In un articolo di qualche tempo fa (disponibile qui), abbiamo visto come le tecnologie digitali, che in teoria dovrebbero aiutarci a ridurre l’impatto ambientale delle attività umane, hanno in realtà esse stesse un impatto non trascurabile, in quanto consumano risorse naturali ed energia, contribuendo alle emissioni globali di diossido di carbonio.
Nell’articolo di oggi, proviamo ad esplorare alcune possibili soluzioni al problema. L’obiettivo non è di frenare lo sviluppo tecnologico, ma capire come ottimizzare i consumi di energia e l’uso delle risorse naturali, affinché la soluzione non diventi peggiore del problema.
Un primo, importante passo è accettare che la questione esista e quantificare in maniera più accurata il consumo di energia del settore digitale. Le stime attuali, comprese le cifre che ho presentato nello scorso articolo, sono ancora molto imprecise, perché si basano su modelli teorici o proiezioni di dati raccolti in pochi centri di elaborazione dati1. È quindi fondamentale che aziende ed enti del settore si adoperino per raccogliere dati sui loro consumi di energia e soprattutto che li condividano con gli enti di ricerca e i decisori politici. In questo modo si potranno studiare ed implementare soluzioni per ottimizzare i consumi, prevedere la loro evoluzione ed anticipare i bisogni futuri. Progetti internazionali di raccolta e condivisione di dati stanno già iniziando a svilupparsi, come il britannico Dimpact a cui partecipano grandi aziende come Google e Netflix.
[Raccolta di computer per il riciclo a Olympia, Washington, Stati Uniti. Fonte: Wikipedia.]
Un campo in cui si possono fare molti progressi è la riduzione delle emissioni di CO2 legate ai dispositivi elettronici (computer, smartphone, oggetti connessi), in particolare alla loro fabbricazione e allo smaltimento a fine vita. Qui la sfida è più complessa: come abbiamo già visto, la fabbricazione richiede l’estrazione, il trasporto e la lavorazione di numerosi metalli ed elementi rari, che spesso si trovano in Paesi molto dipendenti da fonti fossili. Nell’attesa che questi Paesi realizzino la transizione verso l’uso di fonti rinnovabili, possiamo cercare di produrre dispositivi che durino più a lungo e che siano più facilmente riciclabili.
In Europa iniziamo a vedere sempre più iniziative in questo senso. In Francia, ad esempio, è stato introdotto l’obbligo per le aziende di indicare l’“indice di riparabilità” dei loro prodotti tecnologici, che consiste in un punteggio da 1 a 10 sulla possibilità di ripararli, calcolato in base a quanti pezzi si possono sostituire e a quanto è facile procurarsi i ricambi2. Iniziative come questa possono spingere le aziende a creare prodotti più sostenibili e anche meno costosi da gestire in fase di smaltimento.
Un’altra soluzione è ridurre le emissioni dei grandi centri di elaborazione dati. Molte aziende tecnologiche che operano in Europa e Nord America (tra cui Google, Microsoft e Amazon) si stanno impegnando già da tempo a passare al 100% di energie rinnovabili per alimentare le loro infrastrutture; tale impegno può condurle a spostare i centri di elaborazione dati in luoghi naturalmente ricchi di fonti rinnovabili3. In Europa, il Climate Neutral Data Center Pact prevede di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030. Parallelamente, una pratica che si sta diffondendo è riutilizzare il calore prodotto dalle macchine dei centri di elaborazione dati per riscaldare gli edifici circostanti. Inoltre gli investimenti in ricerca e sviluppo, sia da parte delle aziende sia da parte degli Stati, sono fondamentali per continuare a sviluppare tecnologie più efficienti e con meno consumi.
[Fonte immagine: Pixabay.]
Per concludere questo articolo, non posso esimermi dal rivolgermi direttamente a voi (o meglio a noi, perché anch’io devo fare la mia parte) e proporvi dei piccoli gesti quotidiani per contribuire a ridurre le emissioni di energia dovute all’internet. Ebbene sì, così come possiamo adottare dei buoni comportamenti per consumare meno acqua o riciclare i rifiuti, possiamo fare lo stesso per consumare meno internet.
Il primo consiglio è quello di far durare più a lungo possibile i dispositivi elettronici, scegliendo magari prodotti che si possono riparare a costi contenuti, o addirittura acquistandoli di seconda mano quando è possibile. Da quanto tempo non fate pulizia nelle vostre caselle di posta elettronica o tra le foto salvate nei vari spazi di archiviazione online? Sappiate che la semplice esistenza di quei dati consuma energia, poiché essi si trovano nella memoria di server che non vengono mai spenti. E’ stato stimato che ben il 94% di tutti i dati su cloud è inutilizzato!4
Un altro modo per ridurre i consumi dei centri di elaborazione dati è limitare lo streaming. Da quando quest’ultimo ha rimpiazzato il download, il carico di lavoro dei centri di elaborazione dati è esploso, compensato solo in parte dall’uso di tecnologia a più basso consumo. Il motivo è evidente: il download permette di salvare un contenuto su cellulare o computer e poi riprodurlo da lì, mentre lo streaming comporta la trasmissione di dati sulla rete internet ogni volta che volete rivedere un video o riascoltare una canzone.
Nel caso dei video, maggiore è la qualità maggiore la quantità di dati da inviare e quindi il consumo di energia. Per cui possiamo limitare la qualità dei video che guardiamo, ma anche disattivare la telecamera nei meeting online quando non è necessaria o limitare il tempo che passiamo sui social. Per altri suggerimenti potete leggere questo articolo di Marco di qualche tempo fa. So che non è semplice: sono la prima a usare estensivamente lo streaming per i video, la musica e i podcast, ma mi piacerebbe che ne facessimo tutti un uso più consapevole.
A conclusione di questi due articoli, spero di avervi convinto che le tecnologie digitali non sono neutre, ma hanno un loro impatto ambientale e producono emissioni di diossido di carbonio. Impatto inferiore rispetto ad altri tipi di tecnologie, ma che rischia di crescere in fretta nei prossimi anni. La questione è complessa e non esistono soluzioni facili. Il dibattito scientifico e politico è in corso, a livello nazionale, europeo e mondiale, per cui molte leggi e norme potrebbero nascere in futuro. Se vi interessa approfondire potete seguire i link nel testo e tra le fonti, oltre che continuare a seguire Bar Scienza, perché potremmo riparlarne presto!
Note:
1. The Shift Project, “Lean ICT: towards digital sobriety”, disponibile all’indirizzo web https://theshiftproject.org/en/article/lean-ict-our-new-report/
2. Presentazione dell’indice di riparabilità sul sito del governo francese: https://www.ecologie.gouv.fr/indice-reparabilite
3. 27th UNEP’s Foresight Brief, disponibile all’indirizzo web https://www.unep.org/resources/emerging-issues/growing-footprint-digitalisation
4. International Energy Agency, “Data centers and data transmission networks tracking report”, novembre 2021, disponibile all’indirizzo web https://www.iea.org/reports/data-centres-and-data-transmission-networks
Allegra Calabrese
Dopo un dottorato in Fisica e una breve esperienza nella ricerca, ho deciso di dedicarmi a ciò che mi appassionava di più, ovvero la divulgazione. Vivo in Francia, dove lavoro all’apertura di un museo dedicato alla matematica e alla fisica teorica nel centro di Parigi. Nel tempo libero mi piace visitare mostre, leggere fantascienza e rischiare la vita circolando in bici nel traffico cittadino.