Riprendendo il discorso da dove lo avevamo interrotto e tornando a citare l’elenco dei premi Nobel in fisica riconosciuti ai ricercatori che hanno dedicato i loro studi al fondo cosmico a microonde, nel 2006 troviamo i nomi di J. Mather e G. Smoot.
Questi due scienziati sono stati i responsabili dei due principali esperimenti del satellite COBE (Cosmic Background Explorer), lanciato nel 1989 dalla NASA, il capostipite degli osservatori satellitari dedicati al CMB.
In questo secondo contributo mi concentrerò sul lavoro diretto da J.Mather per la realizzazione dell’esperimento FIRAS (Far Infrared Absolute Spectrometer).
Una delle principali predizioni dei modelli cosmologici afferma che l’universo è un corpo nero, cioè si comporta come un oggetto che assorbe e riemette tutta la radiazione.
Il corpo nero è caratterizzato da uno spettro di emissione che coincide con l’intero spettro elettromagnetico ed è definito da un solo parametro, la sua temperatura.
La temperatura dell’universo è di 2.7 K, dalla legge di Wien (λT= 2.9 ·10-3 m·K) è, quindi, facile ricavare che il picco di emissione del corpo nero universale è a circa 1 mm di lunghezza d’onda, nella regione dello spettro elettromagnetico delle microonde, in cui appunto si concentra gran parte dell’emissione di questo fenomeno.
Purtroppo, la presenza di diverse molecole in atmosfera, in particolare il vapor acqueo, scherma la radiazione proveniente dal cielo a queste lunghezze d’onda, e fino al lancio di FIRAS, l’osservazione dello spettro della CMB si era limitata alle radio onde di frequenza maggiore, corrispondenti alla regione di Rayleigh-Jeans dello spettro di corpo nero.
Queste osservazioni, pur essendo compatibili con l’emissione di un corpo nero a 3K di temperatura (ecco perché capita di sentire nominare la CMB come “3K”) non avevano per questo ancora provato definitivamente la natura di corpo nero del cosmo.
Mather contribuì alla progettazione e alla realizzazione di FIRAS, uno spettrometro in grado di misurare l’emissione di una sorgente celeste postavi davanti, nella banda di lunghezze d’onda fra 10 mm e 0.1 mm con una precisione definibile come imbarazzante.
L’idea geniale fu quella di trasformare la misura da assoluta (cioè in grado di fornire direttamente un’informazione dal cielo) in relativa.
Grazie infatti ad un complicato cammino ottico fra diversi dispositivi, il segnale del cielo veniva combinato con quello proveniente da una sorgente interna artificiale la cui temperatura poteva essere variata con grande sensibilità e accuratezza.
Il segnale da questa sorgente veniva sommato a quello celeste con un segno opposto, producendo quella che in fisica sperimentale viene chiamata “misura di zero”. In pratica, una volta puntato lo strumento verso il cielo, la temperatura della sorgente interna veniva variata fino a produrre un segnale nullo sul rivelatore.
A quel punto la temperatura del cielo corrispondeva a quella della sorgente interna. L’ultimo tocco di genio di Mather nello messa a punto dello strumento fu di equipaggiarlo con un rivelatore estremamente sensibile, così sensibile che ancora oggi a distanza di oltre 30 anni viene utilizzato: il bolometro.
Si tratta di un rivelatore di radiazione termico le cui proprietà elettriche variano a seconda della quantità di luce che lo investe. Misurando la variazione delle sue proprietà (e la corrente in uscita quando alimentato da una tensione costante) si determina l’energia della radiazione che lo investe.
La combinazione di una misura relativa dalla grande accuratezza, grazie alla variazione di temperatura della sorgente interna, e l’uso di un rivelatore estremamente sensibile (per cui una misura di 0 lo è realmente all’interno di una barra d’errore molto piccola) ha prodotto una sensazionale misura dello spettro di corpo nero dell’universo.
Non esiste in natura un esempio migliore di corpo nero. Le deviazioni dallo spettro di corpo nero sono dell’ordine di 1 parte su 100000 (nel grafico riportato le barre d’errore sono sovrapposte alla linea che meglio approssima i dati ma sono così piccole da risultare illeggibili).
L’altro strumento a bordo di COBE era DMR (Differential Meterwave Radiometer) dedicato allo studio delle anisotropie del fondo cosmico e di cui tratterò nel dettaglio nel prossimo articolo.
Vorrei però sottolineare che mentre, dopo DMR, si è verificato un proliferare di esperimenti dedicati alle anisotropie, quelli dedicati allo spettro si contano sulle dita di una mano, data l’estrema bontà del lavoro svolto da FIRAS che ha sostanzialmente esaurito la questione.
Per la “prossima puntata” potete leggere direttamente qui!
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Sebastiano Spinelli
Bibliografia:
- Martin Harwitt, Astrophysical Concepts, Springer 2006;
- Bruce Partridge, 3K – The cosmic microwave background radiation, Cambridge University Press 1995;
- Legacy Archive for Microwave Background Data Analysis (LAMBDA, https://lambda.gsfc.nasa.gov/)
- Wikipedia,pagina sulla radiazione cosmica di fondo;
- https://ned.ipac.caltech.edu/level5/Sept05/Gawiser2/Gawiser1.html;
- J. Mather, “Bolometers: ultimate sensitivity, optimization, and amplifier coupling”, Applied Optics, 23, 584-558, 1984.