“They’re the same picture”

Una delle problematiche più sentite che affligge gli studenti di tutta Italia è l’acquisizione e la padronanza di un efficace metodo di studio. Strumento tanto propugnato dagli insegnanti quanto criptico per gli studenti. Sono stato ovviamente anche io uno studente e, dopo circa 13 anni di studio, tentativi, considerazioni approfondite, calcoli ponderati, congetture arzigogolate, posso finalmente dirlo: che cappero è un metodo di studio?! In realtà, arrivato ormai alla fine del mio percorso di studi canonico ed universitario, in qualche modo avrò pure studiato… sì, ma come diavolo avrò fatto?

Una cosa che mi ha sempre aiutato sono le associazioni. Esse possono essere legami allucinati che creo tra quello che sto studiando e il mio personale mondo mentale in cui la fanno da padrone Babymetal, Caparezza, Guccini, Star Wars, Breaking Bad, Studio Ghibli ecc… Il mio lato nerd. Altre volte esce la parte più romantica e filosofica della mia persona che dipinge allegorie nella mente. È questa la componente su cui porró l’accento in questo articolo, grazie all’aiuto di alcuni esempi. Quindi mettetevi comodi,  copertina, tisanina, scatola di fazzoletti e si parte. 

Persona Dietro I Libri
Rappresentazione concreta della nota espressione “sono sommerso dallo studio”. Quando non si riesce a trovare il giusto metodo di studio o la materia si fa piatta, nozionistica, arida allora la voglia di studiare rischia di fare una brutta fine… Rischia di essere come la testa della persona nella foto: assente [Credits: Pexels].

Per potervi esporre gli esempi sopra promessi ho scelto una delle classi di oggetti del mondo biologico che più amo: le proteine. Sono delle molecole di cui mi sono follemente innamorato durante i miei studi universitari e che fanno proprio al caso nostro per questo viaggio in una mente strampalata. Ma bando alle ciance, iniziamo questa breve rassegna di parallelismi/associazioni tra il mondo micro e quello macro. Pronti? Via! 

I microtubuli sono proteine del citoscheletro, ovvero il complesso sistema proteico che conferisce forma, solidità e mobilità alla morfologia cellulare. Il citoscheletro è infatti un insieme di proteine la cui funzione non è solo quella di mantenere nel tempo la forma cellulare (come quella ad albero dei neuroni) ma anche di modificarla, plasmarla a seconda della situazione in cui alcune cellule si vengono a trovare (pensate a delle cellule muscolari che si devono contrarre). In particolare, i microtubuli sono complessi multiproteici a forma di tubicino. Sono formati dalla ripetizione ordinata di un’unità dimerica, costituita cioè da due subunità proteiche. In questo caso ciascuna unità è formata dall’unione di due proteine distinte, molto simili tra loro: la tubulina α e quella β. Queste due “palline” si uniscono quindi a formare un dimero che si va ad assemblare secondo una modalità “testa-coda” in corrispondenza di un centro di nucleazione o dell’estremità in accrescimento di un microtubulo già formato. Quando un dimero giunge sul luogo si posiziona sul bordo del tubicino, guarda giù nello spazio vuoto centrale, ha paura di cadere ma voglia di volare. Rimane quindi saldo lì ed aspetta i suoi compagni. Difficoltà a ricordarlo? Immaginate una cannuccia formata dall’unione in senso circolare di alcune collane di perle. Ricordate però che ogni perla in realtà sono due piccole attaccate insieme. 1° associazione andata, daje. Queste strutture sono di fondamentale importanza per la complessità e la funzione della cellula eucariotica, intervenendo in processi fondamentali come la corretta funzione neurologica, la riproduzione (si trovano nella coda degli spermatozoi permettendone il movimento) e la divisione cellulare, aspetto sul quale mi soffermo brevemente.

Durante l’affascinante processo della divisione cellulare deve avvenire l’equa divisione tra due cellule figlie del materiale genetico duplicato. Si parte dai nostri cari 46 cromosomi (23 coppie). La cellula li duplica, arrivando così a 92 cromosomi. Questi 92 cromosomi andranno poi divisi nelle due cellule che si origineranno dalla divisione. Questo processo è reso possibile proprio dai microtubuli che come una canna da pesca agganciano i cromosomi e li tirano a sé in ciascuna delle due cellule, come un rimorchio lungo i binari di una ferrovia. La cosa interessante è che, come si può vedere in alcuni video su youtube che indicherò tra le fonti, la segregazione dei cromosomi (ovvero la ripartizione nelle 2 cellule) e la divisione non possono andare avanti se qualcuno dei cromosomi non è stato “pescato” dal microtubulo, rimanendo così a vagare da solo nella cellula in divisione. Nei video indicati si vede proprio come la cellula è ancora una, fin tanto che l’ultima macchiolina rossa (il cromosoma) non si aggiunge agli altri: la macchia rossa tra le due verdi (i microtubuli). Solo e soltanto allora la cellula si dividerà. Ma quando è che parte la lacrimuccia? Eccovi accontentati: (nella mia immaginazione) i microtubuli che contattano fisicamente e guidano i cromosomi per la loro corretta segregazione, aspettando pazientemente quelli rimasti indietro, riecheggiano una coppia di genitori che prendono per mano il proprio figlio, aspettandolo se necessario, per guidarlo lungo l’irto ed insidioso sentiero della vita. 

Nella prima figura da sinistra si può ammirare la rappresentazione visiva della struttura di un microtubulo, in ottemperanza alla teoria secondo la quale per “dipingere una parte grande, ci vuole il pennello grande” (la struttura blu è infatti il microtubulo di un batterio, mentre quella grigia quello di una cellula eucariote). Ciascuna pallina presente nell’immagine è una tubulina. In particolare, è possibile notare l’interazione testa-coda: ciascuna tubulina β (palline nere e azzurre) interagisce verticalmente con due tubuline α, quella del proprio dimero e quella del precedente (palline bianche e blu) [Credits : Wikimedia]. La figura centrale è la foto in fluorescenza di una cellula in divisione, simile ai frame dei video prima citati. In blu sono riconoscibili i cromosomi ed in verde i microtubuli, i quali formano la struttura che guida la segregazione dei cromosomi, il fuso mitotico [Credits : Wikimedia]. L’ultima immagine a destra è cosa immagina la mia testa quando si parla di microtubuli e cromosomi [Credits : Pixabay].

Ma andiamo avanti con un secondo esempio. Le vitamine sono molecole di fondamentale importanza per il nostro organismo. Si tratta di composti organici che dobbiamo assumere con la dieta, in quanto il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli o ne sintetizza una quantità limitata. Molte di queste piccole molecole svolgono un ruolo ben preciso: aiutano le proteine, in particolare gli enzimi, a svolgere la loro funzione. Intervengono quindi in alcune reazioni enzimatiche e le rendono possibili. Si possono in qualche modo vedere come dei catalizzatori biologici grazie ai quali le reazioni avvengono velocemente ed accuratamente. Ma non si occupano solo di catalizzare reazioni: la molecola chiamata retinale ci permette di vedere, ad esempio. Si tratta di una forma della Vitamina A incastonata all’interno di una proteina. La luce rende possibile un cambiamento conformazionale del retinale che quindi stimola la proteina che lo ospita, la rodopsina, ad avviare una serie di reazioni molecolari che culminano nell’invio di un segnale elettrico al cervello. Per fare un paragone (eh niente, non riesco proprio a stare 5 minuti, anzi 5 righe, senza fare un esempio), le vitamine sono come gli strumenti da lavoro degli enzimi, come la pala per il pizzaiolo o il pennello per il pittore. Ma volendo utilizzare una metafora più sdolcinata, sempre nella mia testa, una proteina che accoglie nella sua struttura una vitamina posizionandola nella giusta posizione durante la reazione catalitica rimanda all’immagine di un appassionato e premuroso allenatore che accompagna il gesto di un suo atleta per portare a termine l’esercizio nel miglior modo possibile. 

Nella prima figura a sinistra osserviamo una delle molte forme che può assumere la Vitamina A: il retinale. Che ci crediate o meno è grazie a questo ammasso di atomi che riusciamo a vedere [Credits: Pixabay]. Al centro possiamo ammirare la rodopsina, proteina all’interno della cui struttura si accomoda il retinale (l’oggetto rosso al centro dell’immagine). Non vi preoccupate eh, il retinale ci sta comodissimo come io quando mi accascio senza dignità sul divano a fine giornata, ma ogni tanto la molecola si deve stiracchiare, ed è lì che scatta la scintilla grazie alla quale riusciamo a vedere [Credits: Wikimedia]. Nell’ultima immagine a destra potete osservare quello che visualizza la mia mente quando si parla di vitamine, enzimi e reazioni da portare a termine [Credits: Pexels].

Giungiamo ormai al terzo e ultimo esempio. Abbiamo parlato di proteine (enzimi) e acidi nucleici (il DNA), ci mancano giusto le macromolecole energetiche. Mentre gli zuccheri come il glucosio possono essere trasportati liberamente nel sangue, i grassi come i trigliceridi no. Questi ultimi sono delle molecole sintetizzate dal nostro organismo grazie alle quali vengono trasportati nel sangue gli acidi grassi animali (come il lardo o lo strutto) e vegetali (olio di oliva ad esempio) assunti con la dieta. I grassi, o lipidi, sono composti per definizione immiscibili con l’acqua (pensate al classico esperimento in cui si provano a mischiare olio ed acqua). Se il grasso assunto con la dieta venisse trasportato tal quale nel sangue, farebbe cose brutte… I lipidi tenderebbero ad aggregare trasformando le nostre arterie e vene in un esperimento da elementari bello da vedere ma non molto salutare. Basti pensare che elevati livelli lipidici nel sangue sono correlati all’insorgenza di patologie cardiovascolari. Fatta la legge, trovato l’inganno (direbbe James Morgan “Jimmy” McGill, in arte Saul Goodman). Per ovviare a questo inghippo il nostro organismo si è evoluto alla grande, spendendo egregiamente i propri gettoni evoluzione. Riusciamo infatti a trasportare i grassi nel sangue in sicurezza grazie a un abile e scaltro trucchettino. Serve qualcosa che è abituato a contenere molecole e a vivere nell’acqua. Ma certo, le cellule! Loro ci sguazzano nell’acqua e sembrano gareggiare a chi c’ha più molecole. Ma lasciate che mi spieghi meglio. L’assorbimento dei grassi, come di ogni altro nutriente, avviene nell’intestino. Gli enterociti, ovvero le cellule che tappezzano le pareti intestinali, sono una ditta di spedizione delle sostanze nutritive eccezionale. Per quanto riguarda i grassi, queste cellule impacchettano i trigliceridi in particelle chiamate chilomicroni. Qual è la particolarità di queste particelle? Il loro involucro è praticamente lo stesso di quello delle cellule, ovvero un doppio strato fosfolipidico nel quale si incastonano specifiche proteine chiamate Apolipoproteine. Il doppio strato è invece costituito da fosfolipidi, una particolare categoria di lipidi che contengono nella loro struttura un gruppo fosfato carico negativamente, grazie al quale riescono ad interagire parzialmente con l’acqua. La particella è quindi una sorta di Pocket Coffee lipidico, morbido dentro e croccante fuori. Ovviamente anche in questo ultimo esempio c’è una mia visione romantica, quindi prendete i fazzoletti per un’ultima volta. Nella mia mente, le varie apolipoproteine e i fosfolipidi che racchiudono nel loro abbraccio protettivo i vari lipidi trasportandoli premurosamente nel sangue evitando ogni possibile reazione avversa evocano la figura di un abbraccio protettivo da parte di una famiglia nei confronti dei suoi componenti per difenderli dalle insidie e dai pericoli del mondo.

A sinistra è rappresentata l’affascinante struttura di un chilomicrone, l’auto blu dei trigliceridi [Credits: Wikimedia].
A destra quello che la mia mente immagina quando si parla di chilomicroni: un’amorevole famiglia [Credits: Pexels].

Siamo giunti alla fine di questo breve viaggio allucinante nella mente di uno studente fantasioso e appassionato. Per ognuno dei 3 esempi che ho scelto di condividere con voi, ho cercato di individuare delle immagini davanti alle quali reagirei come Pam Beesly, ovvero dicendo “Sono la stessa foto”. Mi auguro sia lo stesso per voi. Alcuni degli argomenti che ho affrontato o accennato meriterebbero un degno approfondimento, tanto per la loro complessità quanto per la loro importanza, ma non voglio tediarvi più di quanto abbia già fatto… Spero di essere riuscito a far trasparire, ma soprattutto a trasmettere, l’euforia e la passione che hanno guidato il mio percorso universitario, che tuttora contraddistinguono la mia visione giocosa e dinamica dell’apprendimento. Ai nostri ignari occhi si cela un mondo microscopico pregno di figure allegoriche generate dalle situazioni più disparate che rendono possibile il fenomeno della vita. Il meraviglioso viaggio della scoperta, lo studio, può essere piuttosto interessante ed emozionante. Buon viaggio lettori. Alla prossima tappa!


Gioele Gaboardi

Fonti: