Diario di bordo di un ingegnere (sfigato) brevemente prestato alla biologia

Premessa doverosa: come potete capire dal titolo, io non sono un “bio”, anzi, di solito scrivo per i NerdSaturday di Bar Scienza. Vorrei però raccontarvi di un fine settimana di circa tre mesi fa. Quel weekend, infatti, sono stato su una barca a vela per fare avvistamenti di cetacei con una ricercatrice del WWF. Chiariamoci, era una vacanza: ho pagato per tre giorni in barca a vela, ma scegliendo un’esperienza con questa interessante aggiunta. Ed è stata un’avventura che vorrei consigliarvi con questo articolo! Per carità, so bene che alla domanda “Ma perché dovrei fare un weekend in barca a vela?”, si può benissimo rispondere “Perché è un weekend in barca a vela!”. Però vorrei consigliarvi questa esperienza nonostante nel mio caso sia andato quasi tutto male. L’itinerario iniziale, infatti, prevedeva la partenza da Rosignano Marittimo per raggiungere l’isola di Capraia il venerdì, arrivare in Corsica di sabato e tornare a Rosignano di domenica. Purtroppo, il primo giorno, non abbiamo avvistato alcun cetaceo e il secondo giorno siamo dovuti rientrare a Rosignano in anticipo a causa del meteo che andava peggiorando e del mare che si ingrossava. Solo un pesce spada e un tonno piuttosto grande ci hanno regalato qualche salto molto suggestivo. Eppure, eccomi qui a esortarvi a partire per una crociera scientifica! 

Ma andiamo con ordine. In barca eravamo in nove: sei turisti (incluso me), una ricercatrice e due skipper. I turisti hanno due obiettivi primari: divertirsi (è pur sempre una vacanza!) e avvistare cetacei. Mentre più o meno tutti sappiamo come divertirci, di cetacei ne sappiamo ben poco. Per questo Silvia, la ricercatrice a bordo, ci spiegava cosa e come avremmo cercato di avvistare. 

Nel Mediterraneo vivono principalmente otto specie di cetacei: delfino comune, stenella e tursiope sono quelli che fanno gridare ai non addetti ai lavori “guarda i delfini!”; zifio, globicefalo e grampo sono poi altri tre cetacei, più grossi dei primi tre, ma molto meno famosi. Con gli ultimi due cetacei cambiamo decisamente taglia: abbiamo infatti il capodoglio (sì, esatto, Moby Dick!) e la balenottera comune. Quest’ultima poi è il secondo animale più grande del mondo, dopo la cugina azzurra. Sono tutti odontoceti, cioè dotati di denti, tranne la balenottera che è un misticeto, in quanto dotata di fanoni. Queste sono le specie stanziate stabilmente nel Mediterraneo, ma capita anche che altri animali attraversino lo stretto di Gibilterra e vengano avvistati.

[Avvistamento di una stenella nel Mediterraneo. Credits: Silvia Aveta]

Le specie sono riconoscibili dalle dimensioni, dal profilo delle pinne che emergono e anche dai soffi che emettono dallo sfiatatoio (per esempio, il capodoglio e la balenottera emettono spruzzi in direzioni diverse). Silvia ci ha spiegato come riconoscere ogni specie, ma più realisticamente le avremmo gridato semplicemente di correre da noi se avessimo avvistato qualcosa di insolito. Inoltre, ogni ora bisognava compilare una scheda indicando le nostre coordinate, le condizioni del mare e del vento, il traffico marittimo e, ovviamente, se e cosa avevamo avvistato. In caso di avvistamento poi, avremmo fatto foto e video, registrando il comportamento degli animali: per esempio, riportando quale parte del corpo fosse emersa e come, o l’intervallo di tempo fra emersioni consecutive. Le foto normalmente vengono anche usate per la foto-identificazione dei singoli esemplari: è possibile riconoscere uno stesso individuo tramite fotografie prese in diversi avvistamenti, per monitorare dove quell’esemplare si è diretto, in che periodo e perché (es.: caccia, riproduzione, …). 

[Avvistamento di una balenottera comune. Credits: Silvia Aveta]

Non mi era tuttavia chiaro quale fosse la ragione alla base di quella ricerca. Silvia mi ha spiegato quindi che l’obiettivo di questa e di numerosissime altre crociere è duplice: il monitoraggio di questi cetacei e soprattutto la creazione di un database relativo al loro comportamento. Sembrava tutto molto bello, ma ancora mi sfuggiva il perché. E Silvia ha riassunto allora tutto in una frase: “Meglio li conosciamo, meglio riusciamo a proteggerli”. 

Facciamo un piccolo esperimento: andate sulla pagina Wikipedia di un qualunque animale o pianta. Sotto il riquadro delle foto, vedrete una piccola tabella intitolata “Stato di conservazione”, con dei bollini che indicano quanto è probabile che quella specie animale continui a sopravvivere. Vi ho riassunto le indicazioni possibili nell’immagine sotto. I bollini verdi indicano uno stato non preoccupante, in cui il rischio di estinzione è basso. I bollini giallo, arancione e rosso, invece, sono più preoccupanti anche nei nomi: vulnerabile, in pericolo e critico, cioè con un rischio sempre più alto e concreto di estinzione. Infine, i bollini neri indicano animali estinti del tutto o che sopravvivono esclusivamente in cattività. Questa classificazione è stata introdotta dall’International Union for the Conservation of Nature (IUCN), ovvero la più importante istituzione scientifica votata alla conservazione della natura. Sempre su Wikipedia, andate ora sulla pagina dedicata all’orca e guardate il suo stato di conservazione. Vedrete ora un bollino grigio con la scritta “Data deficient”. Questo significa che per l’orca non ci sono ancora dati sufficienti per stimarne il grado di pericolo di estinzione. Per noi profani, questo è già molto utile a capire l’importanza della raccolta dati sul comportamento degli animali. Senza questa raccolta, infatti, non siamo neanche in grado di capire se la specie è in pericolo, e quanto.

Tutta la crociera quindi, per quanto sfortunata, è stata un’enorme opportunità di apprendimento su una scienza che per la maggior parte ignoravo. E al di là della curiosità scientifica da soddisfare, è stato un ottimo modo di acquisire una più profonda consapevolezza di ciò che c’è al di fuori del mio piccolo ufficio milanese. Il Mediterraneo, il nostro mare, come tutti i mari, pullula di vita. Ma tanta di questa vita è in pericolo. E ancora una volta è la ricerca scientifica l’unica possibilità di salvezza. 

È in quest’ottica che guardo al fine settimana appena concluso con soddisfazione, nonostante la sfortuna. Perché ho imparato tanto, e non solo grazie alle spiegazioni di Silvia. Mi sono ricordato del rispetto che il mare e i suoi abitanti esigono e necessitano. Tre giorni in mare non sono tre giorni in un acquario, né in città. C’è la possibilità di vedere splendidi animali, ma potrebbe anche non accadere. Si può programmare un itinerario, ma da una tempesta in mare non si può sperare di uscire con un ombrello e con un aperitivo al chiuso. La casualità e l’imprevedibilità di una simile esperienza sono state anch’esse delle ottime educatrici.

Quindi se state pensando a una vacanza al mare, magari in barca, perché non aggiungere questa piccola ma importante sfumatura scientifica? Se preferite invece una vacanza più rilassata o indipendente, potete comunque consultare il sito “Cetacei FAI attenzione!” (lo trovate fra le fonti), nel quale potete non solo documentarvi di più sugli otto cetacei del Mediterraneo, ma anche segnalare i vostri eventuali avvistamenti indipendenti. Così darete anche un valore aggiunto alle vostre foto delle vacanze!

Un ringraziamento speciale a Silvia Aveta, la ricercatrice del WWF che mi ha fornito le foto che ha scattato lei stessa in crociere più fortunate della mia!


Luca M. Martulli

Laurea Magistrale in Ingegneria Aerospaziale, dottorato in Ingegneria dei Materiali, ora ricercatore al dipartimento di Ingegneria Meccanica del Politecnico di Milano. Nomade, nerd, divulgatore occasionale e appassionato di troppe cose! 

Sails with the curiosity compass

Fonti

[1] https://www.cetaceifaiattenzione.it

[2] https://www.iucnredlist.org

[3] https://www.keeptheplanet.org/cetacei-balene-delfini-mediterraneo/

[4] https://www.centroricercacetacei.org/it/cetacei-del-mediterraneo

[5] https://it.wikipedia.org