Supereroi? Super materiali!
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La tua città è in mano al crimine e senti il bisogno di fare qualcosa? Sei al posto giusto e al momento giusto, ma non sei mai stato morso da un ragno radioattivo che può darti dei super poteri o non hai il conto in banca di Bruce Wayne?

Non resta che costruire un’armatura come quella di Iron Man, piena zeppa di dispositivi fighi.

C’è un problema: non vuoi usare leghe metalliche perché… pesano troppo. Il rischio di sfracellarsi a terra mentre insegui un nemico, sarebbe troppo alto. 

Niente paura, è giunto il momento di “progettare” un materiale!

[di Heartywizard da Pixabay]

Ok, è vero, non siamo in un film ma potrebbe succedere a tutti di dover salvare il mondo, no? 

Giungono allora in nostro aiuto i fantastici materiali compositi: un parolone che dice tutto e niente, me ne rendo conto.

Ma vediamo nello specifico cosa sono e proviamo a darne una definizione. 

In modo semplice e intuitivo viene individuata con il nome di materiali compositi una classe di materiali costituiti da due o più fasi connesse, fibra e matrice, che hanno delle caratteristiche sufficientemente diverse da impartire al composito proprietà diverse da quelle dei singoli materiali costituenti. 

Chiaro?

Non credo. 

Facciamo allora un esempio di “composito” che tutti noi conosciamo: il cemento armato, ovvero tondini di acciaio immersi nel calcestruzzo. Quest’ultimo rappresenta la matrice che può resistere a compressione, ma non a trazione, caratteristica che viene garantita dall’uso delle barre d’acciaio, ovvero la fibra; calcestruzzo e tondini possono essere “accoppiati” perché hanno lo stesso coefficiente di dilatazione lineare, ovvero la stessa variazione di volume a seguito di una variazione di temperatura.

Quindi, rifacendoci alla definizione di materiale composito, acciaio e calcestruzzo sono materiali diversi il cui accoppiamento dà vita ad un nuovo materiale con migliori proprietà.

Ora, immagino che nessuno si costruirà un’armatura in cemento armato (non mi sembra comodo!) per cui dobbiamo ricorrere a diversi tipi di fibre per rinforzare la matrice che li terrà insieme. Dal loro accoppiamento otterremo le caratteristiche desiderate, utili per la nostra armatura!

Potrei parlare per ore della matematica che c’è dietro agli orientamenti delle fibre, i carichi sopportati ecc ecc, ma rischierei di annoiarvi e noi dobbiamo sbrigarci a costruire la nostra armatura da supereroe: il Mondo ha bisogno di noi!

Forza, scegliamo le nostre fibre tra quelle presenti in commercio e costruiamo qualcosa di bello ed estremamente resistente.

Se voglio essere protetto da pugni, sprangate, proiettili e chissà cos’altro subirò dal cattivo di turno, la scelta ricade in un mix di fibra di carbonio e kevlar in forma di prepreg, ovvero tessuti che sono già impregnati di una quantità di resina (generalmente epossidica, cioè un polimero termoindurente dall’aspetto “vetroso”) leggermente superiore a quella necessaria che sarà usata nella lavorazione (vi ricordate l’articolo di Jonathan sul kevlar, giusto? Lo trovate qui).

Le fibre di carbonio sono adatte alle scopo perché hanno una buona resistenza meccanica, paragonabile a quella dei metalli e un peso basso, mentre il kevlar, o fibre aramidiche, ha una tenacità elevata ed altissima resistenza sebbene sia sensibile all’umidità e degradi se esposto al Sole (ci fanno i giubbotti antiproiettili, quindi mi fido ad usarlo!)

Ricapitolando: la nostra fantastica armatura sarà principalmente in fibra di carbonio, con inserti in kevlar nelle zone più sollecitate…dove potrebbero arrivare più botte!

Il modo con cui questi tessuti sono lavorati per realizzare una forma finale è detto laminazione: si fanno aderire ad uno stampo che sarà il negativo della nostra armatura. 

Per ottenere le caratteristiche di resistenza richieste dalla nostra armatura, dovremmo sovrapporre gli strati di prepreg secondo diversi orientamenti, solitamente 0°-90°-45° rispetto all’asse neutro del pezzo da produrre, appositamente studiati e definiti in un ply book, cioè la “ricetta” del nostro componente in composito (roba da progettisti!). Una volta finita la sovrapposizione, si devono far aderire gli strati con un sacco a vuoto, che altro non è che un sacco in plastica molto simile a quello che si usa per conservare i cibi sotto vuoto, magari un po’ più grande e resistente!

A questo punto la nostra armatura si presenta come una sovrapposizione di “tessuti” morbidi e appiccicosi che sono quanto di più lontano da una armatura! Non perdiamoci d’animo, massima fiducia nella scienza. 

Il tutto viene “cotto” in autoclave, un recipiente isolato termicamente nel quale la circolazione di un fluido caldo e in pressione permette di far aderire gli strati e far polimerizzare – cioè indurire- la resina, che altrimenti si presenterebbe appiccicosa (non vogliamo certo che all’armatura si attacchino mosche e moscerini!). 

Dopo un ciclo in autoclave e qualche rifinitura, avremo finalmente la nostra armatura che indossata con un mantello, una maschera e qualche arma ci permetterà di combattere i cattivi della nostra città!

Bibliografia

  • “materiali compositi” tecnologie – progettazione – applicazioni, Crivelli Visconti.

Gianluigi De Simone 

Ingegnere meccanico ma un pò gestionale, laureato al politecnico di Bari, attualmente vive e lavora a Torino. 

Appassionato di scienza e tecnologia, lover of Ireland, divoratore di libri e serie TV. 

“Ho smesso di discutere con la gente ‘informata’, quindi scrivo!”