“Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando, benché tutto il resto del mondo fosse per me come morto. L’amore è la vita e il principio vivificante della natura, come l’odio il principe distruggente e mortale. Le cose son fatte per amarsi scambievolmente, e la vita nasce da questo.”
[Giacomo Leopardi]
Stefano Mancuso è un celebre biologo, botanico e divulgatore scientifico¹, insegna arboricoltura generale e coltivazioni arboree all’Università di Firenze e dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, una materia di studio ad oggi oggetto di controversie e rifiuti di una parte del mondo scientifico.
La Neurobiologia vegetale è la branca della Botanica che studia memoria, apprendimento ed esperienza delle piante. Tra i maggiori risultati ottenuti sinora, in questo ambito di ricerca, ci sono la dimostrazione della sintetizzazione di molecole neurali e il rilevamento delle sinaptotagmine².
Lo scorso 21 Marzo, Stefano Mancuso ci ha regalato preziose riflessioni durante la maratona on-line Prendiamola con filosofia, staffetta di filosofi, psicologi e divulgatori per fornire strumenti pratici per affrontare la quarantena.
Da diverso tempo ormai, il professor Mancuso racconta dell’intelligenza delle piante, dei loro sensi. Per molti di noi, esse rappresentano un semplice elemento d’arredo, un qualcosa che abbiamo il potere di manipolare.
Le cose invece sembrerebbero stare in tutt’altro modo.
Parlarne, soprattutto in questi drammatici giorni segnati dalla pandemia da Sars-nCoV-2, può rivelarsi illuminante.
“Le piante sono la vita”, esordisce il professore, “sono una prospettiva diversa da cui osservare la vita. Noi guardiamo la vita dal nostro punto di vista “animale”, ma è un punto di vista molto limitato. Noi animali rappresentiamo solo lo 0,3%, una quantità infima, di quello che è vivo sul pianeta Terra. Le piante invece, rappresentano la quasi totalità della vita. Ciò che ci sta capitando con il coronavirus, questi problemi di epidemie continue, di virus che passano dagli animali all’uomo, sono frutto della nostra sconsideratezza, sono frutto del nostro atteggiamento predatorio nei confronti dell’ambiente. Nel corso di questa maratona filosofica, Alessandro Baricco, in un intervento precedente al mio, ha detto che noi siamo una “specie dominante”. Non è così: noi ci sentiamo una specie dominante, abbiamo la grossa presunzione di considerarci i dominatori del pianeta, ma senza una base biologica che supporti questa affermazione; possiamo avere un cervello con capacità straordinarie, possiamo saper scrivere, leggere, dipingere e ideare teorie, ma dal punto di vista biologico tutto ciò non vale nulla finché non garantisce un miglioramento delle nostre possibilità di propagare la specie, cioè di mantenerla in vita. Noi, homo sapiens, siamo una specie molto giovane, abbiamo solamente 300 mila anni, la vita media di una specie sul pianeta è di 5 milioni di anni. Questo già ci dovrebbe far capire che noi non siamo affatto i dominatori del pianeta. Quanti tra noi pensano che la specie uomo riuscirà a campare altri 4 milioni 700 mila anni? Il nostro più grande errore, gli altri in qualche modo ne sono stati una conseguenza, è stato quello di astrarci dalla natura, di ritenerci dominatori che possono fare a meno della natura. Poi basta un piccolissimo virus per ricordarci che il nostro posto non è fuori dalla natura, tutt’altro: vi siamo completamente immersi. L’insegnamento che possiamo trarne, è che la vita è una questione di reti, di relazioni, e sono le comunità dei viventi, di tutte le specie, che permettono la sopravvivenza della vita. Questo è ciò che si osserva a livello ecosistemico, ma vale anche all’interno delle società civili, tra le persone: ciò che va salvaguardato è la comunità. L’idea così “animale” che abbiamo, che sia la competizione ciò che governa il mondo, e che vincere le competizioni sia ciò che ci rende superiori agli altri esseri viventi, è una cosa che non sta né in cielo né in terra; l’evoluzione, la vita, non funziona per competizione, funziona per cooperazione. Koprotkin, grande biologo del secolo scorso, scrisse un libro che intitolò “Sul mutuo appoggio degli esseri viventi”, in cui raccontava la straordinaria potenza che la cooperazione ha sempre avuto nello spingere la vita a sopravvivere.”
Ma noi possiamo imparare dalle piante? Sono molte le occasioni in cui vengono ricordati Darwin e tutte le sue scoperte sugli animali, mentre il figlio di Darwin, che si spese tanto nello studio del mondo vegetale, non viene citato da nessuno. Verrebbe da dire che siamo di fronte ad uno degli effetti negativi dell’antropocentrismo, costruito su una serie di pregiudizi mentali. Leggere i libri di Stefano Mancuso ci stimola a mettere in discussione questi pregiudizi, ad affrontarli quantomeno con spirito critico. Non solo: sono letture che danno un punto di vista inedito sulle cose. Ben presto ci si ritrova a camminare per strada, osservare le piante, le coltivazioni e a porsi molte domande su di loro.
“Vede, questi esseri così sottostimati sono coloro che consentono la vita su questo mondo; se le piante scomparissero, in poco tempo il nostro pianeta diventerebbe come Marte o come Venere, cioè un pianeta completamente sterile. Allora, è chiaro che questi organismi hanno delle strategie, delle capacità, che noi ignoriamo. Quando ad esempio parliamo delle coltivazioni, dal punto di vista umano immaginiamo che l’addomesticazione sia un atto di dominio, di predominio umano sulle altre specie, la mano dell’uomo che si allunga verso una specie, se ne impossessa e dichiara: “tu da ora starai con me perché mi servi”. Ma neanche per idea: l’addomesticazione è un evento che richiede il consenso delle due specie. E’ come se le specie in questione firmassero un contratto da cui entrambe ricavano benefici. Riso, mais e grano, forniscono quasi il 70% delle calorie del pianeta. L’obiettivo fondamentale di qualunque specie è propagarsi. Il virus sta facendo la stessa cosa: è un essere vivente e come tale si propaga. Quindi riso, mais e grano ad un certo punto hanno trovato molto utile legarsi al vettore-uomo, che le ha facilitate nella loro propagazione.”
Stefano Mancuso svolge un’intensa attività di ricerca e tanti conoscono i suoi studi, anche a livello internazionale: si sta dedicando ad un’opera di divulgazione estremamente affascinante. Tuttavia, sono ancora molti gli aspetti su cui è necessario continuare a lavorare: c’è infatti bisogno di dati che convalidino le teorie e permettano di proseguire questo cammino che sarebbe rivoluzionario.
Per coloro che non hanno mai sentito parlare del mondo delle piante se non nelle modalità convenzionali, Mancuso ribadisce qualcosa relativo alla loro intelligenza, alla loro sensibilità, in modo concludere questa breve ma intensa intervista creando un piccolo shock all’interno dei “dogmi” di cui ognuno di noi spesso risente.
“Qualunque pianta fa una scelta evolutiva. Fino a 500 milioni di anni fa, animali e piante vivevano uniti, indistinti. Poi ognuno ha fatto la sua scelta evolutiva: da una parte, le piante hanno deciso di rimanere stabili, di prendere tutta l’energia di cui avevano bisogno dal sole, di mettere radici e non muoversi dal luogo in cui erano nate; gli animali, nella loro minorità, decidono di andarsene in giro e procacciarsi energia o nutrirsi di quella immagazzinata dalle piante. Noi animali ci chiamiamo “animali” perché ci muoviamo, siamo esseri animati, tutte le nostre necessità, tutti i nostri problemi si risolvono attraverso il movimento. Ma in realtà, nel 90% dei casi, anziché risolvere, evitiamo. Una pianta non può fare niente del genere: deve risolvere i problemi senza poter scappare. Questi esseri viventi hanno quindi delle capacità che per noi sono inimmaginabili. E quali sono i problemi delle piante? Bè, sono un po’ come i nostri: devono difendersi, devono sopravvivere, devono trovare l’acqua, devono riprodursi, devono propagarsi. E lo fanno lì dove sono, limitatamente a quanto gli è possibile. Questo è uno dei più grandi insegnamenti delle piante: quando non ci sono le risorse, queste non si possono utilizzare. Bisogna utilizzare esclusivamente ciò che si ha a disposizione. Noi, al contrario, stiamo utilizzando risorse che non abbiamo. Noi stiamo vivendo con le risorse che sarebbero toccate alle generazioni future.”
Siamo consapevoli che le teorie esposte dal professor Mancuso, come abbiamo detto anche poco fa, necessitino di dati convalidati, motivo per cui ad oggi sono ritenute controverse da buona parte del mondo scientifico.
Tuttavia, dalla sua partecipazione al Festival della filosofia e dalla sempre maggiore diffusione dei suoi studi, emerge senza dubbio la rilevanza che questi hanno sotto il profilo dello sviluppo del pensiero.
Speriamo, quindi, che le parole che vi abbiamo riportato siano l’occasione perché ognuno di voi, nostri affezionati lettori, possa riflettere su questa nuova visione del mondo e delle creature che lo popolano e sui pregiudizi che talvolta ingannano la mente e distorcono la realtà.
L’uomo stesso ne è in primis la dimostrazione: in tutta la sua intelligenza, altro non sta facendo che autodistruggersi.
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Doriana Donno
Note:
¹ Numerose le pubblicazioni in collaborazione con scienziati internazionali, qui di seguito citiamo le principali:
- Baluška, F., Volkmann, D., Hlavacka, A., Mancuso, S., & Barlow, P. W. (2006). Neurobiological view of plants and their body plan. In Communication in plants (pp. 19–35). Springer, Berlin, Heidelberg;
- Brenner, E. D., Stahlberg, R., Mancuso, S., Vivanco, J., Baluška, F., & Van Volkenburgh, E. (2006). Plant neurobiology: an integrated view of plant signaling. Trends in plant science, 11(8), 413-419;
- Gagliano, M., Mancuso, S., & Robert, D. (2012). Towards understanding plant bioacoustics. Trends in plant science, 17(6), 323-325;
- Gagliano M, Renton M, Duvdevani N, Timmins M & Mancuso S (2012) Out of sight but not out of mind: alternative means of communication in plants. PLoS One, 7(5), e37382;
- Mancuso, S. (Ed.). (2011). Measuring roots: an updated approach. Springer Science & Business Media;
- Mancuso, S., & Viola, A. (2015). Brilliant green: The surprising history and science of plant intelligence. Island Press;
- Santelia, D., Vincenzetti, V., Azzarello, E., Bovet, L., Fukao, Y., Düchtig, P., … & Geisler, M. (2005). MDR‐like ABC transporter AtPGP4 is involved in auxin‐mediated lateral root and root hair development. FEBS letters, 579(24), 5399-5406;
- Schapire, A. L., Voigt, B., Jasik, J., Rosado, A., Lopez-Cobollo, R., Menzel, D., … & Botella, M. A. (2008) Arabidopsis synaptotagmin 1 is required for the maintenance of plasma membrane integrity and cell viability. The Plant Cell, 20(12), 3374-3388;
² La sinaptotagmina è una grossa proteina transmembrana che si trova nella membrana delle vescicole sinaptiche.
Consigli di lettura per chi volesse approfondire:
- L’incredibile viaggio delle piante, Laterza, 2018
- Plant revolution, Giunti editore, 2017
- Botanica. Viaggio nell’universo vegetale, Aboca edizioni, 2017
- Verde brillante, sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, con Alessandra Viola, Giunti editore, 2015
- Biodiversi, con Carlo Petrini, Slow Foof, 2015
- Uomini che amano le piante, Giunti editore, 2014
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