«Signora che faccio, lascio?» Cronache dal Supermarket

Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo.“[J.W.Goethe]

Vi capita mai dover andare a comprare il solito pane o latte fresco? L’azione è preceduta dalla consueta millanteria

«Tranquilli, torno tra 5 minuti!»

Non si capisce se prendiamo in giro più gli altri o noi stessi.

Infatti, nel 99% dei casi, accade qualcosa, una specie di stregoneria a livello cerebrale e.. puff! Ecco che i 5 minuti diventano 3 ore. Tre lunghe e appassionanti ore ad occhieggiare vetrine e acquistare prodotti di cui poco prima probabilmente ignoravamo persino l’esistenza.

Una volta interrogati sul motivo delle nostre spese impreviste, la risposta è quasi sempre: «Era in sconto, ne ho approfittato!» o «Mi può sicuramente servire!» Ma… ne siamo proprio sicuri?

Cosa significa avere bisogno di qualcosa? Da dove nasce questo bisogno? Alcuni famosi sociologi e antropologi del primo Novecento, tra i quali Karl Polanyi¹, hanno rivelato alcuni meccanismi imprescindibili per la comprensione di una pluralità di fenomeni sociali. Osservando le dinamiche economiche e i rapporti tra consumatori e mercato, sono emersi diversi fattori essenziali tra i quali l’embeddedness e la reciprocità², dei quali ci occuperemo in questo articolo.

L’embeddedness La parola embeddedness viene solitamente tradotta con “radicamento”, anche se letteralmente sarebbe più adatto il termine “annidamento”. Essa mette in luce proprio ciò che risponde alla nostra domanda: “ne abbiamo davvero bisogno?“. Se pensiamo di poter controllare le nostre scelte d’acquisto in modo del tutto razionale, ci stiamo illudendo alla grande. I nostri bisogni, infatti, variano in base al tipo e al grado di cultura e abitudini: non esiste una “naturalità” e indipendenza dei processi economici, tutt’altro. Essi sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche di una persona, dai suoi usi e costumi. Ciò significa che «ogni essere umano gode di una razionalità limitata all’interno di ogni decisione»³. A pensarci, fa quasi paura, perché la domanda che sorge subito spontanea è: cosa ha contribuito alla formazione del mio bagaglio culturale? Come sono stati plasmati e modificati il mio pensiero, la mia cultura, il mio punto di vista… le mie scelte, d’acquisto e non?

La reciprocità La reciprocità è l’altro fattore che dobbiamo prendere in considerazione per avere un quadro più completo della situazione.Infatti, sempre attraverso l’analisi ponderata delle società di mercato, il sociologo Polanyi ha sottolineato come la natura originaria dell’atto di scambio sia fondata sulla logica del dono. Possiamo ritenere che il dono, in particolare il dono reciproco, sia stato il trampolino di lancio del baratto, cioè dello scambio di due beni di diversa natura che soddisfano due esigenze differenti. Perché ciò avvenga, si presuppone che i soggetti coinvolti nello scambio godano della conoscenza reciproca dei propri bisogni e che vi siano empatia e gratitudine da ambo entrambe le parti. Insomma, lo scambio di beni nasceva nella piena e naturale reciprocità, che ne garantiva un prosieguo proficuo e imperituro nel tempo. Tuttavia, nelle attuali logiche predominanti, non si trova traccia di reciprocità. Al contrario, la natura altruistica dello scambio è stata schiacciata da un mercato che tenta sempre più di influenzare i nostri bisogni, manipolare le nostre idee e determinare le nostre scelte.

A volte abbiamo la netta sensazione che anche il più piccolo e intimo gesto quotidiano venga mercificato, misurato col denaro, dato in pasto a pubblicitari e strateghi pronti a scombinarci i connotati. Dobbiamo tenere a mente però, che c’è un fattore determinante perché il fato si compia: ci convinciamo di non potercela fare. Di non essere all’altezza. Di essere in minoranza. Di essere deboli. Invece, non dovremmo mai perdere la fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità: non siamo troppo stupidi, non è mai troppo tardi per capire e per agire, da soli o con l’aiuto di qualcuno.

«Allora, avrei bisogno di un etto di cotto, grazie.» «..Ho fatto un etto e mezzo, che faccio lascio?»

No, mi spiace. Stavolta lascio io. 

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Doriana Donno Dopo il corso di Laurea in Letteratura e Filosofia nel 2011 a Milano, Doriana approda con la famiglia in terra elvetica, dove veste i panni di una segretaria super organizzata in una piccola azienda di informatica, ma pratica quotidianamente la filosofia per passione e vocazione. Nutre un profondo interesse per ogni aspetto della vita, in particolare si dedica ad uno studio continuo dei temi antropologici e sociologici.

Fonti e approfondimenti:

¹ Sociologo, antropologo, economista e filosofo ungherese, 1886-1964.

² Karl Polanyi, La grande trasformazione, Biblioteca Einaudi 2000

³ https://it.m.wikipedia.org/wiki/Embeddedness