[Fonte immagine: Pixabay]
Come ormai avete capito, qui a Bar Scienza ci piacciono i colori a tal punto da aver dedicato numerosi articoli sul tema. Oggi vi parlo di un modo antico di fare chimica, che però risulta utile ancora oggi. No, non sono coinvolti maghi, incantesimi e draghi!
Prima dell’avvento di strumenti analitici da laboratorio complessi, precisi e decisamente costosi, i chimici si sono ingegnati con numerosi metodi per capire quale sostanza stessero osservando. Questi metodi consistono in reazioni chimiche dove avviene un cambiamento macroscopico inequivocabile: il cambiamento di colore e/o la formazione di un precipitato. In una scorsa puntata vi ho parlato del saggio di Marsh, la prima metodologia per investigare su un caso sospetto di avvelenamento da arsenico.
Oggi vi parlo di cose più allegre: il traffico di stupefacenti! Allegro, eh?! Immaginate di essere dei controllori in un aeroporto e avete fermato una persona sospetta. Guardate nel suo bagaglio e trovate una busta con della polvere bianca abbastanza ambigua. Di cosa avete bisogno? Avete bisogno di uno strumento da laboratorio preciso, ingombrante, che necessita di un tecnico e di un buon intervallo di tempo per essere adoperato? Non credo. Avete bisogno di un test rapido e accurato per capire se quella polvere bianca è della droga oppure no. Non avete tutto il giorno e ci sono migliaia di persone in aeroporto.
Ed ecco qui che la chimica antica si prende la sua rivincita.
Il saggio di Marquis consiste nel versare qualche goccia dell’omonimo reagente sul sospetto stupefacente. Il reagente è composto da formaldeide e acido solforico. Può essere presente anche il metanolo, che serve a rallentare la reazione e ad osservare il cambiamento di colore. Infatti se si verifica una variazione cromatica, la sostanza che state esaminando contiene probabilmente composti illeciti. Dico “probabilmente” perché esistono dei composti legali che danno dei falsi positivi, di cui vi parlerò tra poco.
Innanzitutto il reagente di Marquis. Acido solforico, formaldeide e metanolo sono composti molto comuni e decisamente economici. L’acido solforico è il composto inorganico più importante dal punto di vista commerciale ed ha un volume di produzione mastodontico. Ha un’infinità di utilizzi in ambito industriale. Solo per citarne un paio, l’acido solforico trova impiego per la produzione di fertilizzanti e di esplosivi. Anche la formaldeide è un composto estremamente utilizzato in industria. Trova vasto utilizzo come precursore di importanti molecole per materiali plastici ed esplosivi e la formaldeide è usata in ambito farmaceutico. Infine, anche il metanolo è una sostanza molto comune. Tra i vari usi, vi è quello di solvente industriale e di combustibile. Il reagente di Marquis è quindi facile ed economico da preparare. Ovviamente vanno seguite tutte le norme di sicurezza. L’acido solforico è corrosivo e sia il metanolo che la formaldeide sono tossici.
Ma come funziona allora questo test? Sia gli oppiacei che le fenetilamine hanno uno o più anelli aromatici. Un anello aromatico è composto da sei atomi di carbonio in cui vi sono 3 doppi legami coniugati, cioè un legame singolo, un legame doppio e così via.
[Figura 1. Il benzene, la sostanza più semplice che abbia un anello aromatico. Sono riportate le due formule limite e l’ibrido di risonanza. Fonte immagine Wikipedia]
La miscela di acido solforico e formaldeide produce un potente elettrofilo, cioè una specie chimica a cui “piacciono molto” gli elettroni. Come quelli dell’anello aromatico. Questo elettrofilo riesce a concatenare due molecole di stupefacente. Ma il colore da dove viene?
[Figura 2. Struttura chimica dell’anfetamina. Notate l’anello aromatico? Fonte immagine Wikipedia]
Cosa succede se ci sono una serie di legami coniugati? Che la molecola è in grado di assorbire la luce nella zona del visibile, come accade per il carotene. Macroscopicamente, la molecola risulta colorata. Il reagente di Marquis in contatto con oppiacei o fenetilamine è in grado di produrre specie con un numero di doppi legami coniugati abbastanza alto da poter assorbire la luce nel visibile, producendo così un colorazione che il nostro occhio può percepire.
[Figura 3. Struttura del carotene. Notate i doppi legami alternati? Fonte immagine Wikipedia]
Il test di Marquis, come gli altri test analoghi, non è risolutivo e servono ulteriori analisi per confermare la presenza di stupefacente e la sua natura. Questo perché alcuni preparati legali, come sciroppi per la tosse che contengono pseudoefedrina, risultano positivi al saggio. É comunque un test qualitativo molto utile, tuttora usato in ambito forense, cioè sulla scena del crimine.
Jonathan Campeggio
Sono un chimico teorico che è scappato dall’accademia per evitare la fame e ora lavoro in azienda come programmatore.
Sono appassionato di sport e di arte.
Bibliografia:
- Marc Loudon, Chimica Organica, EdiSes Edizioni, 2010
- Shawn Hasan, Deborah Bromfield-Lee, Maria T. Oliver-Hoyo and Jose A. Cintron-Maldonado, Using Laboratory Chemicals To Imitate Illicit Drugs in a Forensic Chemistry Activity, Journal of Educational Chemistry, 2008