Ovvero la storia di uno magico sterco di uccelli
Anche se viviamo in un’era assuefatta al digitale, a molti sarà capitato di vedere la schermata della TV piena di puntini bianchi e neri quando si perde la sintonia di un canale. Ebbene, gran parte di quel segnale è rumore del dispositivo di ricezione, ma non tutto.
Una parte, infatti, ha viaggiato nel tempo per oltre 13 miliardi di anni per venire a disturbarvi. Si tratta dei fotoni della radiazione di fondo del Big Bang, uno degli strumenti più importanti della cosmologia moderna e fonte inarrestabile di assegnazione di premi Nobel, non ultimo il più recente di Jim Peebles, che ha speso la vita accademica sulla sua interpretazione teorica.
Il primo capitolo di questa assurda storia ha come protagonisti (ma ne siamo sicuri?) due ingegneri della Bell che, lavorando con delle antenne (a radiofrequenza), continuavano a registrare nei loro strumenti un rumore isotropo nello spazio (cioè proveniente da ogni direzione) di cui non riuscivano ad identificare l’origine.
Una delle possibili ipotesi per spiegare questo fenomeno, che venne in seguito scartata, fu la presenza di guano di piccioni sulle antenne.
I due tecnici, al secolo Penzias e Wilson, anziché arrendersi come molti loro colleghi che risolvevano il problema aggiungendo al ricevitore un condensatore per filtrare il segnale, decisero di andare fino in fondo e portarono la loro scoperta al gruppo di fisica di Princeton.
Qui, Peebles, Dicke e gli altri colleghi lo riconobbero come la radiazione di fondo del Big Bang, mandando i nostri “eroi” dritti a Stoccolma a inaugurare la serie di Nobel legati a questo particolare fenomeno del cosmo.
La spiegazione teorica, derivante dalla teoria del Big Bang caldo, è che in seguito all’ “evento iniziale”, l’universo ha continuato a espandersi e conseguentemente a raffreddarsi. A causa di questo fatto, circa 300000 anni dopo, la temperatura del cosmo è scesa sotto a circa i 1000 K.
A queste temperature, l’energia degli elettroni liberi che componevano il “brodo primordiale” (tecnicamente un plasma, un assieme di particelle elementari come protoni e elettroni che, a causa della loro elevata energia dovuta alla loro temperatura, si presentavano nello stato libero) diventa inferiore a quella dell’attrazione elettrostatica tra protone ed elettrone che legandosi, formano gli atomi di idrogeno.
In ognuno di questi processi avviene anche l’emissione di un fotone. L’insieme di questi fotoni rappresenta la radiazione di fondo del Big Bang: il primo segnale elettromagnetico emesso dal nostro universo.
Una volta rivelato, esso rappresenta una prima foto che ci dice come era quest’ultimo in un momento di estrema gioventù ed è da allora diventato uno dei pilastri della cosmologia.
La teoria ci dice anche che la radiazione di fondo del Big Bang deve seguire quasi alla perfezione la legge di corpo nero, e che è quasi isotropo (quindi si presenta quasi uguale in ogni direzione), con variazioni di intensità dell’ordine di 10 parti su un milione come nell’iconica mappa di WMAP, ma queste sono storie legate ad altri premi Nobel.
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Sebastiano Spinelli
Bibliografia:
- Martin Harwitt, Astrophysical Concepts, Springer 2006;
- Bruce Partridge, 3K – The cosmic microwave background radiation, Cambridge University Press 1995;
- – Legacy Archive for Microwave Background Data Analysis (LAMBDA, https://lambda.gsfc.nasa.gov/);
- Wikipedia,pagina sulla radiazione cosmica di fondo.