura 4.
Nel suo lavoro che lo portò a formulare la legge che porta il suo nome, Wien trovò un’approssimazione dello spettro del corpo nero che sembrava funzionare in maniera eccellente nel descrivere il comportamento della radiazione a corte lunghezze d’onda.
Pochi anni dopo, nei primi mesi del 1900, Lord John William Strutt, terzo Barone di Rayleigh, propose quella che oggi è nota come legge di Rayleigh-Jeans10, la quale forniva una buona descrizione dei dati sperimentali per grandi lunghezze d’onda.
La situazione era, dunque, questa: Wien era in grado di descrivere bene il comportamento a corte lunghezze d’onda, mentre, al contrario, Rayleigh e Jeans potevano spiegare il comportamento a grandi lunghezze d’onda.

C’era, però, un problema: mettendo assieme queste due predizioni teoriche non si riusciva comunque a riprodurre il risultato sperimentale. Un confronto tra i risultati sperimentali e le predizioni teoriche è mostrato in Figura 5.
Ma non solo. Il risultato di Rayleigh e Jeans prevedeva che il corpo nero emettesse una quantità infinita di energia a corte lunghezze d’onda: ecco a voi la catastrofe ultravioletta.
Follia completa! Basti pensare alle braci ardenti lasciate a raffreddare nel camino. Queste hanno, tipicamente, un colore tendente al rosso, mentre la legge di Rayleigh-Jeans prevedeva che l’emissione fosse bluastra-violacea. Un discorso analogo vale per il Sole: esso è una stella gialla, non blu.
Cosa stava succedendo?
La fine di tutto, l’inizio di tutto
Eravamo finalmente convinti, grazie alle equazioni di Maxwell, di poter spiegare l’interazione tra luce e materia. Eppure, non appena ci siamo addentrati in questa avventura, il fallimento si è subito presentato davanti ai nostri occhi. Qualcosa non stava funzionando, qualcosa di terribile e di sconosciuto ci stava impedendo di comprendere il mondo.
La scienza, il metodo, che partendo da Galilei, ci aveva condotto a Maxwell, si era incrinato. Nonostante gli sterminati successi degli ultimi duecento anni, improvvisamente tutto aveva smesso di funzionare.
Tutto stava crollando e non avevamo idea del perché.
Siamo ai primi mesi del 1900.
Rayleigh ha appena pubblicato il risultato che ha portato la fisica alla catastrofe ultravioletta.
Da lì a pochi mesi, un fisico tedesco, comincerà a porre le basi per la ricostruzione. Questa ricostruzione porterà ad una rivoluzione che aprirà le porte verso un nuovo – coraggioso – mondo.
E da quel mondo non torneremo mai più indietro.
- La velocità della luce rimane costante in un dato mezzo di propagazione, ma essa può cambiare da un mezzo all’altro. Per esempio, nel vuoto o nell’acqua la luce viaggia con velocità diverse, ma all’interno del medesimo mezzo la velocità sarà sempre la stessa. ↩︎
- Avete presente la copertina dell’album “The dark side of the moon” dei Pink Floyd? Ecco, quella copertina rappresenta un prisma, che attraversato dalla luce, ne separa le singole componenti. Un fenomeno analogo porta alla formazione degli arcobaleni. ↩︎
- Il prisma è in grado di separare le varie componenti della luce perché all’interno del materiale di cui il prisma è fatto onde con frequenze diverse viaggiano a velocità diverse e subiscono deviazioni con angoli diversi che le portano quindi a separarsi. Questo fenomeno è anche chiamato dispersione cromatica e la sua origine sta nel fenomeno della rifrazione di cui abbiamo brevemente accennato nel capitolo precedente. Per quanto Newton fosse un sostenitore della teoria corpuscolare della luce, la rifrazione era tuttavia compatibile sia con una teoria corpuscolare che con una teoria ondulatoria. ↩︎
- Queste linee, note come linee di Fraunhofer, furono, in realtà, osservate per la prima volta dall’inglese William Hyde Wollaston; tuttavia, Fraunhofer fu il primo a classificarle in modo sistematico. ↩︎
- Il primo ad accorgersene fu Thomas Melvill, nel 1756. Egli inventò la tecnica oggi nota come saggio alla fiamma, attraverso la quale è possibile identificare la presenza di particolari elementi all’interno dei composti, scaldandoli ed osservando il colore della luce emessa. ↩︎
- Una volta che fu chiara l’origine di queste linee, esse furono chiamate linee di emissione. Al contrario, le linee di Fraunhofer sono prodotte dal processo inverso e per questo chiamate linee di assorbimento. ↩︎
- Quando sto scrivendo questo articolo ancora non è stato scoperto un modo per creare una stella in laboratorio. ↩︎
- Curiosamente il corpo nero migliore di cui siamo a conoscenza è “l’universo stesso”. Su Barscienza trovate una serie di articoli a riguardo. Per esempio qui oppure qui. Per trovare gli altri vi basta digitare “cmb” nella barra di ricerca del sito. ↩︎
- Questo è anche il motivo per cui stelle di colore blu sono più calde di stelle rosse. ↩︎
- Il fisico inglese James Hopwood Jeans diede successivamente un contributo fondamentale per ottenere l’espressione corretta della legge. Curiosamente, anche Einstein derivò la medesima formula pochi mesi prima di Jeans. Dunque, sarebbe più corretto chiamarla legge di Rayleigh-Jeans-Einstein, ma, forse, fin troppe formule portano il nome del fisico tedesco. ↩︎
Davide Laudicina
Dopo un dottorato a Milano in Fisica Teorica ho deciso di trasferirmi in Germania perché evidentemente la ricerca non mi aveva fatto abbastanza male. Orgogliosamente Nerd, nel tempo libero ho sviluppato una dipendenza da serie TV, fumetti e libri e una malsana attitudine nel perdermi durante escursioni in montagna e giri in bici.
Fonti
- Lederman, Leon M., and Hill, Christopher T. Fisica quantistica per poeti. Italia, Bollati Boringhieri, 2013.
- Melvill, Thomas (1756). Observations on light and colours. Essays and Observations, Physical and Literary.
- Pais, Abraham (1979). Einstein and the quantum theory. Rev.Mod.Phys. 51 (1979), 863-914. DOI: 10.1103/RevModPhys.51.863
- K. N. Liou, An Introduction to Atmospheric Radiation Volume 84 di International Geophysics, Editore Elsevier, 2002.
- Gasiorowicz Stephen, Quantum Physics, 3Rd Ed, Wiley India Pvt. Limited, 2007
Approfondimenti
- Gell-Mann, Murray. Il quark e il giaguaro: Avventura nel semplice e nel complesso. Italia, Bollati Boringhieri, 2017.
- Lederman, Leon M., and Hill, Christopher T. Fisica quantistica per poeti. Italia, Bollati Boringhieri, 2013.

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