Quando sei un PhD student e ti chiedono: “e quindi, cosa fai nella vita?”

Questa è la prima di una serie di interviste che spero di riuscire a realizzare.

Per diversi motivi, ma principalmente perché mi daranno la possibilità, se utilizzerò le domande come giusti strumenti, di mostrarvi il lato “umano” della scienza, una parte che molto spesso viene a essere dimenticata.

Provate a googlare “how people see scientists” e divertitevi a leggere i risultati.Le persone che popolano il mondo della scienza sono… Persone.

E io ho deciso che non voglio spiegarvelo a parole, ma con i fatti, parlando con di loro, mostrandovi i diversi aspetti della loro vita.

Oggi conosceremo meglio Kelly Bugatti, una delle nostre autrici più prolifiche e curiose.

Bando alle ciance, partiamo con le domande!

La nostra eroina alle prese con un ChemTwister post laurea [per gentile concessione di Kelly]

Ciao Kelly, di sicuro linkerò qui la tua bio, ma ti va di raccontarci brevissimamente di cosa ti occupi nel vasto mondo della scienza?

Ciao! Cerco di spiegarlo in modo comprensibile, anche se mia madre tutt’ora non capisce di che mi occupo. Sono laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche all’università di Parma. Alla fine del mio percorso di studi ho scelto di specializzarmi in “sintesi organica”, mega-parolona per dire che ora costruisco (in gergo, “sintetizzo”) delle molecole. In particolare, le mie molecole (eh sì, dopo che le hai create diventano un po’ “tue”) saranno in futuro testate come potenziali farmaci antitumorali o antifibrotici.

Partiamo con una domanda un poco più tecnica, diciamo di riscaldamento: se dovessi spiegare a qualcuno che è totalmente estraneo al mondo accademico cosa sia un “PhD” (o “dottorato”), cosa diresti?

Immolarsi alla ricerca può essere una definizione calzante?

A parte gli scherzi, un dottorato è a tutti gli effetti una scuola di specializzazione. In Italia questo percorso dura tre anni, durante i quali lo studente segue uno o più progetti di ricerca, che possono essere nuovi o una prosecuzione di quelli già attivi nel proprio gruppo. Ovviamente cosa “si fa” a livello pratico cambia dalla tematica di ricerca sulla quale si lavora. Nel mio caso, passo le giornate in laboratorio a creare le mie molecole, nei tempi morti leggo articoli o preparo le lezioni per le esercitazioni di chimica organica, oppure cerco di risolvere gli imprevisti e i problemi del laboratorio (e ce ne sono tanti, ve lo posso assicurare, perché spesso nessuno ha già fatto quello che stai facendo prima di te: è ricerca!).

Sono una persona che ama le frasi ad effetto e i concetti che rimangono spiattellati nel cervello: molti PhD students definiscono la loro decisione come un qualcosa che è nato dalla necessità di “inseguire un sogno” o di “esprimersi al massimo delle loro possibilità”: è stato così anche per te? Oppure è stata una motivazione diversa a spingerti verso questa strada?

Io credo di essere una dottoranda un po’ anomala per la mia storia pregressa. Durante gli studi universitari sono letteralmente andata come un treno: studiavo, davo gli esami, ri-studiavo e davo gli esami. Non ero assolutamente stressata da questa vita – sono una persona molto metodica e avere la vita scaglionata in questo modo mi piaceva. Al quinto anno ho dovuto scegliere in che ambito svolgere i miei sei mesi di tesi sperimentale e io scelsi appunto chimica organica, per il semplice fatto che adoravo i professori di quel gruppo e gli esami di quella materia mi erano piaciuti parecchio. Insomma, tutte scelte dettate dall’amore per ciò che studiavo, senza pensare al “dopo la laurea”.

Cosa è successo? Il giorno dopo aver dato il mio ultimo esame sono andata in crisi. Letteralmente. Pensare al futuro mi terrorizzava, arrivavo a non volermi alzare dal letto la mattina e ad avere attacchi di panico. Una cosa, oltre alla terapia dallo psicologo, mi ha salvata: la vita del laboratorio, perché quando ero sotto la mia cappa stavo veramente bene. Allora, solo in quel momento, ho iniziato a pensare ad un mio futuro come dottoranda perché, come dice il buon Caparezza, nella vita “devi fare ciò che ti fa stare bene”. 

Dopo la “botta adrenalinica” del vedere la propria domanda accettata, ci si scontra, inesorabilmente, contro un percorso fatto di ostacoli, paure, angosce e ansie spesso intollerabili: eri davvero pronta a tutto questo? “Ti volevi raccontare che per te sarebbe stato diverso”?

La fortuna che ho avuto io è stata quella di iniziare il dottorato nella stessa città e università in cui ho studiato, quindi le angosce dovute al “cambio vita” sono state relativamente minori, cosa che invece non posso dire per molti miei amici che ora sono sparsi per il mondo per inseguire il loro sogno. Quello che non avevo capito è che la vita da tesista e da dottoranda ovviamente è completamente diversa. Quando sei tesista fai affidamento ai dottorandi e ai professori, quando sei dottoranda sono i tesisti a fare affidamento su di te. Devo dire che ora che sono alla fine del secondo anno ci sono abituata, ma al primo anno è stato veramente difficile. Non sono arrivata a pensare di ritirarmi dal mio percorso per il semplice fatto che amo la chimica, ma ho passato mesi a chiedermi se questo fosse il lavoro adatto a me, se gli studenti stessero davvero imparando qualcosa, se i risultati che portavo ai professori fossero davvero buoni o meno, a cosa avrei fatto se il progetto fosse stato fallimentare.

Sono convinta che mettersi in dubbio sia un ottimo modo per migliorarsi, ma in medio stat virtus, perché vivere nel perenne dubbio fa stare veramente male.

Mi piace molto la musica e i Velvet in un loro brano, secondo me sottovalutato, cantano: “pensa se un’idea fosse già tutto quello che hai e di più se le idee non finissero mai”. Quanto conta il saper cogliere “il lampo di genio” e quanto “lavorare a testa bassa” durante un PhD?

Secondo me contano entrambi allo stesso modo, ma credo che “il lampo di genio” sia più utile al terzo anno, dopo due anni di esperienza nei propri progetti, mentre il “lavorare a testa bassa” sia più adatto ai primi anni, per imparare.

Non fraintendetemi, non intendo che si debba eseguire gli ordini a bacchetta senza nemmeno pensare a ciò che si sta facendo: io, per fortuna, lavoro in un gruppo di ricerca in cui il dottorando non è considerato un semplice lavoratore, ma uno studente che deve imparare. So che se i miei capi fanno notare qualcosa o mi dicono che sto sbagliando, lo fanno per insegnarmi e non per imporre la propria autorità. Davanti a un’esperienza di mezzo secolo nel campo, come si fa a non abbassare la testa e ascoltare? Allo stesso tempo so che se dovessi proporre un’idea interessante mi supporterebbero e appoggerebbero.

So da miei amici che questo clima non è presente in tutti i gruppi di ricerca, ed è un vero peccato. Stando sempre testa bassa non si impara a ragionare, che è quello che un dottorando deve imparare a fare se si vuole far sopravvivere la ricerca: i dottorandi di oggi potrebbero essere i ricercatori di domani!

la “Notte dei Ricercatori” altro non è che una “Notte di Passione”… Per gli slime. [per gentile concessione di Kelly]

Il titolo della loro canzone è la mia prossima domanda, che ti faccio a bruciapelo: “sei felice”?

Ah, ma che domande fai? ????

Dunque, io credo di sì, almeno per quanto riguarda il mio lavoro e quello che sto studiando. La vita è pesante, spesso gli orari sono disumani e lo stress è parecchio, ma per me è stata solo questione di imparare a gestire tutto questo nel modo giusto. Quello che a me pesa è, purtroppo, non essere vicina a casa mia, al mio ragazzo e alla mia famiglia. Che poi, quando penso queste cose mi auto-insulto, perché ho la fortuna di fare un dottorato a 2 ore da casa mia, mentre c’è chi è dovuto emigrare e non può tornare a casa tutti i weekend!

Quindi sì, sono felice delle fortune che ho avuto fino ad ora, ma sono triste per chi questa vita vorrebbe farla e ha mille ostacoli davanti a sé che glielo impediscono.

Sono felice perché amo il mio lavoro, anche se c’è chi crede che io stia facendo il dottorato perché “non avevo voglia di andare a lavorare”; ma che pensino quello che vogliono, io intanto mi consolo con le mie molecole!

_

Kelly Bugatti & Tilde