No, non sto parlando per metafore e la magia non è l’argomento di questo articolo. Anche se, vedendone i portenti, concordo pienamente con la frase di Kurt Vonnegut: “la Scienza è magia che funziona“.
La risonanza magnetica (RM) è una tecnica diagnostica medica che consente di generare immagini sui piani sagittale, longitudinale e trasversale.
I punti di forza della tecnica sono la capacità di discriminare i tessuti per composizione chimica e la minor “pericolosità” rispetto ad altre tecniche radiologiche, dal momento che non vengono adoperate radiazioni ionizzanti.
Non sono un medico e desidero parlare in sintesi del principio fisico che sta alla base di questa tecnica.
Prima di iniziare, vorrei dire che l’ispirazione per questo articolo deriva dal mio recente infortunio al ginocchio, a causa del quale ho fatto una risonanza.
Il fenomeno della risonanza magnetica è davvero un catalizzatore di Premi Nobel: tra i primi annoveriamo quello di Pieter Zeeman per la Fisica nel 1902, mentre tra gli ultimi vi è quello per la medicina del 2003 di Paul C. Lauterbur, USA e Peter Mansfield. Si tratta di una linea di ricerca davvero florida in diversi settori, da quello chimico-fisico a quello biomedico.
Particelle come gli elettroni e svariati nuclei (quello dell’idrogeno ad esempio), hanno una proprietà squisitamente quantistica nota come spin. Fisicamente, lo spin è un momento angolare, cioè il momento del vettore quantità di moto [1]. Non mi dilungherò qui nel dettaglio di cosa sia un momento angolare, ma se siete interessati, farò un articolo in merito. Lo spin non ha un analogo classico, cioè non esiste nella Fisica classica una quantità che svolga la stessa funzione. Lo spin è stato chiamato in questo modo perché ricorda la rotazione di un pianeta attorno al proprio asse, ma è solo una metafora, perché concettualmente è un paragone scorretto. Lo spin è una caratteristica intrinseca di alcune particelle, cioè è una proprietà che fa parte della loro natura.
Per elettroni e protoni lo spin è semi intero, cioè s=½ℏ, dove ℏ è la costante di Planck divisa per 2π. La proiezione lungo l’asse z del momento angolare di spin mz può essere, in unità ℏ, o ½ o -½, cioè un protone o un elettrone può trovarsi in due possibili stati chiamati rispettivamente stato α oppure stato β. [2]
In assenza di un campo magnetico esterno, i due stati sono alla stessa energia, cioè sono degeneri. Ma quando viene acceso un campo magnetico statico, cioè non dipendente dal tempo, la degenerazione viene rimossa, cioè gli stati non sono più alla stessa energia. Questo prende il nome di effetto Zeeman. L’immagine sottostante chiarifica il concetto.
La rimozione della degenerazione consente al sistema di passare da uno stato all’altro attraverso l’assorbimento/emissione di una quantità di energia pari a ΔE. Si tratta di uno tra gli aspetti fondanti della Meccanica Quantistica. [2][3]
La differenza di energia è proporzionale al campo magnetico applicato e cade nella regione delle microonde per gli elettroni, mentre per i nuclei dotati di spin il ΔE è nella regione delle onde radio dello spettro elettromagnetico. Questa differenza, oltre a sapere quale dei due stati sia quello fondamentale (cioè quello a più bassa energia) è dovuta alla costante giromagnetica, che è svariati ordini di grandezza più grande per gli elettroni.
Una volta divisi i livelli, viene inviato un impulso di energia (a radiofrequenze per i nuclei), che eccita il sistema al livello più alto in energia. Quindi viene misurato il tempo in cui questa eccitazione decade attraverso delle bobine. La risonanza magnetica può discriminare tra i tessuti (in ambito medico) e può aiutare i chimici ad identificare una molecola incognita, perché la differenza di energia tra i livelli cambia a seconda degli atomi o gruppi di atomi intorno. Pertanto il segnale raccolto dà informazioni circa la struttura chimica che ha intorno quel determinato spin.
La proporzionalità tra differenza di energia tra i due livelli e il campo magnetico applicato rende gli apparecchi usati piuttosto costosi: per separare bene i livelli, occorrono campi magnetici centinaia di migliaia di volte superiori a quello terrestre. Infatti, il campo magnetico terrestre vale circa 10-5 T [4], mentre le normali macchine per la risonanza magnetica operano con campi da 0.1 a circa 3 T.
Il Tesla (T) è l’unità di misura del campo magnetico. Per generare campi magnetici di tale intensità servono dei materiali superconduttori, i quali necessitano di temperature estremamente basse per funzionare. Questo gelo estremo può essere garantito da una doppia camicia di elio e azoto liquidi. [2]
No, non ci voleva questo infortunio, dannazione.
Ma in inglese si dice: “When life gives you lemons, make lemonade”. Cioè se la vita ti pone di fronte a delle situazioni aspre e difficili, usale per crescere e migliorare: mi auguro che questo articolo ne sia una conferma! Magari in un prossimo articolo vi parlerò dell’argilla verde.
–
Jonathan Campeggio
Dottorando Unipd in Chimica Teorica, sfrutta le sfighe della vita per creare e migliorarsi.
Bibliografia:
- Paolo Mazzoldi, Massimo Nigro, e Cesare Voci, Fisica 1, Edises edizioni;
- Peter Atkins e Ronald Friedman, Meccanica Quantistica Molecolare, Zanichelli;
- Peter Atkins e Julio de Paola, Chimica Fisica, Zanichelli;
- IGNV di Roma 2;
Potrebbe interessarti anche: