Un “giro di bevute”: i post dal 16 marzo al 20 aprile 2023!

Amore, ho dato il tuo nome a una stella

Non so se è capitato anche a voi, ma ultimamente mi appaiono sui social sempre più inserzioni pubblicitarie di servizi che, in cambio di qualche decina di euro, promettono di assegnare il nome della persona che indicate a una stella. E, come garanzia, vi rilasciano un bellissimo certificato, spesso corredato della mappa con la porzione di cielo dove si trova la vostra stella.

Tutto molto romantico, vero? 

Ebbene, sappiate che il fantastico certificato che avete appena ottenuto vale tanto quanto un oroscopo… ossia, nulla (meglio metterlo in chiaro)!

Vedete, i soldi possono permettervi tante cose (tra cui anche qualche viaggio nello spazio), ma non l’acquisto di un corpo celeste… almeno per il momento.

La IAU (International Astronomical Union) precisa infatti, nel link che vi riporto nelle fonti, che i nomi che avete acquistato e che vi sono stati certificati non hanno alcuna validità ufficiale, dissociandosi da tale pratica commerciale.

A parte qualche rara stella (rispetto al numero di stelle nell’Universo), che gode di un nome proprio, spesso ereditato dal passato, le stelle hanno generalmente un nome più complicato di un semplice “Andrea” o “Anna”.

 Se volete, la persona che più si avvicina ad avere un nome stellare è il figlio di Elon Musk (vi ricordate di X Æ A-12?)

Esistono infatti cataloghi con migliaia di corpi celesti ed è pertanto necessario avere un sistema di nomenclatura ufficiale, comodo da utilizzare, che non richieda troppa fantasia.

Per questo le stelle e, in generale, i corpi celesti, hanno nomi formati da un acronimo accompagnato da un numero o dalla loro posizione nello spazio.

Vi suona triste? E chi se ne frega, è comodo!

“Amore, ho dato il tuo nome a una stella!”

“E hai fatto una gran cavolata!”

Andrea Marangoni

Fonti:

  • https://www.iau.org/public/themes/buying_star_names/

Pesci allo specchio (e non solo)

Un simpatico e colorato pesciolino tropicale che vediamo guizzare intorno a specie più grandi, ripulendole dai parassiti. È così che molti di noi hanno già conosciuto Labroides dimidiatus, il pesce pulitore, in qualche documentario sulle meraviglie dei mari caldi.

Un piccolo pesce, certo, ma dalle grandi capacità cognitive. Questo spazzino d’acqua salata è infatti tra i pochi vertebrati ad aver passato il mirror test, vale a dire un esperimento in cui l’animale viene “segnato” con un colore o altri marcatori e poi messo davanti ad uno specchio. Se cerca di togliere in qualche modo il segno, è molto probabile che abbia capito di essere proprio lui quello riflesso nel vetro, mostrando una forma di autocoscienza.

Ultimamente il mondo scientifico ha però dei dubbi sulla precisione di questo test. Così, i ricercatori dell’università di Osaka hanno deciso di alzare la posta in gioco: provare a capire se il nostro amico pinnato sia in grado di riconoscersi in fotografia.

Durante l’esperimento, i singoli pesci venivano messi di volta in volta davanti a quattro immagini diverse: una di loro stessi, una di un altro pulitore, una con la loro “faccia” ma corpo di un altro pulitore e, viceversa, una con faccia estranea sul loro corpo. Stando ai risultati, i pesci cercavano di aggredire solo i simili con una testa diversa, indipendentemente dal resto del corpo.

Un ottimo inizio, ma il dubbio che i pesci vedessero solo un compagno simile a loro rimaneva. Al primo test è quindi seguito un secondo. Ai pesci sono state mostrate immagini di loro stessi o di altri pulitori con una macchia sotto la gola, a mimare un parassita che può attaccare la specie. Sei pesci su otto, quando la foto mostrava loro stessi, strusciavano la gola sulle rocce, quasi a voler togliere il fastidioso inquilino.

Insomma, le prove che i pulitori sappiano riconoscersi in fotografia sembrano esserci.

Ma come mai questa scoperta è così interessante?

Essere in grado di riconoscersi in una foto, affermano i ricercatori, potrebbe significare avere un’immagine mentale di sé stessi. Questa rappresentazione cognitiva, ancor più del sapersi riconoscere allo specchio, potrebbe confermare la presenza di una coscienza di sé, finora riscontrata in pochissime specie di vertebrati e che invece potrebbe essere più diffusa di quanto credessimo.

Il fotografo Neil Leifer ha detto: “La fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha”. Chissà che a questo punto non gliel’abbia suggerita un pesce pulitore.

[Foto di Nick Hobgood da Wikimedia Commons]

Aurora Colangelo

Fonte:

https://doi.org/10.1073/pnas.2208420120


HER2: una svolta importante

Di recente si è sentito parlare di un malato oncologico americano che presentava una situazione complessa e drammatica.

Soffriva di un tumore maligno alla cistifellea con conseguente formazione di numerose metastasi cerebrali. Durante lo svolgimento delle dovute analisi, un membro dello staff medico che lo aveva in cura individua la molecola HER2 sulla superficie delle cellule tumorali; decide perciò di avvalersi di un nuovo farmaco, costituito da un anticorpo specifico e arricchito con un potentissimo farmaco antitumorale. 

È bastata una sola somministrazione per assistere ad un risultato strabiliante: la risonanza magnetica successiva alla cura mostrava un cervello totalmente libero da metastasi.

Il nuovo farmaco in questione è TRASTUZUMAB DERUXTECAN, un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato anti-HER2 coniugato con un farmaco con attività anti-neoplastica. È stato sviluppato in America e ad oggi è disponibile anche in Italia.

Come già detto, il nuovo farmaco colpisce in modo fortemente selettivo la proteina HER2 espressa sulla superficie delle cellule tumorali. Ad oggi, costituisce il trattamento standard per le pazienti con tumore al seno, anche metastatico, positivo per HER2. 

Ma questo è solo l’inizio: sono in atto diversi studi che mirano da una parte ad estendere l’utilizzo di questo farmaco ad altri tumori che sviluppano la medesima proteina (il paziente americano difatti presentava una neoplasia maligna alla cistifellea, e grazie ad ulteriori studi presto la cura verrà estesa ai tumori allo stomaco con HER2); dall’altra, applicare la stessa tecnologia ad altri tipi di molecole, riuscendo così ad aggredire in modo mirato ed efficace anche tutti quei tipi di tumore che non sviluppano la proteina HER2.

Allo IEOIstituto Europeo di Oncologia – è stato appena avviato lo studio clinico ALPHABET, rivolto alle donne con tumore mammario metastatico HER2+ e mutazione di PIK3CA (un gene che favorisce la crescita delle cellule tumorali), per valutare l’aggiunta di un inibitore di questo gene al TRASTUZUMAB. La sperimentazione sarà guidata dalla Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative.

Questo e molti altri progressi in campo medico sono stati e saranno possibili solo grazie alla ricerca, che continua il suo incessante lavoro in un silenzio che si fa preludio di successi e cambiamenti, quando lievi e quando epocali, nelle nostre vite. È importante e necessario rendersene conto e ricordarsene, dando ai ricercatori sostegno, gratitudine ma anche restituendo loro un concerto e dovuto riconoscimento dei loro meriti e dell’importanza della loro funzione, a livello sociale ed economico.

Per chi volesse approfondire il tema, ecco alcune fonti:

www.airc.it

www.ieo.it

www.ascopubs.org – Journal of Clinical Oncology

Doriana Donno


Fisica alla finestra

È una delle prime cose con cui veniamo a contatto alla nascita, spesso la diamo per scontata ma, quando manca, la cerchiamo disperatamente: è la luce.

Nonostante ci sia stata (letteralmente) davanti agli occhi fin dagli albori, gli studi per comprendere cosa sia la luce e spiegare alcuni suoi “bizzarri” fenomeni si sono protratti per diversi secoli: dalle prime teorie e ipotesi degli antichi Greci e Indiani, che poggiavano più su basi filosofiche, alle più scientifiche teorie di Newton, Huygens, Maxwell e Planck (solo per citare i più noti).

Uno dei fenomeni che trovo più affascinanti è quello della diffrazione della luce: quando un’onda (non solamente onde luminose) attraversa una fenditura, di dimensioni comparabili alla sua lunghezza d’onda, viene deformata e le traiettorie seguite dalle varie porzioni del fronte d’onda non sono più rettilinee. 

Secondo il principio di Huygens – Fresnel, ogni punto della fenditura si comporta come se fosse, a sua volta, una sorgente di onde circolari. 

Tutte queste onde si propagano oltre la fenditura e interferiscono tra loro, in alcuni punti con interferenza costruttiva (zone chiare), in altre con interferenza distruttiva (zone scure).

Potete sperimentare facilmente il fenomeno della diffrazione anche a casa vostra: vi basta una zanzariera.

Se davanti alla finestra di casa avete un lampione, provate ad abbassare la zanzariera e ad osservare il lampione. 

Nel caso non aveste un lampione, potreste osservare la luna piena… darà lo stesso effetto. 

Cosa vedete?

Attorno al lampione, dovreste vedere una sorta di alone a croce, i cui bracci si diramano parallelamente al reticolo della zanzariera.

Ebbene, state osservando una figura d’interferenza (anche se il passo del reticolo della vostra zanzariera è più grande della lunghezza d’onda della luce).

Se ora alzate la zanzariera, vedrete che la figura a forma di croce attorno al lampione (o alla Luna) sparirà.

Vi lascio nelle fonti un link al quale potrete approfondire questo (e altri fenomeni) relativi alla luce.

Andrea Marangoni

Fonti: