Ciao Jonathan! Che sport pratichi? Come e quando ti sei avvicinato a questo mondo?
Ho iniziato a fare sport in modo discontinuo da quando avevo 13 anni. Ho praticato karate a livello amatoriale per 3 anni e, dopo il trasferimento in un’altra città, ho praticato judo a livello amatoriale per 4-5 anni fino a quando non ho iniziato l’università a Padova.
Sin da quando ti sei iscritto in università hai pensato alla possibilità di iniziare un Dottorato? Oppure è un’idea che si è “plasmata” negli anni? Di cosa ti occupi?
Francamente è da quando ero bambino che ho sempre voluto “fare lo scienziato”. A 14 anni circa ho deciso che la mia strada sarebbe stata la chimica. Questo fa un po’ ridere: ho intrapreso lo studio di questa materia perché volevo costruire armi.
A 18 anni ero arrabbiato con tutti, specialmente con me stesso perché mi sentivo solo, incompreso e debole. Lo studio di sostanze chimiche in grado di avvelenare o esplodere mi dava l’illusione di forza e potere. Illusione che è durata un anno: al secondo anno di università ho scoperto la chimica fisica e la mia ossessione per le armi è era diventata culto per le teorie chimiche.
Meccanica quantistica e termodinamica sono gli argomenti di cui mi sono occupato/mi occupo durante la mia ricerca. Sapere di poter prevedere o comprendere gli esperimenti con teorie scritte usando carta e penna, riversate poi in software, è davvero stimolante.

Tante persone pensano che chi fa ricerca sia un “topolino da laboratorio”, senza immaginare che oltre al vostro lavoro c’è anche altro nella vita: ti è mai capitato di incontrare qualcuno che fosse stupito del fatto che tu riuscissi a conciliare il dottorato con l’attività sportiva?
Mi succede praticamente tutti i giorni che qualcuno mi chieda della mia giornata e del perché mi prodighi così tanto nel fare molte attività, tra cui lo sport. Generalmente mi sveglio sulle 6.30 del mattino e per le 7.30-7.45 sono già in sala calcolo da dove stacco alle 16.00. Spuntino e doccia rapida, dopodiché almeno 45 minuti di pesi seguiti da 2 ore di judo, nei giorni in cui c’è allenamento.
Il lavoro di ricerca può essere duro e davvero frustrante per una serie di motivi, come quelli di carattere economico. Se diventa totalizzante, rischia di svuotarti completamente.
Ci sono momenti in cui ti rendi conto che lo sport ti aiuta in generale nella tua vita e non solo nel tuo lavoro? Purtroppo, le persone tendono a “ritagliare” sempre meno tempo “per se stessi” e si dimenticano quanto questo sia importante, sarebbe bello che, condividendo la tua esperienza, anche altri prendessero spunto!
Se ora sono vivo e sano lo devo allo sport.
Circa 4 anni fa mi è stata diagnosticata una forma di colite cronica simile alla malattia di Crohn ed ero arrivato a pesare 60 kilogrammi per 1.75 m di altezza. Ho scoperto inoltre di essere celiaco ed intollerante al glutine. Tornato in Puglia per le cure, ho passato dei periodi durissimi: arrivavo a prendere 17 pastiglie al giorno tra antinfiammatori, cortisonici ed altri farmaci.
Contemporaneamente ho radicalmente stravolto la mia dieta: niente pane, pasta e latticini. Tornato in università dopo le cure, ho continuato a perseverare con la dieta e ancora oggi mi porto il pranzo al lavoro. Ciò mi sta consentendo di tenere a bada la malattia, che permane in forma latente, senza farmaci. L’intensa attività sportiva mi aiuta a eliminare gli spasmi addominali causati dalla malattia in fase acuta e ridurre il livello di stress che può acuirne i sintomi.
Ora peso 71 kilogrammi di massa muscolare e piano piano inizia a comparire la “tartarughina”. Mentre affrontavo la malattia, mi sono laureato con il massimo dei voti e sono entrato in dottorato. Sto usando la malattia questa esperienza per diventare la migliore versione di me stesso.
Ti capita mai di chiederti se fossi riuscito a fare il percorso che stai facendo ora senza praticare sport?
Ora non riesco a immaginarmi senza sport. Sia in tatami che in sala pesi ho stretto dei rapporti di amicizia che mi hanno permesso di socializzare anche al lavoro. Inoltre, la pratica sportiva costante dona non solo un fisico sano, ma anche una mente attenta e pronta.
Domanda di rito: cosa hai intenzione di fare dopo il dottorato?
Non lo so. Adoro fare ricerca, ma non è un luogo comune il fatto che in Italia venga poco finanziata, quindi non so cosa mi verrà offerto dopo.
Per ora, non voglio espatriare perché qui a Padova (città in cui vivo da circa 8-9 anni) sono davvero felice.
Amo la mia terra di origine e la mia famiglia, ma percepisco che, almeno per il momento, è qui che voglio stare. Ho ancora 11 mesi di dottorato, pertanto mi impegno a concluderlo nel miglior modo possibile. Contemporaneamente sto valutando tutte le offerte di lavoro disponibili sia nel mondo accademico, sia in quello dell’istruzione che in azienda. Deciderò per l’offerta migliore.
Pensi che riuscirai sempre a far combaciare lavoro e sport? Saresti disposto a prenderti una pausa dall’attività sportiva se questo significasse un importante “balzo” di carriera?
Non ho alcuna intenzione di rinunciare al mio benessere psicofisico e non mi interessano né il prestigio né il denaro. Il mio unico interesse è avere il necessario per vivere dignitosamente attraverso il lavoro.
Nel Tao Te Ching viene detto “chi sa che abbastanza è abbastanza, avrà sempre abbastanza”. L’esperienza della malattia ed altri avvenimenti molto negativi hanno contribuito alla mia crescita, facendomi capire cosa davvero è importante nella mia esistenza.
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Tilde & Jonathan Campeggio