Come ben sappiamo, le radiazioni ionizzanti sono in grado di danneggiare il DNA, in particolare i raggi gamma sono tra quelle capaci di causare il maggior numero di danni al codice genetico: nella quasi totalità dei casi, un’esposizione prolungata è sufficiente a compromettere definitivamente le funzionalità vitali di un essere vivente.
“E allora dovremo iniziare a preoccuparci ttt, xk con l’arrivo dl 5G anke noi umani saremo esposti a kueste radiazioni!1!”
NO. Il 5G non rientra nella lista delle “radiazioni ionizzanti”, come ci ricorda Loreto in questo articolo, per cui dormite pure sereni.
Eppure, esistono organismi con una spiccata resistenza ai danni causati dalle radiazioni ionizzanti.
Il caso più famoso (e studiato) è quello del batterio Deinococcus radiodurans.
Nel 1956, un gruppo di ricercatori isolarono questa specie da una scatoletta di carne macinata esposta a delle radiazioni pari a 4000 Gy, un’esposizione 250 volte più alta di quella usata per uccidere il batterio E. Coli!
Il suo valore D10, che rappresenta la dose necessaria ad eliminare il 90% della popolazione in un terreno di coltura, è di circa 10000 Gray: un valore altissimo considerando che il D10 per la maggior parte dei batteri è ben al di sotto del migliaio!
Un tale livello di radiazioni è, però, così alto che non si osserva nella nostra biosfera.
Ragionando in ottica evolutiva, quindi, i ricercatori hanno iniziato a domandarsi il perché un batterio abbia sviluppato una resistenza ad un livello di radiazioni che non è neanche presente sulla Terra, o almeno, nella biosfera.
In virtù di ciò, sul web sono iniziate addirittura a circolare delle teorie ipotizzanti un batterio extraterrestre casualmente giunto sul nostro pianeta.
Alcuni scienziati hanno addirittura tentato di dimostrare che Deinococcus radiodurans provenga da Marte!.
È davvero così?
Mi dispiace deludervi ma… No.
In realtà la morfologia e i processi vitali di D. radiodurans sono gli stessi dei batteri terrestri, e anche la sua storia evolutiva è stata ricostruita da analisi filogenetiche che ne hanno confermato la sua origine terrestre.
Per cui, no, purtroppo non siamo di fronte ad un marziano… Anzi, a voler esser cattivi, possiamo dire che D. radiodurans abbia tutti i vizi di un comunissimo batterio terrestre: infatti non è raro trovarlo in feci, polveri casalinghe, fognature e sul terreno.
Però oh: almeno lui ha la super-radioresistenza.
Ma… Come ha fatto a sviluppare questa sua peculiarità? Beh, non vi resta che attendere il prossimo articolo di Bar Scienza a tal riguardo!
Stay tuned!
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Luca Leomazzi
23 anni, studente magistrale in bioinformatics all’università di Bologna. Amo il fitness, la Lazio e i gatti. Nel tempo libero cerco artisti sconosciuti su Spotify.
Fonti:
- Cox, M., Battista, J. Deinococcus radiodurans — the consummate survivor. Nat Rev Microbiol 3, 882–892 (2005);
- Anderson, A. W., Nordon, H. C., Cain, R. F., Parrish, G. & Duggan, D. Studies on a radio-resistant micrococcus. I. Isolation, morphology, cultural characteristics, and resistance to γ radiation. Food Technol. 10, 575–578 (1956);
- Pavlov AK, Kalinin VL, Konstantinov AN, Shelegedin VN, Pavlov AA, Was Earth ever infected by martian biota? Clues from radioresistant bacteria;
- Baltimore, 1986).4. Rainey, F. A., Nobre, M. F., Schumann, P., Stackebrandt, E. & da Costa, M. S. Phylogenetic diversity of the deinococci as determined by 16S ribosomal DNA sequence comparison. Int. J. Syst. Bacteriol. 47, 510–514 (1997).